BENITO FERRARA
Non meno risolto, e piuttosto simile nel profilo organolettico, il Terre d’Uva 2017, una selezione delle migliori uve greco dalle vigne di proprietà. Ha carattere, polpa e un palato fresco e continuo nonostante il calore dell’annata e la vendemmia anticipata. Finale che non tradisce l’anima agrumata e saporita del terroir. Meno caratterizzato, ma comunque piacevole, il Fiano di Avellino Sequenzha 2017, che fin dal nome (mancava giusto un Fiano di Avellino per completare la serie dei vini irpini) è un buon completamento di gamma.
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VADIAPERTI – TRAERTE
E le attese non vengono smentite. Il Coda di Volpe Torama 2017 traduce il suolo calcareo-arenaceo e il vecchio vigneto (70/80 anni) che vi dimora in un bianco vibrante, solcato da ficcanti riduzioni minerali, agile e incisivo al palato, ricco di sapore, tagliente, verticale. Queste sensazioni laminate – caratteristica costante, “pattern” organolettico dei bianchi di Raffaele – vengono acuite nel successivo Fiano di Avellino Aipierti 2017 (il nome deriva dal toponimo dialettale di Vadiaperti, che significa “passaggi aperti”, perché situato più in basso rispetto alle zone limitrofe), il quale nasce dalle giaciture più alte del vigneto, da suoli argillosi a matrice calcarea. La tensione è tutta minerale, quasi idrocarburica, i tufi vibrano, il palato è salino, grintoso ed intransigente, lungo, modulato, articolato.
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PAOLO PETRILLI
Al di là della sua eleganza e della sua affabilità come gentiluomo di campagna, Paolo Petrilli mi è sembrato un professionista serio, poco incline ai compromessi, innamorato del proprio lavoro. Il Cacc’e Mmitte di Lucera Motta del Lupo 2017, da suoli calcarei, è un vino finto-semplice e inebriante: sentori di acciuga, cappero, sottobosco, macchia mediterranea! Bocca succosa da morire, tonica, speziata, sanguigna, con garrigue a gogò. Tannino elegante, allungo invitante.
Il Cacc’e Mmitte di Lucera Agramante 2015, da rese più basse (50 ettari contro i 100 del vino precedente) ha colore analogo (un rubino intenso dalle belle trasparenze), profumi floreali, palato polposo, pepato, invitante, scandito da un tannino di qualità e da una consistenza mai statica.
Il Cacc’e Mmitte di Lucera Ferraù 2015 introduce la variabile del legno (i due vini precedenti sono vinificati in acciaio) con barrique usate e non tostate: olfatto screziato da sfiziose note di macchia mediterranea, palato maturo e tonico, con sensazioni di sottobosco, lampone e spezie. Tannino finale che disegna e sostanzia.
Ugualmente passato in barrique e frutto di una vendemmia a fine ottobre, il Nero di Troia Il Guerro 2015 traduce una varietà, spesso al centro d’interpretazioni muscolari, in una chiave varietale-territoriale (acciuga, pepe, macchia) infondendo al palato modulazione, contrasto e sapore.
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COSTA VIOLA & CRISERÀ
Nasce da uve prunesta (quando l’assaggi matura sa di prugna, da cui il nome), malvasia nera, nerello calabrese e gaglioppo coltivate lungo i 25 chilometri di costa terrazzata a gradoni con muretti a secco (le armacìe, appunto) dello Stretto di Scilla.
Un paesaggio mozzafiato, unico, estremo per le forti pendenze della Costa Viola, che si riflette in un vino, vinificato in acciaio, che sprizza temperamento, bellezza, profondità.
Ha colore rubino intenso, profumi di mare e macchia mediterranea che esplodono: elicriso, sottobosco, acciuga. Palato conseguente: succoso, pieno, contrastato, dove si rincorrono i sentori salmastri uniti a sensazioni di prugna.
Il finale è incorniciato da un grande tannino e un grande allungo.
