Sangiovese di Toscana e annata 2013: la coppia perfetta. Ricordi e suggestioni da una bella degustazione chiantigiana. Seconda parte

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degu_2Quelli che seguono sono i pensieri e le parole scaturiti da una degustazione pregnante, composita ed interessantissima, che ha preso a tema due capisaldi della nostra predilezione: il Sangiovese, nella sua declinazione toscana, e una grande annata. Centrata su etichette vecchie e nuove provenienti dal Chianti Classico, spesso celebri, sicuramente di punta nell’ambito delle varie proposte aziendali, affollata da interpreti importanti e molto noti, questa degustazione ha costituito un ulteriore motivo di indagine per trovare conferma ad una sensazione invero già emersa dai reiterati assaggi delle ultime stagioni: l’effettiva bontà della vendemmia 2013 per i rossi toscani. Soprattutto, per quelli a base sangiovese.

E l’affermazione troverebbe ancora maggiore evidenza se si avesse l’opportunità di confrontare in uno stesso contesto vini, anche ben riusciti, di annate precedenti come la 2011 e la 2012, con vini della vendemmia 2013: il confronto, a tratti, potrebbe risultare impietoso. A favore della ’13, ovviamente. Perché il respiro, l’integrità, la tonicità e la freschezza, sia acida che tannica, che ispira ed alimenta gli esemplari migliori derivati da questa annata non lasciano adito a dubbi: siamo su alti livelli. E su alti livelli resteremo anche nel prossimo futuro, quando un provvidenziale periodo di affinamento avrà giocato a favore di equilibrio e di armonizzazione.

Ebbene questa bella degustazione, didattica ed emozionale al tempo stesso, ha fatto emergere a piena luce la cifra stilistica, gli approdi espressivi e le potenzialità di alcune etichette di punta dell’enologia toscana, muovendosi con disinvoltura fra Chianti Classico nelle tipologie Riserva e Gran Selezione, per approdare poi ad una serie di IGT di chiara fama. Lo ha fatto prendendo a riferimento – attenzione –  vini che sono in procinto di uscire sul mercato, o che sul mercato usciranno fra un po’. Per questa ragione, vini decisamente “attuali”.

Ah, tanto per essere chiari fino in fondo: stiamo parlando di Sangiovese, e questo è. O perlomeno questo è nella stragrande maggioranza dei casi, dal momento in cui alcuni dei vini qui raccontati potranno contemplare, assieme a una quota decisamente maggioritaria di sangiovese, percentuali minori di altre uve autoctone come colorino, canaiolo, malvasia nera e via discorrendo, ed è il caso soprattutto di certi Chianti Classico.

Infine, l’ordine accordato al racconto rispetta pedissequamente l’ordine di apparizione in sede di degustazione (cieca).

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SECONDA PARTE

MONTEROTONDO – CHIANTI CLASSICO VAGGIOLATA 2013

Ci troviamo su al confine, nei monti del Chianti, lungo quella via della foce che collega la sponda senese di Gaiole con il versante aretino che ha alle sue pendici Montevarchi, in un posto che conosce bene il significato di natura e di incontaminato. Ci troviamo ad altitudini significative e alle prese con una cantina il cui nome non sta proprio sulla bocca di tutti ma il cui impegno e la cui aspirazione alla tipicità l’hanno ben presto condotta a sposare le pratiche della agricoltura biologica, per cercare di assecondare nel verso della trasparenza espressiva vini solitamente guidati da una buona corrente di acidità.

E la freschezza infatti non manca nemmeno in questo Vaggiolata 2013, tanto intrigante e contrastato ai profumi, dai quali ti pare di scorgere una reale appendice minerale, quanto morbido e levigato al gusto, lì dove i contributi del rovere e dell’alcol tendono semmai a rallentarne scorrevolezza e dinamica. Eppure non si fa mancare purezza varietale e sapore.

CAPANNELLE – CHIANTI CLASSICO RISERVA 2013

Da annoverarsi fra i vini da attendere, la celebre Riserva di Capannelle appare oggi un vino a due velocità, còlto in una fase “dialettica”. Perché, da una parte, quel naso nervoso insidiato da qualche sfocatura e accompagnato dal sentore del chicco di caffè -ciò che potrebbe richiamare alla mente una certa evoluzione- ti fa presupporre una bocca coerentemente reattiva e spigolosa. E invece non è così, perché il disegno qui recupera “sentimento” e gradevolezza, al punto tale da cullarsi in una trama di modulata rilassatezza, senza lasciarti apprezzare però quel cambio di ritmo e quel guizzo autorale che solitamente gli appartengono. Per tale ragione la dicotomia di questo sorso pretenderà una superiore attenzione nel prossimo futuro, quando la recalcitrante introversione tipica della gioventù avrà lasciato gli adeguati spazi al dialogo e alla distensione.

