Marcello Lunelli è emozionato mentre si accinge a presentare la nuova Locanda, il ristorante appena inaugurato presso la tenuta toscana della famiglia. La suocera senese e una Vespa Piaggio del ’57, donata tanti anni fa dal nonno Bruno, gettano il seme per quello che oggi è un legame importante con il territorio toscano.
Casale Podernovo sorge sulle colline pisane nel verde di Terricciola dove i “signori Ferrari” hanno investito una quindicina di anni fa, realizzando la splendida residenza turistica e la nuova cantina. Qui le blasonate bollicine cedono il passo a due rossi toscani in conversione biologica curati dall’enologo Corrado Dalpiaz: “Siamo specializzati nei vini bianchi… e abbiamo dovuto imparare a lavorare coi rossi”.
Mauro Lunelli ci accoglie nel dehors di una torrida sera di metà luglio porgendoci la mano e una lacrima di Trentodoc Ferrari Perlé a sottolineare la matrice trentina della proprietà. Ma immediatamente il richiamo alla toscanità emerge al buffet dell’aperitivo con assaggi della tradizione regionale e della gastronomia tipica locale: salumi, formaggi, tartare di carne e pappa al pomodoro.
L’idea della Locanda Podernovo è dichiaratamente in continuità con la Locanda Margon di Trento, stella Michelin guidata dallo chef Alfio Ghezzi, allievo di Gualtiero Marchesi. La sua trasposizione in terra toscana va nella direzione di un investimento importante avviato dalla famiglia Lunelli nel 2000 su un’area vitivinicola ricca e interessante, ma ancora marginale rispetto ai grandi terroir della regione. A questo proposito il sindaco di Terricciola sintetizza la sua gratitudine esprimendo la speranza che la realtà di Podernovo possa traghettare i prodotti delle colline pisane verso un futuro di qualità.
Quello della nuova locanda è un esperimento, la volontà di creare un luogo “easy” per gli ospiti della struttura ricettiva, per i turisti presenti sul territorio, per i clienti italiani. Un ristorante non formale pensato per i viaggiatori in vacanza e dunque in cerca di un locale accessibile, libero e rilassante. I principi ispiratori del progetto culinario targato Lunelli sono due: l’idea che l’esperienza di un produttore di vino non possa prescindere dall’esperienza gastronomica e la consapevolezza che la tradizione a tavola nasce dalla materia prima e non dalla ricetta. Ai fornelli tre giovani ventenni tra cui lo chef Sebastiano Cont, forte della palestra fatta a Trento nella cucina di Alfio Ghezzi. In pentola solo materia prima biologica, toscana e di alta qualità. L’intento è presto svelato: esaltare e preservare la toscanità e i grandi classici della cucina italiana, da far conoscere agli stranieri e riscoprire agli italiani.
Entriamo nel locale persuasi da questa aspettativa. La sala unica è adiacente al corpo centrale della cantina, dedicato alla vinificazione in acciaio. Peccato per lo stile internazionale degli arredi che interrompe bruscamente lo scenario bucolico che lasciamo all’esterno. La barriccaia a vista di fronte ai tavoli è senza dubbio suggestiva, ma non è sufficientemente illuminata e la si nota solo in un secondo momento.
Il menu parla toscano con gli spaghetti Martelli di Lari, la tagliata di manzo, le verdure biologiche di Podernovo e i cantucci. I vini sono tutti “della casa”, così come lo sono la grappa Segnana Solera Selezione e l’acqua minerale Surgiva. L’apertura è “col botto” perché la Zuppetta di ceci, gamberi, pane fritto e pecorino alla cenere è intrigante e delicata. Il contrasto tra la cremosità dei legumi e la croccantezza del pane rende il piatto appetitoso. Il formaggio dà una nota gradevole che aggiunge sapidità.
Deludenti gli Spaghetti al pomodoro con pomodorini canditi e ricotta al forno. La cottura della pasta non è brillante, il pomodoro non ha grande personalità, la presentazione del piatto un tantino scoraggiante: gli spaghetti sono bianchi, il pomodoro è raccolto a lato. Chiude una cupola bianca di ricotta grattugiata.
La portata di carne è essenziale, ma efficace: tagliata alla griglia e verdure. Il dessert è interessante (mele caramellate, cantucci e crema soffice al Ferrari Demi-sec) anche se forse i cantucci troppo grossi disturbano il boccone. La gioventù dello chef è un indizio importante: la mano è ancora acerba ma si intravedono ottime potenzialità.
Il primo vino dell’azienda e il primo ad essere servito in tavola è l’Aliotto 2013, un rosso volutamente Igt “per non perdersi nel mare delle denominazioni del Chianti”. 60% sangiovese, 20% cabernet e saldo di merlot. Semplice, bevibile, da consumare giovane. In bottiglia da tre mesi dopo 14 mesi di maturazione in tonneaux. A seguire il Teuto 2011, vera espressione di Podernovo. 100% sangiovese, biologico a partire dalla vendemmia successiva. Nasce dalla selezione di tutti i vigneti di sangiovese dell’azienda e trascorre 24-27 mesi in botti di rovere di Slavonia. Esprime la finezza tipica della zona, austero, longevo.
La carta dei vini propone le etichette delle tre Tenute Lunelli: Ferrari, Podernovo e Castelbuono. In prospettiva è previsto anche l’inserimento di altre aziende nazionali. La fascia di prezzo della locanda è quella dei 35-40 euro per due portate e dessert, il prezzo finale varia a seconda del vino scelto.
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