Reportage da Anteprima Calici di Stelle a Venezia. Back to the future

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venezia-luglio-2017-233-smallNuovamente varco la porta del tempo, come Harry Potter a Diagon Alley. Accade tutte le volte che esco da Santa Lucia “station”: come lui mi ritrovo proiettato nel passato. Stavolta, più o meno, a cavallo fra fine Seicento e primi Settecento, nel periodo forse più narrato, musicato e dipinto di sempre, per la città dei dogi. Non è la vista il primo organo sensoriale ad essere accarezzato da questa città, è l’udito. Lo sciabordio dell’acqua mossa dalle barche, lo strillo insistito dei gabbiani, le voci “foreste” e l’inflessione dell’accento veneziano mi traghettano in quello che, fino al mio rientro in stazione, sarà il periodo storico che vivrò in quel poco lasso di tempo. Ogni volta non so qual è il cronòtopo che mi aspetta. Mi si sviluppa lì per lì e, istante dopo istante, si muove. Non devo far altro che esserne spettatore, e comparsa assieme. Mi siedo sugli scalini di Santa Lucia, chiudo gli occhi e respiro; l’aria magica mi entra nei polmoni e nello spirito: che l’avventura abbia inizio.

Da tempo conosco Maria Botter, dama veneziana DOC nonché imprenditrice di successo (veneziaeventi.com ) con una passione smisurata per la cultura, le cose buone e le cose belle. Da quando ebbi la fortuna, casualmente, di partecipare al suo primo evento, “cena in altana“. Le altane, per chi non lo sapesse, sono quelle costruzioni in legno poste sui tetti di Venezia. Rimasi affascinato, direi inebriato, dall’idea, dalla vista e dal gusto di quella manifestazione, perché sono convinto che unire ed esaltare queste tre parole, questi tre attributi, non sia soltanto difficile ma costituisca addirittura un’impresa, consapevole come sono che i “fuochi d’artificio” degli eventi-moda lasciano spesso un po’ delusi ed amareggiati.

A creare tutto questo Maria ci ha impiegato quasi dieci anni, coinvolgendo progressivamente il Movimento Turismo del Vino e i Sommelier veneti. La cornice di Villa Widmann, di fronte al Brenta, ospitò la prima edizione di Calici di Stelle con la sua firma per approdare poi a Cortina (giunta quest’anno alla sua quinta edizione), passando per Baccarando, degustazione fra i bacari storici di Venezia che dura tutto l’anno. Il Casinò municipale, dopo un lungo corteggiamento e un po’ di lungimiranza, ha concesso i suoi giardini e aperto all’ospitalità. Era richiesto l’abito bianco. Un pubblico in assetto elegante, armato di curiosità, ha varcato fin dal tardo pomeriggio il portone di Palazzo Vendramin Calergi, edificio sciaguratamente decadente ma di grande fascino, avvicendandosi durante la serata per raggiungere quota seicento presenze per questa seconda edizione veneziana.

Il Movimento Turismo del Vino era ben rappresentato. Carlo Giovanni Pietrasanta, fra i fondatori ed attuale presidente, è intervenuto alla manifestazione non solo in qualità di patrocinatore e portavoce ma come supporto organizzativo e morale alla realizzazione del progetto. Visto il successo, la direzione del Casinò ha già deciso che concederà ancora la sede per la terza volta consecutiva. Anche l’Emilia-Romagna (io sono romagnolo), è stata partecipe. A mia insaputa, la nostra presidentessa Antonella Breschi Perdisa ha portato con sé alcune eccellenze. Tutto si è svolto con partecipazione attenta e coinvolta; lo scoccare della mezzanotte ne ha sancito la conclusione.

Ora, il biglietto d’ingresso comprendeva un gettone da spendere al Casinò. Mai stato ad un Casinò in vita mia e, nel mio immaginario, quello di Venezia è sempre stato IL Casinò. Entro nella hall con una emozione e un imbarazzo simili a quelli provati il primo giorno di scuola. All’interno l’atmosfera è decadente come i muri affacciati sul Canal Grande, i dipendenti annoiati e con la testa altrove ti danno il benvenuto. Salgo al piano superiore dove mi aspetto di vedere giocatori incalliti bruciare soldi per colpa di ego e sottane. Nel frattempo, carta da parati color verde malato alle pareti, sedie di foggia moderna e tavoli del bar in plastica stile Kartell. Non noto oggetti d’arte, c’é poca gente, mi crolla un mito. Poi succede tutto in fretta: gioco, perdo ed esco in una manciata di minuti, quasi come nella vita. Mi lascio alle spalle l’enorme portone in legno con nuovi ricordi da stivare nella valigia del tempo. Ripenso alla elegante degustazione dove, assieme a brillantini e paillettes, ho soprattutto incontrato appassionati attenti con l’attitudine alla convivialità e vini ben selezionati dalla padrona di casa.

Ad esempio, ho trovato interessanti i bianchi liguri dell’azienda agricola Punta Crena di Paolo Ruffino, che produce vino da 500 anni, eh già. Vini originali, Mataossu in primis, vino-vitigno autoctono sinonimo di lumassina, con una piacevole nota minerale e una leggera vena tannica. Più profondo il Vermentino. Belle le note minerali, e bella l’acidità, che supportano la singolarità del Pecorino del marchigiano Simone Capecci (Poderi San Lazzaro), mentre ho trovato più distintivo e sorprendente il frizzante rifermentato in bottiglia G10 da uve glera della cantina Via Regia rispetto al pur valido Prosecco. Il Siris (blanc de blancs ) di Gaierhof, invece, riesce a coniugare tecnologia e ricerca in un prodotto autentico.

Il pomeriggio precedente aveva visto un violento acquazzone dare il meglio di sé, fra tuoni, grandine e cumulonembi plumbei che avevano messo in agitazione gli organizzatori. Il conseguente abbassamento delle temperature mi ha avvicinato all’assaggio dei rossi, che di solito evito per tutta la stagione estiva. Il Montepulciano d’Abruzzo Riserva Rosso di Macchia di Dora Sarchese è stato il mio preferito. Corpo, tannicità, freschezza e potenziale in longevità lo rendono un vino di grande equilibrio.

E’ notte fonda, non mi ricordo bene di che giorno, ricordo però che siamo a cavallo fra Seicento e Settecento. I pochi umani ciondolano per le calli silenziose e pacifiche appoggiandosi ai muri e frugandosi nelle tasche, in cerca forse di qualche spicciolo per un altro bicchiere.

Nella seconda foto: l’autore con l’organizzatrice Maria Botter

Fotogallery: impressioni veneziane

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

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