Memorie estive tra la Toscana e la Puglia/1: Val d’Orcia

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Parte 1 – Val d’Orcia: La Val d’Orcia è Patrimonio dell’Unesco dal 2004 e questo può essere interpretato come sigillo di garanzia dei tesori storici, termali, paesaggistici ed enogastronomici custoditi dall’intera vallata. Un’area ubicata nel profondo sud della Toscana, subito sotto Siena, e che annovera città famose in tutto il mondo come Montalcino e Montepulciano, per non parlare dei loro vini. E se Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano fanno la voce grossa, l’Orcia Doc, racchiusa tra questi mostri sacri dell’enologia, sta lentamente alzando il tono da quell’anno 2000, data di costituzione della denominazione. Poco più di 150 ettari vitati per una produzione poco inferiore alle 300.000 bottiglie dove il Sangiovese è il protagonista assoluto.

Venire una settimana in questo posto “magico” durante un periodo di dieta “detox” forse non è stata la scelta più saggia ma, tra un giro in mountain bike nelle mitiche strade e un bagno ristoratore alle terme, mi sono concesso di visitare qualche cantina nei paraggi di Bagni Vignoni.

Quando parli con Marco Capitoni, grazie a quel suo aplomb e a quel modo gentile e affabile di spiegarti il suo lavoro e la sua terra, sembra di parlare con un lord, gli riconosci quel physique du role degno di un ambasciatore o meglio, dell’ambasciatore della Val d’Orcia! Il suo Podere Sedime, nei pressi dell’incantevole Pienza, si estende su poco più di 5 ettari condotti in agricoltura biologica dove il Sangiovese è ovviamente il vitigno principe.

TROCCOLONE 2020: Sangiovese in purezza che viene affinato in anfore da 5 hl lisciate a spatola. Inizialmente, nel 2001, erano state provate sia le botti piccole che le grandi ma dal 2015 la scelta è caduta sulle anfore. Le anfore di Marco ossigenano 4 volte di più del legno e, come dice lui, sono come un buon amico: ti dà tutto ma non perdona niente. Dunque una scelta ardua ma garante di ottimi risultati se conosci la qualità della materia prima e sai lavorarla come merita. È un Sangiovese “luminoso” dove il frutto viene espresso al massimo in un tripudio di ciliegia fresca e succosa con contorno di ribes e mirtillo, al floreale di viola si sussegue uno sbuffo balsamico. Al palato è fragrante e morbido al contempo grazie ad un’acidità e a dei tannini molto educati, i 14 gradi sono perfettamente armonizzati. Un vino che definirei un “falso” facile ossia un vino giovane di buona beva ma pure ricco di sfumature intriganti se vi si presta attenzione.

CAPITONI 2017: la percentuale di Sangiovese varia a seconda dell’annata e, in questa, siamo su circa 90% e resto Merlot. Annata piuttosto calda che ha ridotto la produzione a sole 12000 bottiglie rispetto alle usuali 20000. Anche la gradazione ha spuntato qualcosa in più raggiungendo i 15 gradi. La vinificazione è separata e in acciaio, l’affinamento invece li vede uniti in grandi botti di rovere di Allier per 2 anni. Al naso la marasca e la piccola frutta nera si fanno ben sentire rispetto alla fine speziatura, di pepe specialmente, e al floreale di viola. Al palato ancora la frutta in primo piano, poi la speziatura e un finale che richiama la mandorla dolce. Ben equilibrato, nonostante i 15 gradi il sorso è sciolto grazie anche ai tannini gentili e all’apporto sapido-minerale.

CAPITONI 2016: annata equilibrata con uva molto bella, un 5% in più di Merlot a discapito del Sangiovese e mezzo grado in meno. Di fatto è la prima annata con prevalenza di affinamento in legno grande. Al naso è elegante, più austero del precedente, il frutto richiama soprattutto la mora e la piccola frutta nera, il floreale è più delicato, increspato da nuance balsamiche e di sottobosco, infine la sottile e pungente speziatura dolce a chiudere il quadro. La bocca è armonica e avvolgente, delicatamente accarezzata da una trama tannica fine, le sensazioni olfattive vengono confermate anche al palato e la vibrante tensione acido-minerale guida bene l’allungo.

FRASI 2016: è il vino top dell’azienda, viene prodotto solo nelle annate migliori e raccoglie il frutto di un ettaro di vigna piantata nel ’74 da suo padre e i suoi zii. È il vino che incarna l’essenza, la filosofia e la poesia di Marco: una vigna, una botte, un vino. L’uvaggio è 90% di sangiovese, il restante 10% è composto da canaiolo e un piccolo apporto di colorino, le fermentazioni sono spontanee, i rimontaggi e le follature manuali, l’affinamento è fatto in botte da 33 hl di Allier per 24 mesi e infine sosta in vetro per almeno un anno. Mancando il Merlot, il Sangiovese può esprimersi in tutta la sua profondità, con quel rigore nobiliare che lo contraddistingue, e quando le origini lo permettono, ovviamente. Si apre leggiadro ed elegante su note floreali e di marasca, quindi le erbette aromatiche e una fine speziatura, infine i delicati terziari di cuoio e tabacco. Al palato non è da meno, l’acidità e la sapidità tracciano un sorso dritto e profondo, austero e raffinato al contempo, ben rifinito dalla pregevole qualità dei tannini e di consistente persistenza.

