Oltre ad essere un’azienda vitivinicola è anche osteria; quando vi giungiamo il posto è già frequentato da avventori che provengono anche a piedi dai sentieri che si inerpicano tra le viti. Matthias ci accoglie in una sala degustazione che è in contatto diretto con la cantina scavata nella roccia, ma prima di parlare di vini ci invita -data la bellissima giornata- a scoprire le sue vigne.
La viticoltura del suo maso è veramente impressionante: pendenze che arrivano all’80 per cento e terrazzamenti inerbiti con sovesci o cotico spontaneo si affacciano direttamente sulla valle e sul fiume che scorre 500 metri più sotto. Annoverano ancora vecchie pergole sessantenni coltivate a Müller-Thurgau, una rarità per l’Alto Adige.
Il sylvaner è un vitigno a bacca bianca la cui origine invece si perde nella storia. Forse proveniente dalla Transilvania (Romania), attraverso l’impero austro ungarico si è diffuso in Austria, Germania e Alsazia. Un’altra ipotesi, legata alla decodifica del Dna, sostiene il sylvaner essere un incrocio tra traminer e un “bianco austriaco”, quindi con origine aldilà del Brennero. Comunque sia, è mediamente vigoroso e dà origine a vini eleganti, freschi, lievemente aromatici, con aromi di pera e talvolta di melone.
Ma torniamo alla visita. Matthias ci accompagna nella sua cantina, dove ancora stanno fermentando alcune vasche, e ci propone un interessante confronto fra tre vasche di Müller-Thurgau condotte rispettivamente con lieviti aromatici, lieviti spontanei e lieviti spontanei senza travaso delle fecce. Nella sua filosofia di conduzione agronomica Matthias ha aderito alla biodinamica ma ha alle spalle una solida preparazione da enotecnico maturata a Geisenheim, in Germania. La differenza fra i tre vini a fine fermentazione appare significativa, e sicuramente il vino senza lieviti selezionati risulta quello meno espressivo negli aromi fermentativi, mentre quello con le fecce subisce forse di più la presenza di una malolattica in corso, dato che Matthias non aggiunge solfiti alla fermentazione ma solo in fase di pre-imbottigliamento.
Il primo vino assa
Il secondo è un Kerner che deriva da due vendemmie separate, svolte a distanza di dieci giorni l’una dall’altra. La prima vasca, che contiene il frutto della vendemmia più anticipata, appare già limpida; al naso la differenza è avvertibile, con note che ricordano il Sauvignon nel primo caso e più l’albicocca nel secondo, che è anche più chiuso. I vini dovranno poi amalgamarsi e completarsi nella bottiglia.
L’ultimo assaggio di vasca è dedicato al Riesling: il protocollo messo a punto da Matthias prevede che un 30 per cento delle uve impiegate subisca un attacco di muffa nobile. Seppure ancora in fermentazione, appare già un vino molto espressivo nelle note speziate ed aromatiche e nella nota dolce e persistente di albicocca.
Il Valle Isarco Riesling 2016 presenta un bel colore giallo paglierino medio, al naso è ancora giovane ma già espressivo nelle note speziate e dolci che ricordano pesca e albicocca, l’agrume è in sottofondo e la nota botritizzata si confonde con una lieve riduzione che scompare quasi subito. In bocca è corposo ed avvolgente e, nonostante la sensibile dotazione acida, armonico.
Da provare assolutamente il Blatterle 2016, un vino dalla beva rinfrescante, leggera, spedita e floreale, che si accompagna benissimo ai cibi e alla tavola. E a proposito di tavola: dato che Rielingerhof è anche osteria, ci fermiamo qui per gustare un’ottima minestra d’orzo e i salumi e formaggi prodotti nel maso. Un’esperienza anch’essa meritevole di essere vissuta, e che ci fa comprendere, una volta di più, come al Renon il tempo scorra ad un’altra velocità.
altre immagini