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I VIGNERI
Inutile dire quanto i vitigni locali siano al centro dell’operato produttivo. La cantina è a Milo, contrada Caselle, a circa 700 metri di quota, i vigneti sparsi tra Milo stessa (versante est dell’Etna), Castiglione di Sicilia (versione nord) e Bronte (versante ovest). L’Aurora 2018 (90% carricante, 10% minnella, 850 metri di quota a Milo), ha sfumature balsamiche, tensioni marine e un potenziale ancora da esprimere.
Il Vinudilice 2017 (minnella bianca, minnella nera, grecanico, alicante, a Randazzo, versante nord-ovest del vulcano, 1300 metri di quota) è un rosato intenso, selvatico, tenace, aggraziato. I Vigneri 2017 (90% nerello mascalese, 10% nerello cappuccio) è un rosso di grande lignaggio: ecco il cappero, ecco la cenere, ecco gli ematismi sanguigni. Il palato è succoso, tanto succoso, invitante, con ritorni di lampone, cenere e macchia mediterranea. Persistente quanto contrastato con allungo sottile, filigranato.
Non meno profondo e arioso è l’Etna Rosso Vinupetra 2015 (nerello mascalese più saldo di nerello cappuccio e alicante): ancora la macchia mediterranea, ancora il frutto selvatico, ancora il cappero. Palato pieno di polpa, sanguigno, modulato, continuo, dal tannino elegante e saporito.
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SIVE NATURA
Solo vigne ad alberello allevate secondo pratiche agronomiche rispettose e vinificazioni non invasive. Che dire del Carricante 2016? È carricante all’ennesima potenza: menta secca, sprezzature agrumate, “sudore” minerale, tensioni vulcaniche. Palato teso, contrastato, molto sapido e lungo. Le vigne sono situate tra San Giovanni Montebello e Sant’Alfio, a 450 metri di altitudine, sul versante est dell’Etna.
Il Nerello dei Cento Cavalli 2016 (90% mascalese, 10% cappuccio) fa macerazione in tino aperto e un anno di tonneau. Il nome omaggia uno dei più grandi e antichi alberi di castagno d’Europa. Ha carattere da vendere (cenere vulcanica, pepe, frutto rosso), polpa succosa, elegante tratto tannico, finale sottilmente floreale. Sale la curiosità per i rossi a base di nero d’Avola, per i quali dovremo aspettare ancora un po’: gli impianti sono del 2015, la prima annata vinificata è stata il 2018.
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QUARTOMORO DI SARDEGNA
Per quanto interessante, la carrellata di etichette (le quali riportano tutte degli acronimi) era troppo lunga per abbracciarla nella sua interezza, ma ho assaggiato cose molto interessanti spizzicando qua e là. Il Bovale BVL 2017, ad esempio, proveniente da vecchie vigne ad alberello quasi centenarie e franche di piede dell’Alto Campidano (Marrubiu-Terralba, terreni sabbiosi), ha un’impronta marino-mediterranea che non lascia indifferenti e uno sfizioso registro pepato.
L’MRS 2017 è un muristeddu o bovale piccolo piantato ad alberello su terreni a prevalenza sabbiosa da disfacimenti granitici. Le vigne hanno circa settant’anni e dimorano a 500 metri d’altitudine nella zona di Mandrolisai. Il profilo ricalca quello precedente (cenere, sottobosco, macchia mediterranea, cappero, pepe) ma con tratto più sciolto, longilineo, “piccante”.
Il rosso più rappresentativo in termini di ampiezza ed espressività tra quelli assaggiati è stato il CNS 2016, un Cannonau da vigne ad alberello di 65 anni ubicate nella zona di Dorgali, nel nuorese. Accanto al registro salmastro dell’acciuga e del cappero, questo rosso ha un’invitante polpa fruttata, un avvincente carattere materico, una continuità gustativa dinamica e persistente.
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Contributi fotografici dell’autore
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