Partiamo con il Moscato d’Asti della cantina Adriano Marco e Vittorio. Ricavato da uve coltivate su una collina tufacea a 250 metri di quota esposta a nord-est, con sistema di potatura a Guyot e allevamento a contro-spalliera, viene elaborato con metodo tradizionale: fermentazione in autoclave e conseguente arresto della stessa una volta raggiunti i 5 gradi alcol. In questi casi riveste molta importanza la data della vendemmia, dato che il residuo zuccherino che fornirà la dolcezza al vino dipende dai gradi di arresto della fermentazione, ma soprattutto dal potenziale alla vendemmia. L’imbottigliamento avviene con sistema iperbarico per garantire la presenza di una sovrappressione carbonica in bottiglia, così il vino si presenterà frizzante (pétillant). Infine, viene confezionato con tappo raso.
Il secondo vino, il Moscato d’Asti di G.D.Vajra, ci porta nel pieno degli aromi primaverili. La nota tecnica ci parla di un vigneto a pieno sud, nel comune di Mango, in cima a una collina. La tecnica di cantina è simile a quella precedentemente esposta, ma diverso è il risultato in bottiglia. Qui si gioca con l’eleganza, ma anche con la solarità e la cremosità. Così le note primaverili appaiono più piene e si arriva fino ai primi frutti con l’odore di albicocca e di fiori di ciliegio, frutti esotici che già preludono all’estate. Mentre la freschezza dissetante è quella di un bel giorno di maggio. Insomma, sensazione di primavera piena e calda, come sempre la vorremmo. E un buon Moscato vorremmo sempre che ce la ricordasse così.
Riferimenti utili: