Massimo Rossini: un Cannonau per realizzare un sogno

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LAERRU (Ss) – «Sono partito per Londra con cinquecentomila lire. Ho imparato un sacco di cose, sono cresciuto, ho insegnato a tanta gente, ho aperto un’impresa con tredici dipendenti, ho comprato due case a Londra…». E adesso eccolo qua, in mezzo ai filari di una vigna che affaccia su un orizzonte sconfinato dell’Anglona, nel nord della Sardegna.
Massimo Rossini ne ha fatta di strada, senza sentirsi mai arrivato, senza smettere mai di rilanciare; tanto che oggi non lo trovi più nel suo salone di coiffeur in un quartiere alla moda della capitale inglese, dove ha fatto furore, ma in un paesino dell’entroterra sardo, Laerru, dove è tornato tre anni fa per inseguire un sogno.

Massimo Rossini 3

Mentre cammina per la vigna, risalendo i filari di cannonau per raccontare il suo modo di pensare il vino e la terra, parla con il morbido accento logudorese mischiato a una lieve ma ben distinguibile inflessione inglese. Venti anni a Londra non sono pochi, ma sono quelli che gli hanno dato l’apertura mentale, il metodo, la voglia di imparare costantemente cose nuove, che non avrebbe avuto se fosse rimasto qui. Il paese, negli anni, ha vissuto un lento ma inesorabile spopolamento, manca il lavoro e i giovani se ne vanno altrove a cercare miglior fortuna.

«Il lavoro te lo devi andare a cercare, soprattutto qua in Sardegna», dice ripercorrendo le tappe che lo hanno portato a tornare nella terra nativa. «A Londra mi trovavo benissimo. Poi mio padre si è ammalato, ho iniziato a scendere più di frequente per dargli una mano a mantenere la vigna, e infine mi sono trovato davanti a una scelta, di quelle radicali. Non mi interessano i soldi. A Londra mi sono tolto molte soddisfazioni, ho avuto un’impresa che andava bene, insegnavo ai giovani il mestiere di parrucchiere… Mentre stavo riflettendo su cosa fare, è arrivata l’occasione, un compratore mi ha offerto di rilevare il salone. Proprio nel momento giusto. Ho venduto tutto e sono venuto qua. Il sogno di mio di mio padre era quello di fare il vino; sono tornato per aiutarlo a realizzare quello che desiderava».

Il sole picchia forte in questo torrido agosto, ma il vento oggi ha portato aria fresca e regalato un cielo dal blu turchese che esalta la bellezza ineguagliabile di queste antichissime valli del nord della Sardegna, dove le alture calcaree dell’Anglona fronteggiano a est i primi contrafforti granitici della Gallura.

Massimo prosegue nel suo racconto: «Mio padre ha fatto in tempo a veder piantata la vigna nuova, il magazzino trasformato in cantina, e ad avere la soddisfazione del premio alla Douja D’or per il nostro cannonau. Poi, dopo l’ultima vendemmia se ne è andato. Il suo sogno si era avverato. Adesso il mio è quello di fare qualcosa di qualità assoluta, qui, nel mio territorio. Mi piacciono le scommesse».

Gli chiedo che idea ha del vino, quale impostazione dà in cantina: «Il mio vino è come lo voglio io: non lo acidifico, non faccio aggiunte, se non i lieviti selezionati. In vigna non concimo, uso solo rame e zolfo e, salvo situazioni particolari, non utilizzo sistemici».

Gli chiedo se sia interessato al biologico. «La mia filosofia è questa: utilizzo il mio criterio, cerco di usare meno chimica possibile ma non mi interessano i bollini e le certificazioni; sono io che certifico il mio vino. Sapendo l’impatto dei pesticidi sulle api (Massimo è anche apicoltore, ndr), sono io il primo a non usarne in vigna. Poi, ogni cosa va vista nel suo contesto. Se ti prendi un virus che non riesci a debellare, ti prendi un antibiotico, no? Stessa cosa in vigna; in casi estremi, meglio intervenire, ma con criterio. Anche  l’inerbimento va ponderato; fino ad oggi ho lasciato inerbito ma – mostra le grandi crepe che si sono formate per la siccità di quest’anno – devo cambiare qualcosa: queste crepe fanno uscire umidità dal terreno, non vanno bene. Penso che proverò nei prossimi anni a passare l’erpice, per tutelare al massimo l’umidità del suolo. Non si finisce mai di imparare».

