Stavo guardandomi attorno, nel micro appartamento in cui ero “appoggiato”, per cercare uno spunto che potesse ricollegarmi a ciò che avevo visto: a Valeria, alle vigne, alle colline e alle strade in salita. Non riuscivo a trovarlo, poi gli eventi hanno mandato la barca verso un’altra direzione e l’articolo è rimasto in un angolo della mia mente con su scritto “da fare”. Agli ultimi sgoccioli di un anno faticoso mi sono ritrovato a sfogliare le foto che avevo scattato quel giorno ed ho notato una cosa: tutto il mio corpo ha vibrato di una dolce malinconia, così ho iniziato a scrivere senza fermarmi.
Il sole è li a scaldare le giornate, che si riempiono di freschi colori tutti nuovi. Le donne indossano vestiti più leggeri, tradendo a volte qualche chilo di troppo messo su durante l’inverno, eppure io le trovo semplicemente irresistibili. E poi ci sono i ciclisti. Già, i ciclisti. Ma perché cavolo questi individui hanno deciso che quando percorrono le strade il mondo si debba fermare per lasciarli passare? Mah. Noi romagnoli siamo stati scelti tante volte dalla storia, in certi casi per delle cose belle, in altri no. Li guardo: sono in gruppo sparso e l’atmosfera è goliardica. Eppure ognuno di loro, intento ad affrontare la salita, ci riporta alla mente un ragazzo minuto con una bicicletta rossa ancora più striminzita di lui. Così, dopo qualche sana e generosa imprecazione, gli lasciamo il passo con un sorriso bonario. Sono certo che quel ragazzo minuto sia passato tante volte davanti alle vigne della Tenuta Neri, impegnato a “sentire” le sue gambe, a far vibrare il respiro nell’aria di primavera, ad ascoltare il suo cuore nato per fare quello, correre in bicicletta. Chissà quante volte Valeria avrà visto passare quel piccolo “grillo” che sarebbe diventato un gigante.
Valeria Neri, terza generazione di viticoltori sulle colline del cesenate, la campagna l’ha conosciuta fin dalla sua prima caccia alle lucciole. Da sempre lavora nella sua azienda, che oggi gestisce assieme al fratello Giovanni. Energia da vendere, carattere solare e una innata capacità nel saper tenere assieme tutte le cose, una virtù che solo le donne possiedono. Sessantadue gli ettari a disposizione, di cui diciotto vitati: a sangiovese, merlot, montepulciano, lambrusco, barbera, albana e pagadebit; il resto sono seminativi (sì, anche la canapa sativa), ulivi e un po’ di frutteto. I colori oggi sono un’esplosione di note verdi. “L’inerbimento è spontaneo -mi spiega-, da tempo abbiamo smesso di lavorare la terra fra i filari, così gli diamo la possibilità di creare il proprio habitat. Anche noi, ultima generazione, siamo continuamente alla ricerca di una viticultura sana, sostenibile e seguiamo la lotta integrata con accorgimenti tipici della lotta biologica”. E di questo ne va fiera, come se si fosse riappropriata di un dialogo antico.
“La cosa nuova che abbiamo fatto è quella di adottare questo marchio, che intende garantire (ed annunciare) che siamo a RESIDUO ZERO di anti-parassitari. Lo abbiamo apposto su tutte le bottiglie. E’ uno zero analitico che facciamo verificare ogni anno e, visto che anche nel 2014 siamo riusciti a dimostrare che il vino è esente da pesticidi, abbiamo deciso di registrarlo”. Valeria ti racconta tutto questo con un misto di umiltà ed eccitazione, quasi fosse in attesa di un sogno che si realizzi. Ed è sempre bello aspettare un sogno.
Contemplo le vigne disposte ad anfiteatro. La brezza marina ci accarezza. “La brezza che senti è ciò che rende questo territorio fortunato. Qua è sempre ventilato e così si evita la formazione di funghi o di un ambiente propizio per gli insetti dannosi. Una buona parte dei vigneti ha più di cinquant’anni e i suoli franco-argillosi donano ai vini un’acidità alta e stabile, che non viene dispersa nel tempo e si fa garante della longevità. L’esposizione fa il resto”.
Mi guardo attorno, ostaggio di quello che vedo: il verde, il blu e l’aria del mare sono in armonia e si scambiano bellezza, in un gioco di rimandi dove ognuno intende primeggiare. Valeria mi racconta di progetti personali, ma anche dell’intenzione di dar voce alle colline cesenati assieme ad un manipolo di vignaioli che già da diverso tempo continua a lottare contro i mulini a vento della burocrazia e della politica. Nelle sue parole percepisco la voglia di prodigarsi appassionatamente, non c’è nulla di costruito nell’animo di questa vignaiola, che è poi quello di una romagnola battagliera. Non siamo a Nuits-Saint-Georges, ma anche qui le chiese sono incastonate fra i filari e scandiscono il tempo, così entriamo in cantina per l’assaggio.
Albana di Romagna Agostina 2015
Un vino delicato ma con profumi netti che catturano l’attenzione, e che sembrano dirti: “ehi ragazzo, stai attento!”. In bocca è scattante, la freschezza stimola il palato, e tu ne richiederesti ancora.
‘ 51 Sangiovese Rubicone IGT 2014
Posso affermare, senza ombra di dubbio, che è un vino “classico” per la Romagna e per noi romagnoli. Perché per quel che ci riguarda un Sangiovese di qui deve “sapere” di chiesa e Partito Comunista, di aie schiamazzanti e ballerine, di baci nascosti dietro casa, di sottane sotto le ginocchia, di calzoni rattoppati e di gomiti sbucciati. E questo è.
Sangiovese di Romagna Riserva Luis 2012
Un vino decisamente in simbiosi con i suoi luoghi e con il produttore che lo ha fatto nascere. Le uve, discutendo con il sole, ne hanno assorbito la completa energia, l’aria le ha accarezzate tutta l’estate e le temperature di collina gli hanno conferito croccantezza. Un Sangiovese davvero integro, ecco, a cui dare del “voi “.
I rintocchi del campanile di Carpineta stanno annunciando il vespro. Mi sono perso nel tempo anche stavolta. Le colline perdono pian piano il loro tepore e mentre ne percorro le strade curvose verso la via Emilia incrocio un ciclista esile con una maglietta gialla. Noi romagnoli la ricordiamo bene quella maglietta lì. Ci emoziona ancora. La indossava, quasi uguale, un piccolo “grillo” che ha scalato le montagne, fin su nel cielo. Quanto ci manchi, Marco!
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