CAPITONI PER VENTENNALE: uscirà a fine anno per festeggiare, come dice Marco, “vent’anni di vita, vent’anni di viti”. È un uvaggio della vendemmia 2017 che vede predominare il Merlot sul Sangiovese, circa 60% e 40%, e che affina in barrique nuove. Un vino che esula dalla filosofia degli altri prodotti, una diversificazione talvolta necessaria in ottica aziendale. Da circa un anno in bottiglia è quasi pronto per essere messo in commercio, sebbene vini di questa complessità e potenza richiedano più tempo per essere apprezzati al loro massimo. La dominanza Merlot si fa sentire con un fruttato vigoroso e una vena vegetale di sottofondo. In bocca è potente, i tannini e alcune asperità della gioventù non riescono ad intaccare più di tanto la morbidezza e la rotondità complessive. Il futuro è roseo, anzi rubino intenso: chi saprà aspettare saprà godere.

Dopo un velocissimo passaggio dall’azienda familiare Sante Marie di Vignoni – dove ho potuto apprezzare Il Curzio 2015, Sangiovese in purezza affinato in botti medio piccole di rovere per circa 8 mesi, un vino strutturato e dai toni seriosi – sono andato a visitare l’adiacente e nuovissima Tenuta Sanoner, di proprietà dell’omonima famiglia originaria di Ortisei titolare del prestigioso resort spa Adler Thermae di Bagno Vignoni. Messe a dimora le prime barbatelle nel 2010, la cantina è stata inaugurata a fine 2016. Una cantina moderna, progettata nel massimo rispetto della natura con una filiera a caduta e perfettamente integrata nel paesaggio, pur senza rinunciare all’estetica fine a se stessa e al piacere di degustare i vini affacciati sul meraviglioso paesaggio della Val d’Orcia. La tenuta si estende su circa 30 ettari, di cui 12 saranno dedicati alla viticoltura, biologica all’inizio e biodinamica dalla vendemmia 2020. Le etichette riportano il nome di Aetos, aquila in greco, simbolo da sempre legato alla famiglia Sanoner.

AETOS SPARKLING ROSE’ BRUT MILL. 2019: partiamo con una bollicina metodo Charmat da uve Sangiovese, che si presenta di un rosato tenue corredato di un perlage fine per la tipologia. Al naso è fresco e di buona intensità spaziando tra il floreale, la piccola frutta rossa e un leggero agrumato. Il sorso è più intenso, la piccola frutta rossa evidenzia le fragoline di bosco e una certa dolcezza richiama il miele. Se l’acidità e la sapidità non sono così manifeste, la persistenza è comunque apprezzabile.

AETOS EXTRA BRUT: di fatto è un metodo classico millesimato 2017 con sboccatura 2020 da Sangiovese con un piccolo apporto di Chardonnay, che sosta sui lieviti 24 mesi. Dorato chiaro e dotato di fine perlage , rivela un naso particolare: il floreale di ginestra, la frutta bianca e la susina gialla, un po’ di salvia a guarnizione. In bocca è ampio e rotondo, con un’acidità più evidente rispetto alla mineralità, e una buona persistenza.

AETOS BIANCO TOSCANA 2020: Un bianco da 12, 5 gradi a base di uve greco e un po’ di chardonnay. Si apre su note floreali e di frutta bianca con un accenno di lime. Al palato scivola molto bene, complice una spiccata acidità che incentiva il sorso. Non particolarmente complesso né strutturato, si fa apprezzare per la facilità di beva.

AETOS ROSE’ 2020: un rosato da Sangiovese al 100% non da salasso, dalle delicate nuance. Rosa, fragolina e un leggero vegetale in evidenza. Un rosato in stile provenzale ma di una certa struttura, dal nervo sapido-minerale interessante, che suggella l’eleganza francese col carattere toscano.

AETOS ORCIA SANGIOVESE 2018: Sangiovese in purezza da fermentazione spontanea in tini di cemento, malolattica in acciaio e affinamento, in parte, di almeno in 12 mesi in botti di vario formato e provenienza. Rubino brillante e trasparente, è dotato di un buon fruttato e una discreta speziatura, mentre in sottofondo aleggiano un leggero vegetale e floreale. La bocca è corrispondente, rotonda grazie ai tannini di buona fattura e a un equilibrato apporto acido-minerale. Di media persistenza, mantiene la giusta tensione durante il sorso e l’armonia complessiva ne favorisce i più disparati abbinamenti, nonostante i 14 gradi dichiarati. Sul finale si fa sentire un po’ di dolcezza del rovere.

AETOS ORCIA SANGIOVESE RISERVA 2017: oltre all’annata, varia l’affinamento, che dura un anno in più in barrique e tonneau. I toni si fanno più scuri sia alla vista che all’olfatto, il frutto sa di marasca e del suo nocciolo, di piccola frutta nera, al floreale si associa l’humus e alla speziatura le note ematiche. Al palato è armonico, la trama tannica è fine e il legno ben integrato. Sempre in evidenza i sentori primari, supportati dalle intriganti dolcezze della speziatura e dei terziari. La sapidità e l’acidità fanno la loro parte, a garanzia di un finale di buona persistenza.

Non so se esiste il mal d’Orcia, ma una volta che ci vai non vedi l’ora di tornarci, quei paesaggi da favola intrisi di storia e contornati da un’enogastronomia di livello sono, a dir poco, inebrianti per chiunque abbia un pizzico di sensibilità.  Le foto che seguono non rendono giustizia ma secondo me vale la pena aprirle.

Leonardo Mazzanti

Leonardo Mazzanti (mazzanti@acquabuona.it): viareggino…”di scoglio”, poiché cresciuto a Livorno. Da quando in giovane età gli fecero assaggiare vini qualitativamente interessanti si è fatto prendere da una insanabile/insaziabile voglia di esplorare quanto più possibile del “bevibile enologico”. Questa grande passione è ovviamente sfociata in un diploma di sommelier e nella guida per diversi anni di un Club Go Wine a Livorno. Riposti nel cassetto i sogni di sportivo professionista, continua nella attività agonistica per bilanciare le forti “pressioni” enogastronomiche.

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