Da Montalcino a Montenero d’Orcia il passo è breve: pensieri ilcinesi e incontri

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A dir la verità l’idea era un’altra: ritornare in quelle terre che mi avevano visto crescere come giovanissimo “enofita”, ritrovare persone care, fare qualche scorribanda “liquida” e raccontare il tutto. Poi le cose sono cambiate.

Avevo salutato questi posti sei anni fa, prima di partire per un cambio di vita. Mi congedai dalle vigne e dai colori pastello delle crete senesi, dai sorrisi e dagli abbracci sinceri di un tempo. Ricordo le frasi di augurio dei miei amici toscanacci “….. se ti va bene la ti si viene a trovare. Se non ti va bene non fà ‘l bischero: torna accasa, c’hai provato e si ricomincia daccapo. E se te tu fai ‘l bischero ti si viene a prendere e ti si riporta a casa a calci ‘n culo..….”.

Come da piccoli, quando si è presi dall’eccitazione di salire sulle macchinine, mi appresto a percorrere gli ultimi chilometri che dall’uscita della superstrada salgono su fino alla fortezza di Montalcino. Anticipo a memoria ogni curva e ogni cascina; mi chiedo se il paesaggio sarà bello come l’ho lasciato. Lo è. Anzi, lo è ancora di più. Ecco, adesso -mi dico- a destra ci sarà la cantina di tizio, poi dopo a sinistra quella di caio e poi incontrerò quel gruzzolo di case di una bellezza struggente, anche quella una cantina, e poi sul poggetto appena sotto il paese vedrò quella torretta con i mattoni color ocra che virano al rosa quando è il tramonto. E’ ancora così? No, è ancora più bello.

Siamo alla fine di agosto ma ho trovato una cameretta a buon prezzo in centro, mi fermerò per qualche giorno. La mia attenzione viene attirata da alcuni negozi chiusi da tempo lungo la via principale del paese. Ma come è possibile? A Montalcino? Chiedo subito spiegazioni a Livia, la padrona di casa. Mi risponde che da un po’ di anni a questa parte le cose sono cambiate, il turismo si è molto ridotto, anche gli stranieri. Noooo, penso, non può essere a Montalcino!

Per i giorni successivi avevo preventivato dei bei giri di studio. Man mano che scendevo e salivo i declivi tutto era perfetto, un amico toscano mi dice sempre  “a Montalcino un si trova un sasso per terra…”. Mi fermo alla stazione di servizio e chiedo a Mauro, il benzinaio, un bilancio sulla stagione. “ Il turismo è cambiato, è più povero. A luglio s’è lavorato pochissimo. Negli anni buoni s’è tirato il collo ai turisti e adesso ne stiamo pagando il prezzo. Gli stranieri poi si sono stancati di farsi spennare e vanno dove si spende di meno “.

Riparto nuovamente perplesso e nuovamente rapito dalla “grande bellezza“. Una cosa mi salta agli occhi però: ci sono “nuovi” cancelli possenti a sbarrare l’entrata di diverse cantine, quasi ci trovassimo nell’AREA 51, in Nevada. Come mai, mi chiedo, che cantine ora blasonate impediscono così perentoriamente l’accesso? Mi risponde Paolo, che lavora presso una importante enoteca del centro. “Mah, si son montati la testa. Da un pò di tempo a questa parte in molte cantine non ci entri più, devi chiedere all’amico dell’amico.” Ma sarà per fare un pò di selezione, dico io.  “E vabbé ma a far così poi la gente te tu l’allontani, e adesso, più che mai, c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Da anni le cose sono cambiate. Qua si comincia a sentire che le cose non funzionano più “. E tre! penso fra me e me.

Gironzolo nel centro storico in attesa dell’aperitivo e stento a riconoscere l’aria spumeggiante che ho respirato dagli anni novanta fino ai tempi della mia partenza. Mi confronto con Carlo, titolare di un negozio quasi a ridosso del Palazzo del Capitano. Anche lui mi ripete del cambio di passo subìto dal paese. Negli scaffali però non vedo scendere il prezzo delle bottiglie, gli dico. “No, il Brunello si vende ma si sono creati due mondi paralleli. I produttori hanno abbandonato la vita del paese, concentrati come sono nel business, e così il centro ha perso di sostanza. Guardati attorno.”

Stavolta devo lasciarmi dietro tutto il romanticismo di cui mi sono sempre nutrito ed essere obiettivo. La realtà che vedo, a parte le storiche enoteche che ancora spediscono vino in tutto il mondo, è fatta di negozietti di scarsa o dubbia personalità. A dir tanto, a parte una manciata di vetrine, il resto è un copia e incolla di negozietti, alcuni in pseudo franchising, che trovi pari pari anche in Romagna.

