Se pensiamo al Morellino di Scansano, alla sua storia e al suo territorio, non possiamo non ricordare la Fattoria Mantellassi, fra le prime cantine ad imbottigliare Morellino e ad essersi adoperata per l’ottenimento della Doc. Ci troviamo, naturalmente, nella Maremma, grossetana – e dove sennò? -, su di una dolce collina che guarda il mare di Talamone e dell’Argentario e l’isola del Giglio. Qua il vento, amico delle buone vendemmie, che tiene lontano le malattie e aiuta l’uva a maturare al meglio anche quando il sole non dà tregua, non manca mai.
A governare questa tenuta di 100 ettari vitati, per un totale di oltre 200 ettari fra bosco e ulivi, i fratelli Mantellassi: Giuseppe, l’uomo della cantina nonché attuale presidente del Consorzio di Tutela del Morellino di Scansano, ed Aleardo, l’uomo della campagna. Due persone diverse, sia per carattere sia per attitudini, che proprio grazie alle loro differenze appaiono l’uno il completamento dell’altro. Mantellassi conta già più di mezzo secolo di storia: fu fondata nel 1960 dal padre di Giuseppe e di Aleardo, Ezio Mantellassi. Con il tempo è cresciuta, sia a livello qualitativo che produttivo, e negli ultimi anni si sta muovendo per cambiare anche un po’ pelle, aprendosi sempre di più alla ristorazione e diminuendo nel contempo gli sbocchi verso la grande distribuzione, che fino ad adesso ha rappresentato il canale più importante. Una grande distribuzione che Mantellassi non rinnega, anzi, a cui deve molto, soprattutto per il suo essere un’azienda economicamente autosufficiente; una realtà virtuosa che di anno in anno è riuscita ad accrescere il proprio fatturato e ad affrontare nuovi investimenti ai fini del consolidamento del marchio.
L’uva maggiormente coltivata, come territorio richiede, è il sangiovese, a cui fanno compagnia, per ciò che riguarda le tipologie in rosso, l’alicante, il cabernet sauvignon, l’aleatico e il ciliegiolo. Per i vitigni a bacca bianca, invece, incontriamo il vermentino, l’ansonica, il trebbiano, fra gli internazionali il sauvignon e lo chardonnay. La maggior parte delle vigne vanno dai 30 anni in su. Il vigneto più importante è il Sentinelle, il più alto, dove il sangiovese e l’alicante sono prodotti da piante che sfiorano i settant’anni di età.
L’assaggio che ci ha maggiormente gratificati è stato quello del Morellino base, Mentore 2015, 85% sangiovese e per il restante ciliegiolo e cabernet sauvignon: il naso è dolcemente fruttato, con una leggera e piacevole nota speziata data dall’uva ciliegiolo. Non fa, infatti, legno, ma soltanto acciaio. La bocca è ruspante, schietta. È proprio ciò che ci si aspetta da un Morellino: acida, beverina, non molto tannica e con una lieve sensazione amaricante.
Altro assaggio ben gradito il Morellino di Scansano Docg Le Sentinelle Riserva 2011, 85% sangiovese e 15% alicante: sosta 20 mesi in barrique ben dosate, che non sovrastano la materia prima. Il bouquet è fatto di fiori, rosa, rododendro, ribes e lamponi. Il sorso è elegante, tannico, sapido. Si apprezzano la ciliegia sotto spirito e la mandorla amara, che lascia spazio nel finale alla dolcezza tipica dell’alicante.
Sempre in tema alicante, Querciolaia2010, 100% alicante: profumi gioiosi ed inebrianti di frutta rossa croccante e ancora viva, affiancata da sfumature tostate. Al palato è caldo, avvolgente, con tannini appena percettibili. Unica nota stonata l’alcol che, almeno in questa fase evolutiva, spara in alto.
E per concludere in bellezza, per ciò che riguarda i rossi, ecco Alì Alè, passito a base di alicante ed aleatico. Un vino che racconta il mare, salmastro, dal naso penetrante ma fresco. Sa di violetta, fragoline di bosco, fichi, mosto d’uva. La bocca è tannica, sapida, zuccherina ma non pastosa, realmente invitante per un altro sorso.
Tra i bianchi vogliamo ricordare Lucumone 2015, vermentino 100%, dal bouquet diretto, floreale ed agrumato. Al gusto è fresco, di buona acidità; sa di noci, pompelmo e limone.
E poi Scalandrino 2015, selezione di vermentino: fa poche settimane di barrique che lo rendono più rotondo. Il naso vira su note di frutta bianca, con ricordi di frutta secca. In bocca è più armonico e più lungo del precedente, a discapito semmai della freschezza, alla cui latenza sopperisce con la sapidità.
Ultimo arrivato tra i bianchi è Oblò, un metodo charmat composto da 50% vermentino e 50% chardonnay. I profumi sono immediati, freschi, ricordano il gelsomino. L’assaggio ci rivela un vino leggero, dalla dolcezza moderata e ben bilanciata. Un compagno ideale da sorseggiare magari su di una barca al tramonto, quando è la semplicità la sola ed unica grande bellezza.
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