Mercoledì 15 aprile
Chiuso dentro casa sento il tempo rintanarsi in una bolla di silenzio interrotto solo dai rumori domestici. Nell’assenza del traffico cittadino fuori tutto sembra immoto. Si alternano le giornate con il loro meteo ondivago e lo spazio dove vivo assume sempre più i connotati di un sogno o di una vacanza dalla vita. La mente galleggia e non bastano i quotidiani o i telegiornali per accertare il disastro reale che sta succedendo nella città dove abito, nella regione cui appartiene la mia anagrafe, nello stato di cui sono cittadino, nell’Europa di cui faccio ancora parte, nel mondo che mi circonda. Staccato ormai dalla vita comune, dalla realtà ordinaria, tutto appare come un’astrazione. A riportarmi a contatto con la cronaca è la gravità di un lutto esposto all’ingresso del condominio. Il coronavirus sta uccidendo delle persone.
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Giovedì 16 aprile
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Venerdì 17 aprile
Leggo Tristia di Ovidio, le strazianti elegie che il poeta scrisse durante il suo esilio a Tomi, sulle coste del Mar Nero, ai confini dell’Impero (oggi Costanza, attuale Romania). Al di là delle ipotesi formulate dagli storici, i motivi dell’ostracismo voluto dall’imperatore Augusto sono tuttora avvolti nel mistero. Ovidio confessa che «Sono due le ragioni che mi persero, un carme e un errore» e di quest’ultimo non parla, per non riaprire vecchie ferite all’imperatore: preferisce concentrarsi sulle colpe imputate al suo Ars amatoria, messo al bando e ingiustamente tacciato di essere «poema infame».
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Sabato 18 aprile
Le cronache dicono che ci sono 355 malati in più e 575 decessi. Il 4 maggio non ripartiranno bar e ristoranti. La Lombardia rimarrà chiusa per il rischio della seconda ondata.
Stappo uno dei vini del mio cuore, il Vin Santo Giusto di San Giusto a Rentennano, un Vin Santo del Chianti Classico orfano di denominazione da ormai un po’ di tempo e sempre impressionante per complessità aromatica e concentrazione gustativa. Annata 2009. Ne sorseggio solo un paio di bicchieri, voglio godermelo anche nei prossimi giorni come toccasana serale: l’ossigeno lo farà ulteriormente librare. Frutta secca, fico imbottito, funghi champignon, terriccio, note balsamiche, liquirizia, caramello al sale e una viscosità senza fine…
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Domenica 19 aprile
Il cinema non è mai stato così vicino alla struttura delle Variazioni Goldberg di Bach. In Intrigo internazionale un reticolo di linee viene disegnato su una superficie verde che si rivelerà essere quella riflettente di un grattacielo. In Psyco, scanditi dall’aguzza, ansiogena partitura per soli archi di Bernard Herrmann, i titoli sono composti e scomposti da una serie di barre grigie e nere che entrano indifferentemente da destra e da sinistra, dall’alto e dal basso, visualizzando la geometria della scissione, tema centrale del film. Bass disegnò anche lo story board della celebre scena della doccia (dopo la quale il cinema non sarebbe stato più lo stesso), ma contrariamente a quanto si mormora non diresse nessun ciak.
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Lunedì 20 aprile
Prima pioggia dopo una serie di giornate soleggiate.
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Martedì 21 aprile
Piove ancora. Giornata grigia, uggiosa.
«Per la prima volta dopo due mesi calano i malati, ma resta l’emergenza Milano. Sulla app i dubbi di Google e Apple. Timmermans, Ue: dite sì al Mes, serve ai vostri medici eroi. Conte frena la Lombardia. Il 4 maggio riaperture parziali, il 18 i negozi» (la Repubblica).
In tv danno Blue Steel – Bersaglio mortale, poliziesco muscolare di Kathryn Bigelow. In una scena Jamie Lee Curtis, aggredita, scivola di schiena sulla parete come sua madre trent’anni prima nella doccia di un certo motel…
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Mercoledì 22 aprile
I giorni trascorrono indolenti.