Gli artigiani sono andati in pensione lasciando un vuoto importante. Trovavi spesso i produttori che si fermavano al bar per un caffè o un saluto agli amici, vivevano la vita del paese, erano parte di esso. Diverse cantine hanno cambiato proprietà, sono arrivati fondi di investimento stranieri, imprenditori rampanti, miliardari che della cantina ne hanno fatto il proprio giochino. E’ tutto cambiato in funzione del denaro e del prestigio”,  mi conferma Silvia, ristoratrice nei pressi della fortezza. “Ora i vignaioli un li vedi, tutto è vissuto in cantina e il paese ne risente.”

Nelle mie visite ho riscontrato molta più attenzione alla forma. Per carità, tutti i vini adesso, più che mai, non fanno una piega. Si è come disperso però il senso di appartenenza e il legame che il vino crea con l’ambiente da cui proviene. Si è perso lo spirito di condivisione, quello vero, sostituito da un’essenza “formal-cosmopolita” che ti fa vendere le bottiglie.

Nei giorni successivi vago con occhi e orecchi più obiettivi, provando una sensazione di decadenza rispetto al tempo che fu, e ne soffro. Decido per qualcosa di alternativo. La strada che più mi piace percorrere quando mi trovo fra le colline ilcinesi è quella che dall’obelisco di Chia va verso il Passo del Lume Spento e scende fino all’Orcia. Vigne, terre rossastre e castelli fanno da cornice. L’ultima tappa del viaggio è Montenero d’Orcia, appena di là dal fiume, qualche chilometro da Poggio alle Mura in direzione sud, sulla vecchia strada che conduce verso l’Amiata.

Ho un amico là, Flavio Biserni, oste e anima dell’Antica Fattoria del Grottaione. Conobbi Flavio nel 2002, aveva aperto da qualche mese ed io vagavo solitario senza una meta. Riconobbi subito in lui la “toscanità” più generosa e allegra. E un animo gentile, semplice e sognatore. La storia da lì a breve lo avrebbe messo alla prova facendogli vivere sulla pelle onori e oneri, e lui a rispondere senza mai reinventarsi bensì perseverando.

Non penso sia stata fortuna quella di saper navigare attraverso i vari periodi di mutamento che si sono succeduti e che ancora si succedono, riuscendo a rimanere saldi e fiduciosi del proprio operato. E’ che lui per il mestiere dell’oste c’è proprio nato, e penso che il buon Dio ripaghi così queste persone. Arrivo di sorpresa e senza dire niente gli mostro una cosa che porto sempre con me quando vado a trovarlo, il formaggio di fossa di Sogliano, quello vero però. Dopo sei anni stenta a riconoscermi, ambedue cresciuti ma meno saggi di prima. Alla vista della leccornia associa subito il formaggio al volto. L’abbraccio silenzioso che ne è seguito non si può descrivere, lo si può solo vivere. Mi accompagna nella meravigliosa terrazza dell’osteria che si affaccia sulla val d’Orcia, una visione che mi ha sempre lasciato senza fiato e che ricordo spesso nei miei sogni ad occhi aperti. Riabbraccio, dopo tanto tempo, Amanda, la sua collaboratrice in sala fin dall’apertura della locanda. Allora ragazza e oggi donna, pure lei è schietta, solare, verace, appassionatasi fin da subito a quel mondo così legato alla terra. In cucina saluto Alessandro, Sherazade e Albina, tutti contagiati dalla forza vitale di Flavio. Mi permetto l’assaggio di qualche piatto. La cucina dell’Antica Fattoria del Grottaione è un’accordo sottile con il tutto: di questo la mia anima aveva bisogno. Il piacere del palato si fonde con la visione della Val d’Orcia, che di rimando muove in me infinite emozioni.

In compagnia di Flavio, di Amanda, dei ragazzi e della loro cucina, ritrovo il senso vero di questo viaggio, e cioè che un’abbraccio sincero vale mille volte di più dei vanti e delle glorie. Vi lascio con questa frase presa a prestito ma che racchiude quello che, vivaddio, in quei giorni ho provato e ritrovato:

Ringrazio mio padre Giuseppe che mi ha insegnato il rispetto per le cose che la natura ci dà. Ringrazio gli amici produttori di tutti i giorni, Dario per il suo vino, Giorgio e Davide per i meravigliosi olii extravergine. Le buone ricotte e i formaggi del Fiorino e di Angela. Il buon pane di tutte le mattine dei nostri amici fornai. Grazie ai miei collaboratori che mi sopportano ancora e grazie a tutti gli amici di questa bell’Italia da bere e da mangiare.” (Flavio Biserni)

Marco Bonanni

Sono cresciuto con i Clash, Bach e Coltrane, quello che so del vino lo devo a loro.

2 COMMENTS

  1. Che l’animo gentile di chi si dedica a far gustare del buon cibo, possa essere gratificato dalla presenza costante di visitatori che sappiano apprezzare luoghi così particolari.

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