Eppure, se chiedi ai vignaioli di Fié quale sia, a loro modo di vedere, il fattore determinante in grado di riflettersi maggiormente sul carattere dei vini, non hanno dubbi: i suoli. Di origine morenica, come tutti i suoli della Valle, la roccia madre è costituita da porfidi quarziferi (con aggiunta di graniti nella zona di Novale di Fié), mentre gli strati più o meno profondi di terreno accolgono una tessitura sabbiosa, sporadicamente intervallata da innesti argillosi.
Non sorprenda perciò se in questa enclave vocata e world apart vi si coltivino vitigni sostanzialmente differenti rispetto a quelli che incontreremo più a nord, nella zona classica della Valle Isarco, a decisa dominante teutonica e austriaca. E’ terra di Pinot Bianco e di Sauvignon, questa, ma non solo. E’ dove permangono più vive le tracce di un passato “in rosso” per i vini della Valle, qui rappresentate dall’uva schiava, ancora oggi portavoce accreditata di una antica tradizione fortunatamente mai andata del tutto disperdendosi.
GUMP HOF, NEL PAESE DELLE FARFALLE
Markus Prackwieser è un tipo sveglio, curioso, comunicativo, solare; ed è nato e cresciuto lì, al maso Gump di Novale di Présule, terra di farfalle e di vigneti. Nei gesti, nei modi, non vi scorgi quel carattere riflessivo ed introverso che è solito accompagnare le movenze dei produttori isarcensi. Che sia poi realmente appassionato del proprio lavoro te lo fa capire fin dai primi giri di parole, senza ostentare alcunché. Indubbia la simpatia del personaggio, forse ereditata dal padre Hans, pimpante, ironico e scherzoso ultranovantenne, figura carismatica a cui Markus deve molto, perché fu grazie alle sue intuizioni – Hans era un frutticoltore e un conferitore di uve presso la cantina sociale di Gries – se alcune vecchie pergole di schiava vennero reinnestate a pinot bianco negli anni Ottanta del secolo scorso. Mai intuizione fu più “galeotta”.
I risultati eclatanti ottenuti grazie soprattutto ad emblematici Pinot Bianco, hanno sancito fin da subito un talento e una vocazione, affermando questa piccola cantina nel novero di quelle più “in vista” dell’intera regione.
Di quei vini ne apprezzerai la droiture, l’assenza di fronzoli, la limpidezza gustativa, la precisa connotazione varietale. Così come la profondità, racchiusa in profili sinuosi e sfumati, ricchi e interiorizzati al contempo, lì dove persino l’inflazionatissimo Gewurz riesce a sterzare dalla fisionomia opulenta e primattrice che siamo soliti riconoscergli per incanalarsi in un registro espressivo maggiormente incline alla flessuosità e alla freschezza, acquisendo in tal modo un temperamento più nordico, versatile e “verticale”.
I VINI DI UN GIORNO
Fra i Pinot Bianco della casa, il vino entry level. Il fatto che non di rado gli capiti di essere un bel vino la dice lunga circa le reali potenzialità. Il 2016 sfrutta appieno l’annata propizia: elegantissimo, succosissimo, purissimo, gioca in filigrana la sua partita alimentandosi di vibrazioni acido-saline, corredate da una delicata florealità e da un frutto maturo al punto giusto. Concessivo quanto vuoi, ma irresistibile.
Alto Adige Pinot Bianco Praesulis 2016
Ecco la selezione più conosciuta, frutto della cernita delle uve migliori ricavate dalle vecchie pergole di pinot bianco. E il respiro si fa più ampio, più signorile e più riflessivo rispetto al vino precedente. Fiori bianchi, menta e spezie concorrono a delineare un quadro quintessenziale, esatto, senza sbrodolature. Il sorso è saldo, lunghissimo, di esaltante compiutezza. Senti l’importanza, e il peso, di un corpo che Mediaevum non possiede.
Alto Adige Pinot Bianco Riserva Rénaissance 2014
Ultima arrivata in casa Gumphof, la linea più ambiziosa, quella che intende mettere alla prova le potenzialità del vitigno con affinamenti più lunghi e l’uso del rovere (grande). Splendida l’articolazione, elegante il passo, sapido, lungo e ancora incisivo nei contrasti, a sottolineare razza e gioventù. Ah, dimenticavo, uscita in commercio ottobre 2017.