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Giovedì 23 aprile
Vedo nottetempo un film dall’impressionante forza d’urto, Warrior di Gavin O’Connor. Due fratelli ex lottatori di MMA (Mixed Martial Arts) – un eroe di guerra che ha disertato, un professore di fisica che per arrotondare partecipa a incontri clandestini – si ritrovano a combattere sul ring e a fare i conti con un padre ex alcolista (Nick Nolte) che ne ha combinate di tutti i colori. Prova di straordinaria aderenza fisica per i due attori protagonisti: il britannico Tom Hardy, noto per il suo trasformismo (Bronson di Refn, Il cavaliere oscuro – Il ritorno di Nolan, Locke di Knight, Revenant di Iñarritu), e l’australiano Joel Edgerton.
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Venerdì 24 aprile
Certi attori danno il meglio in tarda età. Così, superata la sessantina, Costner è John Dutton, il proprietario di un ranch-latifondo nella serie televisiva Yellowstone: un uomo autoritario che lotta contro tutti, un padre-padrone che non tollera disobbedienze, quel tipo di personaggio che lo stesso Costner combatteva in Terra di confine. Vicino a lui Kelley Reilly, che interpreta la figlia Beth, business woman di ghiaccio dal passato traumatico, è una vera forza. Yellowstone è la Valle dell’Eden del nostro tempo?
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Sabato 25 aprile
Accuso la monotonia. Sento, quasi improrogabile, l’esigenza di sciogliere i muscoli, di riavviare le articolazioni, insomma di fare una lunga camminata all’aperto invece che i soliti quattro piani di scale dall’appartamento alla cantina, dalla cantina all’appartamento.
Anniversario della Liberazione.
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Domenica 26 aprile
Leggo Concupiscenza libraria di Giorgio Manganelli. Su giornali e riviste sono piovute tante comprensibili recensioni: il Manganelli “saggista” è perfino più brillante del Manganelli narratore. Ma in passato nessuno ha letto le Laboriose inezie pubblicate da Garzanti e La letteratura come menzogna uscito sempre da Adelphi?
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Lunedì 27 aprile
Guardo il mondo dalla finestra di casa, scrivo al computer, indosso la mascherina, esco a fare la spesa. La giornata è nuvolosa, grigia. Mi aggiro per la città come il personaggio di un film distopico. Guardo gli altri come un potenziale pericolo, così come gli altri guardano me. Una signora anziana attende il proprio turno per entrare in edicola sostando sulle strisce pedonali. Ce ne sono altri intorno a lei. Faccio loro presente che è pericoloso stare in mezzo a una strada, poco dopo una curva, potrebbe sempre passare un’auto o un’ambulanza, ed è la volta gusta che la prendono stretta, ci sono i marciapiedi per fare le code. Devo ripeterlo due volte, sottolineando che la pandemia non annulla le regole del codice stradale anche per i pedoni. Mi guardano storto. Una donna alza gli occhi al cielo. Ho sempre più l’impressione essere un estraneo, di vivere in un sogno.
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Martedì 28 aprile
I Barolo di Marco sono vocati alla concentrazione del frutto (che spesso elargisce note esotiche) e alla potenza della struttura, senza che questo ne prevarichi il carattere. Non fanno eccezione i 2016, anzi, considerando la perfezione dell’annata, ne sono l’emblema. Ho una preferenza per la scioltezza del Mariondino (cru di Castiglione Falletto) rispetto alle fodere vellutate del Bussia e del Mosconi (cru di Monforte d’Alba), giusto per una questione di terroir, ma non trascurerei le virtù del base o “classico”, che è sintesi di ambedue. C’è un nuovo nato in casa Parusso, l’Alba Vegliamonte 2016, da una doc di recente fondazione, che propone lo stile della casa in un classico taglio albese (nebbiolo più saldo di barbera) da uve che provengono dalla Cascina Baconotta in località Santa Rosalia. Vedo che ho scritto un pezzo che si avvicina più a una recensione che a una pagina di diario. Riprenderò quest’ultimo nella prossima puntata. Nel frattempo, chiudo con il fragore di piccoli frutti rossi, di peonie e di rose canine del sorprendente Brut Parusso 2015, un metodo classico rifermentato in bottiglia con l’uso del mosto.
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