Due ettari e mezzo vitati su terreno calcareo, con l’argilla a dieci metri di profondità; le piante hanno dai 9 anni della prima vigna (cannonau e vermentino) ai 4 della nuova (ai due vitigni si aggiungono il syrah e il cabernet sauvignon). Proprio in questi giorni sta scavando un pozzo che gli permetterà di avere una riserva idrica per stagioni che come questa mandano in stress idrico le piante. «Qui non piove da fine marzo, le viti più giovani stanno soffrendo, ho bisogno di avere un impianto in grado di dare l’acqua sufficiente alla vigna. Anche qui bisogna stare attenti: se dai poca acqua, l’umidità rimane in superficie e la pianta viene “viziata”, perché sviluppa le radici in alto e non scende in profondità; invece bisogna irrigare raramente, ma far penetrare l’acqua in profondità». Arrivando nella vigna piantata più di recente, mi fa notare la forma di allevamento a palmetta: per le potature segue il metodo di Simonit e Sirch, basato sui flussi della linfa, e che, a piante adulte, porterà alla forma di allevamento a guyot.

Gli chiedo il perché della scelta del syrah e del cabernet. «Li ho scelti come vitigni complementari per dare colore al cannonau, che in genere è assai scarico. Poi per il fatto che quando vivevo a Londra, lo shiraz era un vino che mi piaceva sempre, con cui andavo sempre sul sicuro. In ogni caso vinifico ogni singolo vitigno separatamente, poi faccio gli assemblaggi in seguito. Ho anche intenzione di imbottigliarli in purezza… vedremo».

Oltre ai lavori in vigna, c’è stata la trasformazione del magazzino vicino casa in cantina per la produzione del vino, con tutte le attrezzature del caso. Dall’annata 2014 è stato modificato il packaging, dando alle etichette un’impostazione più moderna e adatta alla comunicazione all’estero. L’obiettivo è quello di puntare alla fascia medio-alta del mercato e della ristorazione.
Massimo non è un tipo che si ferma: oltre al vino, ha voluto proseguire l’attività della madre, che produce miele. «Per non perdere tempo, dato che la stagione di raccolta da noi era già finita, sono andato a studiare le api dall’altra parte del globo, in Nuova Zelanda. Lì ho imparato tantissimo, ad esempio come allevare le regine, un’arte molto difficile, ormai rarissima da trovare qua da noi».

Oggi la giornata è stupenda, il cielo punteggiato di nuvolette di cotone manda una luce vivissima. «Guarda qua, la Sardegna è un immenso giardino botanico… Per le api è un posto meraviglioso. Puoi fare dei mieli fantastici. Ad esempio, io porto le api in altura, a Tempio, nella stagione del corbezzolo, e ne viene un prodotto incredibile».

Saliamo in macchina per andare verso la cantina. Lungo la strada sterrata scorre un paesaggio fatto di rocce e olivastri, macchie di lentischio, erba asparagina, pascoli abbandonati… un cinghialetto si fa sorprendere e scappa tra l’erba alta. Verrebbe voglia di camminarci a piedi in quelle strade, tanto sono belle.

Ed eccoci agli assaggi. Prima di iniziare con i vini in commercio, Massimo parte con una batteria di tre assaggi da barrique. Si tratta di tre vini del 2014 che ha lasciato affinare in purezza.

Cannonau 2014 (15% alc-campione da botte)
Rubino-porpora trasparente, con naso lieve di ciliegia, frutta fresca. L’alcol, nonostante il grado, non risulta per niente invasivo. In bocca è pieno, dal tannino vivo e giovanile ma di bella fattura, con corpo pieno e setoso, saporito. Gli manca giusto un anno di bottiglia e sarà un gran vino.