Alto Adige Sauvignon Praesulis 2016
E se ai Pinot Bianco si lega gran parte del mio coinvolgimento emotivo, devo parzialmente ricredermi al cospetto dei due Sauvignon di oggi, per convenire che di protagonisti, qui, ve n’è più di uno. Praesulis è davvero composto, fine, maturo, continuo nello sviluppo, non molla la presa e lo fa con garbo e dedizione, quale ispirato mélange di fiori bianchi e sambuco.
Alto Adige Sauvignon Riserva Rénaissance 2014
Come se non bastasse, la selezione “alta” di Sauvignon ribadisce tutte le ragioni di una annata ispirata grazie ad una forza espressiva, ad una pienezza di succo e ad una giustezza che non lasciano adito a dubbi. Luminoso e varietale, il suo è un gusto scolpito nel sale e nella balsamicità. Mantiene grip, è giovane, è succoso, e odora di futuro.
Alto Adige Gewürztraminer Praesulis 2016
Ecco un Gewurz che apre la strada ad un nuovo refrain, non così tipico se stai alle espressioni più classiche e risapute della categoria, ma in grado di introiettare il territorio, il suo territorio, come pochi. Ulteriori declinazioni sul tema le incontreremo più a Nord, in piena Valle Isarco, ma intanto questo Gewurz “frontaliero” ti vien proprio da berlo, grazie al contrasto, alla sinuosità e alla freschezza, senza bisogno di ricorrere a “sdolcinate dolcezze”.
Alto Adige Schiava Mediaevum 2016
Eccola qua, ineccepibile e gustosa, di piccoli frutti rossi e leggero cuoio, la Schiava che sempre vorresti al tuo fianco sulle tavole imbandite. Oltre la spigliatezza c’è un di più però, che ha a che vedere con l’eleganza. Ed è un bel vedere.
Alto Adige Pinot Nero Praesulis 2015
Se ti affacci dalla terrazza del maso riesci a scorgerlo, quello sperone roccioso sui 550 metri di altitudine dove Markus ha inteso piantare pinot nero. Perché lui ama il vino Pinot Nero. E perché pensa che la matrice argillosa di quella parcella possa giocare a favore di profondità e di compiutezza. Ha un bel coraggio, da che le tentazioni alcoliche a queste latitudini potrebbero giocare brutti scherzi all’esigente vitigno borgognotto. E mentre il 2015 non è stata una annata ideale per i bianchi, così non direi per questa accordata versione di Pinot Nero. L’aspetto che risalta di più? L’assenza di cadenze amarognole o astringenti, un leit motiv più che conclamato fra la genia dei Pinot Neri altoatesini. Ecco, qui il vino assume il suo bel respiro di gradevolezza; se vogliamo, un alito fin troppo dolce al gusto, probabile lascito dei legni piccoli, ma l’equilibrio di fondo è apprezzabile e lascia ben sperare.
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BESSERERHOF: VOCAZIONI E SPERIMENTAZIONI IN CASA MAIR
Dal maso Gump al maso Besserer saranno sì e no cento metri di strada. Ci troviamo sullo stesso versante, praticamente in contiguità. Eppure qui le cose cambiano, e con le cose gli intendimenti e le visioni. Te ne accorgi fin da subito per via della gamma affollata di etichette con cui ti si presenta il conto, sia pur a fronte di 5 ettari complessivi di vigna. Così come dal fatto che non si parla di un solo sito produttivo, quello in cui ci troviamo, bensì di tre. Gli altri due si trovano rispettivamente a Fié, a 800 metri slm, e addirittura a Tiso, in Val di Funes, un luogo via dalla pazza folla al quale abbiamo già accennato nella introduzione alla Valle Isarco, caratterizzato da esposizioni a mezzogiorno e da altitudini mirabolanti (900 metri).
Al maso Besserer l’affrancamento produttivo, dopo anni e anni di conferimenti, ha preso piede a partire dal 1998, quando Otmar e Rosmarie Mair decidono di imbottigliare i loro primi vini. Oggi siamo alla quarta generazione di vignaioli. Quel giorno d’ottobre Otmar non c’era, stava poco bene, una cosa noiosa. Mi spiace non averlo potuto conoscere, anche se ho intuito essere la moglie Rosmarie la figura iconica e carismatica della famiglia.
Cosa conservare nei ricordi, dall’incontro con quei vini? Beh, ovviamente la polivalenza espressiva, declinata nel nome dei diversi terroir e dei diversi vitigni in gioco, dove a fronte di una sicura perizia tecnica emerge una consistenza fibrosa e un’indole schietta, magari non cesellata né finissima come in altri casi ma in grado di far lampeggiare calor buono e temperamento artigiano.
