Stasera però un paté in crosta di oca selvatica mi ha portato via da qua. Mi ha condotto nella Francia che amo e che non ho qui con me. L’eterna provincia, gli spazi immensi, lì dove non esistono assembramenti, se non di sogni.
C’è tutta l’arte antica della charcuterie, qua dentro, e se dell’animale non si butta via niente, qui ne hai una sublimazione e un esempio.
Ma ci sono anche i petits dejeuners sur l’herbe protetti dall’ombra buona delle foreste dell’Ardèche; la Loira che scorre lenta, scavandoti dentro, lungo i ponti sospesi dell’Anjou, il paté in una mano, un vin moelleux da uve chenin nell’altra (che ci si sposa da dio).
E la luce assoluta della campagna del Berry, l’isolamento struggente delle Cèvennes, dove vi respiri purezza, i contrafforti di Puy-en-Velay che annunciano altri mondi, come l’Alvernia.
Un sapore incisivo ma fermo, nobile, composto, felicemente contrastato dagli erbi spontanei di Trescolli e dalla freschezza acida del cetriolo marinato.
La cucina di Angelo Torcigliani ( “Il Merlo“, Lido di Camaiore, Versilia, Italia) è una cucina degli affetti e un continuo evocare, “con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
Mescola i ricordi ricomponendoli in un qualcosa di verosimile e coerente, in compagnia del quale ti sentirai bene.
Stasera, con un paté, mi ha fatto volare via da qua. Non era facile.