Dire Gambellara significa dire garganega, l’uva a bacca bianca dalla quale si ottengono il Gambellara, il Gambellara Classico (ovvero garganega in purezza), il Gambellara Vin Santo e il Recioto di Gambellara, nelle tipologie spumante e classico. Ci troviamo in provincia di Vicenza, nell’area toccata dai comuni di Gambellara, Montorso Vicentino, Montebello Vicentino e Zermeghedo. Ottocento circa gli ettari vitati, la maggior parte dei quali possono contare su terreni vulcanici che danno vita a vini freschi, ma soprattutto longevi. La garganega si dimostra, nelle sue tante versioni, una varietàparticolarmente eclettica, che dà ottimi risultati sia “ferma”, sia spumantizzata, sia in dolce: un vitigno a 360 gradi insomma, vigoroso e molto produttivo, che se lasciato a briglia sciolta potrebbe arrivare a donare anche 250 quintali per ettaro.
Se però si è alla ricerca di qualità allora le cose cambiano, come ci spiega Lino Sordato della cantina Sordato di Montebello Vicentino, per il quale la garganega è la sua ragione di vita. Sordato è una realtà di venticinque ettari tra le più antiche del territorio. Il tutto ebbe inizio verso gli anni ’50, con il nonno che acquistò due ettari di terreno per produrre prima uva e poi vino, dallo sfuso all’imbottigliato. Oggi l’azienda impiega la maggior parte delle sue energie per tirare fuori il meglio dalla garganega: dei venticinque ettari, infatti, diciannove sono proprio coltivati a garganega. Gli fanno compagnia tre ettari di glera -uva conosciuta da tanti, erroneamente, come uva prosecco-, un ettaro e mezzo di manzoni bianco, un ettaro di cabernet sauvignon e mezzo ettaro di merlot. “Il controllo sulla resa ad ettaro è basilare se si punta alla qualità e al lungo percorso dei vini. Sulla nostra Garganega Classica stiamo lavorando sempre meglio anche cercando di ottenere una maggiore concentrazione delle uve. Le nostre vigne hanno 70 anni e sono già di per sé poco produttive. Noi però manteniamo la resa ad ettaro sui 110 quintali, contro i 125 che sarebbero concessi dal disciplinare.” E viste, anzi, degustate molte annate, gli sforzi di Sordato hanno il loro perché. Un’inaspettata verticale di Garganega Classico, infatti, ha palesato la capacità di questo vino non soltanto di reggere bene gli anni, ma di migliorare con il tempo.
Per Sordato anche il Vin Santo è un figlio prediletto. Appena 500 le bottiglie prodotte in formato da 0,375 litri, ma tanta la dedizione ad esso rivolta. “Stiamo utilizzando il lievito indigeno zygosaccharomyces gambellarensis scoperto dall’Università di Verona, che grazie ad una ricerca iniziata nel 2004, e durata tre anni, è riuscita a rintracciare questo ceppo, tipico e unico della nostra terra, punto focale nella produzione di Vin Santo. Grazie a lui, che fa arrivare il prodotto a 13 gradi alcol mantenendo un’acidità volatile molto bassa, e cercando di riprodurre sempre più fedelmente l’antica tradizione di questo vino, stiamo dando vita ad una tipologia di Vin Santo che ben si discosta dal fratello Recioto, perché più dolce e dal timbro più ossidativo”. L’appassimento del Vin Santo dura 6 mesi, con una resa che deve essere inferiore al 40%. Dopo l’appassimento l’uva va nei caratelli messi a sostare in soffitta, dove nella bella stagione si raggiungono anche i 30 gradi. Qui fa due fermentazioni, una a maggio dopo la raccolta, l’altra nel maggio successivo. Resta quindi ad affinare sempre nei caratelli per almeno tre anni, per poi passare in bottiglia, attendere sei mesi, e finalmente essere lanciato sul mercato.
Ritornando all’estrema versatilità della garganega, Sordato sta portando avanti, in collaborazione con Enobiotech, che si occupa di prodotti enologici e selezione dei lieviti, una sperimentazione di Metodo Classico con risultati, a giudicare dai pur prematuri assaggi, molto incoraggianti.
Di seguito gli assaggi che più ci hanno intrigato, estratti da una stimolante verticale di Gambellara Classico Doc, propostoci dal 2006 fino al 2015.
2009: profumo intenso di canapa, poi salvia e macchia mediterranea. Gusto fresco, agrumato, con la tipica nota di mandorla amara che caratterizza la garganega. Ancora giovane e con diversi anni davanti a sé.
2010: un bouquet fatto di idrocarburi, note marine, pietra focaia, poi pesca bianca e gelsomino. La bocca è sapida, lunga, minerale. Torna la pesca accanto alla mandorla amara.
2012: profumi fini, delicati. Come nel 2010 si respira la pietra focaia, questa volta accanto a mela verde. Il sorso, anche se pieno e rotondo, vira verso l’eleganza. Unica pecca di questo 2012, una lunghezza non troppo spinta.
2014: naso simile al 2009. Canapa, gelsomino, idrocarburi. All’assaggio la bocca si intride degli umori dell’arancia e del pompelmo. La sapidità si avverte poco, sostituita da un’acidità tanto ficcante quanto piacevole.
Volete conoscere un altro punto a favore di questo vino, oltre alla sicura piacevolezza e alla reale capacità evolutiva? Il prezzo: 4,50 euro al consumatore finale.
Note: le foto ambientali si riferiscono alla soffitta della cantina, in attesa di ricevere i grappoli di garganega per l’appassimento.
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