E poi due evidenze che chiamano alla mente potenzialità e vocazioni: la prima viene da Tiso (e in parte da Fié), un Kerner che conferma come da quelle giaciture puoi tirar fuori personalità, lì dove i concetti di dinamica e di leggerezza si esaltano.
La seconda non te l’aspetti, perché raramente lo Chardonnay italico smuove passioni nell’enofilo più smaliziato. Bene, in barba ai pregiudizi, qui è piuttosto frequente imbattersi in uno degli Chardonnay affinati in rovere più articolati dell’affollata compagine. Mai dire mai, quindi.
I VINI DI UN GIORNO
Fibroso, caldo e consistente, è vino “saporoso”, di fibra e materia. E se non c’è la distensione attesa, c’è sicuramente schiettezza.
Alto Adige Sauvignon 2016
Ben scandito da note di erba sfalciata, menta e pompelmo, l’anima semiaromatica del vitigno pone in evidenza intensità e nitore. Incisivo all’attacco, più svagato negli allunghi.
Valle Isarco Kerner 2016 ( da vigneti in Fié e Tiso)
Elegante, succoso, pervasivo, dagli invitanti profumi floreali, dalle suggestioni di uva moscato e dalle nuance di pesca matura, è una imponente corrente d’acidità a spingere le trame sulla verticalità e sullo slancio gustativo. Il residuo zuccherino contrasta e rimpolpa da par suo, garantendo equilibrio e gradevolezza. Senza dubbio il vino più fine di oggi.
Alto Adige Moscato Giallo 2016 (vendemmia fine ottobre/novembre)
Buona definizione aromatica e buona chiarezza espositiva, ad annunciare un vino impettito, pulito, fresco, beverino, senza mai risultare tagliente.
Alto Adige Gewürztraminer 2016
Anche in questo caso, come già fu per il vino di Gumphof, mi convince l’originalità espressiva, che si muove sul piano del contrasto e del chiaroscuro, lasciando affiorare la sapidità. E’ fibroso, rugoso, scattante, profumato, e in sua compagnia starai bene.
Davvero elegante ‘sto Chardo, in cui la timbrica del rovere si risolve in un delicato commento fumé, in accenti “cerealicoli” e in un tatto carnoso. Scortato da note di agrume e fiori, è in grado di spingere confortato da una struttura adeguata e da un adeguato anelito di purezza.
Alto Adige Schiava 2016
Assume la dimensione del vino semplice e compagnone. Ma la Schiava è anche questo, e quella parte gli viene proprio bene.
Zweigelt “Roan” 2013
La manifattura e l’affinamento ne hanno smussato l’ardore giovanile: il tratto appare civilizzato, la tattilità levigata, il tannino assai morbido. Insieme concorrono ad ammansire la sanguigna selvatichezza della prim’ora, per restituirgli un respiro ordinato, accogliente, disciplinato, screziato dai sentori del cuoio e delle erbe officinali.
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LA MAGIA CONTADINA DEL MASO WASSERER
A Novale i Mock producono invece due vini bianchi a partire dal 2013, le cui uve traggono vantaggio dai substrati porfirici e dai terreni ferruginosi e parzialmente argillosi di quel versante, nonché da uno stile interpretativo che vede di buon occhio l’affinamento in rovere e l'”ingrassaggio” delle masse dovuto ad un prolungato contatto con le fecce fini.
La fisionomia che se ne esce di lì si fa garante di vini riflessivi, lenti, a lunga gittata, dove la cremosità del tratto e la densità concorrono a delineare profili complessi e mai scontati, adeguatamente sferzati dalla corrente acida e da una leggibile scorta salina, dote quest’ultima a cui la maturità del vigneto saprà apportare maggiore evidenza.
Alto Adige Sauvignon 2016
Profumi silenti, linfatici, di delicata introversione. In bocca è succoso, vivo, ha un bel tatto. Senti che è un vino lento, progressivo, che ancora abbisogna di bottiglia, eppure la sua ritrosia ti intriga perché non dà niente per scontato e non si adagia su facili cliché. Il brivido salino, nel frattempo, annuncia futuro.
Alto Adige Pinot Bianco 2016
Visite in azienda effettuate nel mese di ottobre 2017. Assaggi effettuati da ottobre a dicembre 2017.
Contributi fotografici, in ordine di apparizione: vigneti del maso Gump; vigneti Wassererhof a Novale di Fié, vigneti di Fié con sullo sfondo lo Sciliar