VECCHIE TERRE DI MONTEFILI – CHIANTI CLASSICO RISERVA 2013

Sentori di caramella al lampone e di “profumeria” offrono un quadro intenso, vagamente straniante e non proprio sintonizzato sulle frequenze del garbo espositivo. Annunciano un palato decisamente più leggibile ma altrettanto indietro, quanto a focalizzazione e ad amalgama. Chiede tempo, lo senti. Lo senti per via della compressione di una energia sottesa e per via della spinta sapido-minerale che omaggia di contrasti quel finale nervoso. D’altronde, le alte giaciture e i suoli a galestro di Montefìli prediligono adeguati tempi di affinamento affinché i vini si liberino dalla morsa acido/tannica e comincino a raccontare -e a raccontarsi- da par loro. Siamo certi che la sua fase migliore sia ancora di là da venire.

ROCCA DI MONTEGROSSI  – CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE VIGNETO SAN MARCELLINO 2013

La versione 2013 del vino di punta di Marco Firidolfi Ricasoli, vignaiolo in quel di Monti in Chianti, conferma e ribadisce la china stilistica abbracciata da un po’ di anni a questa parte, dove la sfumata finezza del sangiovese, figlia legittima dei suoli che ci sono lì e di certe connaturate vibrazioni saline che da sempre ne accompagnano l’eloquio, si è fatta coinvolgere in un disegno meno stilizzato rispetto a un tempo, dove a primeggiare sono la pienezza, l’intensità e la robustezza, alimentate dalle circuizioni del rovere piccolo e da una concentrazione di colore e di materia che ne rendono il profilo piuttosto esuberante, soprattutto nelle prime fasi di vita.

Così è per questo 2013, non immune probabilmente dall’influenza del pugnitello, che  va a costituirne il saldo in cromatismi e in struttura. E mentre una sensuale avvolgenza aromatica lascia trasparire generosità di frutto e temperamento alcolico, è una bocca morbida, soffice e levigata a non dimenticarsi della piacevolezza, anche se ciò che ti suggerisce di più oggi è l’attesa, per un’idea di armonizzazione ancora da compiersi ma che si compirà.

CAPARSA – CHIANTI CLASSICO RISERVA CAPARSINO 2013

Decisamente convincente il nuovo Caparsino di Paolo Cianferoni, esemplare “in purezza” di vignaiolo chiantigiano. E se alle volte i suoi vini, a fronte di un innegabile carattere che fortemente li lega agli stimoli di un terroir fresco e appartato quale quello di Caparsa, sulle alture attorno a Radda, si offrono secondo trame “dialettiche” non prive di una certa insofferenza grammaticale, discendenza diretta della artigianalità dei gesti e dei modi, in questo caso è proprio la nitidezza del quadro a colpire nel segno e a marcare la differenza. Saporito, fragrante, coordinato, prodigo di sfumature, la messa a fuoco ne esalta la dote della gradevolezza, corroborata dalla generosità del frutto rosso e abbellita da una vena balsamica. Sì, in sua compagnia starai bene.

Ed eccoci agli Iggittì….

RIECINE – LA GIOIA 2013

Respiro aromatico, ampiezza, seduzione…. così quel naso di prim’acchito. Peccato ti illuda. Perché è un vino assai mutevole questo qua, un vino che si muove, che reagisce all’aria. E che cambia. Al punto tale che il subitaneo brivido sapido, di ascendente quasi marino, alla fine del salmo resterà parzialmente obnubilato in un tratto gustativo dominato da una sensazione di eccessiva dolcezza, che insieme all’afflato alcolico tenderà a normalizzarne lo sviluppo, facendogli perdere quel grado di contrasto e quel portamento da sempre nel proprio dna. Comunque sia, se un assaggio “a bocce ferme” de La Gioia, più un là nel tempo, si farà obbligo morale, oggi ci ha pensato una straordinaria versione di Riecine di Riecine a sintonizzarci sulle frequenze d’onda della bellezza e a reindirizzare i nostri entusiasmi verso la storica e amatissima firma gaiolese.

RIECINE – RIECINE 2013

Se c’è un Sangiovese che oggi come oggi potrebbe apparentarsi in maniera davvero stretta ad un ispirato Pinot Nero d’Oltralpe, questi è il Riecine di Riecine. Frutto di una selezione di uve ricavate dalla parcella più vecchia della proprietà, grazie ai tanti acuti e ai rarissimi bemolle, da qualche stagione in avanti sta amministrando un “vantaggio emozionale” che lo colloca spesso e volentieri fra le voci più eloquenti della nobiltà chiantigiana (e anche più in là).