Syrah 2014 (15% alc-campione da botte)
Nel bicchiere è cupo, nero, dall’unghia fitta e il naso che lascia impressionati per la sensazione esplosiva di mora di rovo fresca. In bocca è tannico e pastoso, con qualche nota leggermente verde e un finale con qualche nota amarognola che non disturba in ogni caso la sensazione di sapidità e la limpidezza di espressione. Un vino forte e diretto. Ancora da attendere un paio d’anni.

Cabernet sauvignon 2014 (15% alc-campione da botte)
Rubino densissimo con unghia violacea, un naso esplicito nel carattere varietale lievemente erbaceo, con note balsamiche e iodate, su cui emerge poi la frutta fresca. In bocca è ancora troppo giovane, con un tannino ben tosto da smussare un po’ col tempo. È vinoso, fresco e giovanile, promette bene, anche se sei tre è quello che ha maggior bisogno di tempo per domare l’indole irrequieta.

Dopo i tre campioni da botte, i vini attualmente in commercio.

Rolù Cannonau DOC 2014 (15% alc)
90% cannonau più un saldo di cabernet; affinato in acciaio. Nel bicchiere si presenta rubino pieno, con naso fresco dalle belle note marine, su cui si innesta poi il fruttato. L’ingresso in bocca sorprende per la dolcezza dell’approccio, vellutato, fruttato, morbido ed elegante. Di bellissima fattura, chiude con una rinfrescante nota sapida. Col passare del tempo si accentua ulteriormente la sensazione di vellutata morbidezza, piacevole e bevibile, una spremuta di frutta. In enoteca lo si trova a circa 14 euro.

Rosso Rossini 2012 vino da tavola (15% alc)
Cannonau e cabernet. Il perché del vino da tavola è presto detto: «Quando ho iniziato a imbottigliare, ho preferito partire con un vino da tavola, per non trovarmi da subito davanti le difficoltà della DOC; ed in effetti, devo dire che col senno di poi è andata bene: sapessi oggi quanto è complesso stare dietro a tutta la burocrazia…»
Rubino intenso, scuro, al naso bilancia note di mora fresca e vaniglia, con un bellissimo carattere balsamico. In bocca è morbido, dal tannino finissimo anche se ancora giovanile, corposo e strutturato, non risente dell’annata calda se non in un lievissimo debito di acidità. A 16-17 euro in enoteca.

Aria Vermentino di Sardegna DOC 2014 (14% alc)
Quintessenza del vermentino da suoli calcarei: naso pieno, fitto, ricco di frutta gialla, di susina e pesca, note di cereali; in bocca è pieno, rimanda direttamente alla susina matura, con uno slancio sapido splendido e un corpo davvero imponente. Persistenza lunga. Vino dalla pienezza gustativa che lascia di stucco, una delle vette del vermentino sardo.

Che dire. Con Massimo è stata una passeggiata tra cieli, orizzonti, piante che vivono di sole, acqua che porta la vita, e vino che scalda l’anima. Ma soprattutto, in fin dei conti, abbiamo parlato di sogni. Il sogno sogno della terra che lega le generazioni.

Tenute Rossini
Loc. San Salvatore, 1
07030 Laerru (Sassari)
mappa

Telefono 3421601281 e 340 536 3814
E-mail tenute.rossini@gmail.com
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Apicoltura: Teodora Sini, 3421601281

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Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

2 COMMENTS

  1. Voi Rossini siete proprio una bella razza! Bella tosta. A leggere l’articolo viene voglia di prendersi una bella sbronza con il vostro vino… Il miele lo conosco già. Bravo! Un abbraccio a mamma e a Rossella.

  2. Che dirti, Massimo hai avuto proprio coraggio a lasciare Londra dove ti eri affermato, per esaudire il bel sogno di tuo padre. La vigna l’ uva ed infine il prodotto vino che fate a meraviglia con il lavoro ed il sudore,

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