Il colore comme-il-faut, di luce delicata e trasparente, ci introduce ad un naso fresco, elegante, sfumato. E mentre il rovere -in fase digestiva- non ne smuove più di tanto l’eclatante personalità gustativa, caratterizzata da un tatto setoso e da un fraseggio “confidenziale” e sussurrato, è lungo lo sviluppo che si irradia una corrente di energia fortissima; una energia interiorizzata, badate bene, capace di pompare sale ed ariosità in un finale glorioso, signorile e bello.

CASTELLARE DI CASTELLINA – I SODI DI SAN NICCOLO’ 2013

Del mitico I Sodi di San Niccolò, uno dei “Supersangiovese” (con saldo di malvasia nera) più conosciuti di Toscana, conservo un ricordo privilegiato. Fu una esperienza che contribuì a schiarirmi parecchio le idee a quel tempo e, perché no, a combattere pregiudizi: una eccezionale verticale a cavallo fra anni ’70, ’80, ’90 e Duemila, effettuata in azienda dodici anni fa. Grazie alla quale compresi come l’evoluzione e il tempo a volte sortiscano inattesi miracoli, orientati in questo caso verso la caratterizzazione e l’identità.

Da allora penso che lo stile aziendale, assieme alle stagioni, sia un po’ cambiato, contribuendo ad apportare un po’ di ciccia, di rotondità e di calore in più alla signorile silhouette di questo cru di Castellina in Chianti.  Ma nonostante ciò, memore di quella lontana degustazione, nei chiaroscuro di un vino così sono portato a vederci il bicchiere mezzo pieno.

Intanto, la manifattura curata e “ragionata” la senti: nella levigatezza del tratto, nella linearità espressiva, annunciate qui da un rubino scuro e sanguigno. L’aspetto però che risalta di più in questa fase evolutiva è il frutto, un frutto turgido e vibrante in insidioso bilico fra piena maturità e abbondanza. La tentazione a diffondersi più in larghezza che in verticale viene fortunatamente calmierata dalla evidente lama di acidità, che striglia le trame rendendogli una vivacità lì per lì inaspettata. Per queste ed altre ragioni il nuovo Sodi è un vino da ascolto attento. E tale rimarrà da qui al futuro.

SAN GIUSTO A RENTENNANO – PERCARLO 2013

Se esistono vignaioli che esprimono un senso di rispetto e di serietà professionale, questi sono Luca e Francesco Martini di Cigala. Difficile non rimanere affascinati dalla loro introspettiva personalità. Se c’è un vino, poi, a cui restano legati momenti confidenziali difficilmente dimenticabili, questi è il Percarlo. Figurarsi, quindi, quanto alta sia la stima mia per lui.

Negli anni, con l’esperienza e le “musate”, ho imparato una cosa a suo riguardo: mai dire mai, soprattutto se l’incontro fosse avvenuto in piena gioventù. Perché il potenziale di longevità di questo vino non è cosa comune, non è cosa per tutti. Il fatto è che, se parliamo di Percarlo, hai un bel dire gioventù, perché nel suo caso sembra non sfiorisca mai! Davvero, Percarlo è un vino slow, a sviluppo lento e progressivo, un’implacabile locomotiva a vapore che conosce bene la sua strada per staccare tutti alla distanza, con il conforto di un “motore” indistruttibile.

Gioca su alti parametri ‘sto 2013: colore, struttura, potenza, acidità. Gli capita spesso. La durezza coriacea di quel finale di bocca, eppure, lascia trapelare di già la timbrica baritonale e profondissima dei suoi tannini, con la grana sapida -ora compressa- della gioventù. La connaturata esuberanza di questo Percarlo 2013 ci suggerisce un’annata gloriosa, questo sì, che ha solo bisogno di tempo per esprimersi più compiutamente. Ma sapete com’é, lui è fatto così, e i conti li regola alla distanza. Al suo cospetto, allora, saranno gli altri a pagare pegno.

Nella foto (di Lorenzo Coli): l’autore assieme a Ernesto Gentili e Claudio Corrieri

Note finali: i dovuti ringraziamenti vanno in primis ad Ernesto Gentili, amico e collega di chiara fama, per avermi reso partecipe di un evento importante; in secundis a Claudio Corrieri e agli amici del Ristorante Lo Scoglietto di Rosignano (LI), per la location, la simpatia e i cibi.

Degustazione effettuata nel mese di settembre 2017

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FERNANDO PARDINI

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