Cantina Settecani e l’arte di sperimentare: Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Rosé Metodo Classico Settimocielo

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Riguardo la versatilità dell’uva lambrusco è già stato scritto tutto, nonostante ciò ogni qualvolta mi ritrovo al cospetto di un nuovo prodotto, di un’idea di vino in grado di rompere gli schemi e sbalordire mantenendo un rapporto fedele e coerente con il varietale, rimango sempre affascinato. E’ il caso del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Rosé Metodo Classico Settimocielo, il nuovo nato in casa Settecani, storica cantina di Settecani di Castelvetro (MO) che vide i natali nel 1923.

In Emilia, così come in gran parte d’Italia, le cooperative vitivinicole – soprattutto negli ultimi 20-25 anni – sono porti sicuri dove approdare, la differenza la fa sempre e comunque l’occhio vigile dei proprietari e dello staff enotecnico che detta ai conferitori un protocollo ben preciso da rispettare scrupolosamente. Tra queste affascinanti colline modenesi un gruppo di 48 viticoltori ha unito le proprie forze e con tenacia, spirito imprenditoriale e visione d’insieme, è riuscito a dar vita a quella che oggi è probabilmente una delle più storiche cooperative vitivinicole del territorio.

Sono passati ormai quasi cento anni da quel giorno e la filosofia è rimasta la stessa, ovvero quella di una grande impresa familiare, tuttavia i soci oggigiorno sono ben 150. L’attività si estende su 400 ettari di vigneto e una produzione di 50.000 quintali di uva all’anno. Il protagonista indiscusso è il lambrusco grasparossa, assieme ad altre tipologie dell’uva principe dell’Emilia quali ad esempio salamino o sorbara, ma anche altre varietà quali pignoletto e trebbiano.

Inutile spiegare il significato del nome Settecani, avendo citato il comune in cui è ubicata la Cantina, ovvero Settecani di Castelvetro; l’ennesima conferma di quanto l’azienda sia legata al territorio dove alleva le proprie uve, e dove tramanda le antiche tradizioni. In realtà, volendo approfondire, il toponimo risale addirittura al XII secolo e come spesso accade è proprio una leggenda a narrare le origini, in questo caso davvero curiose: un giorno sette uomini, durante il lavoro, si lasciano scappare esclamazioni blasfeme di fronte al passaggio di una processione religiosa; la punizione divina per tale comportamento fu quella di essere trasformati in cani. Tale leggenda viene ancor oggi tramandata dalla cooperativa tanto che sull’antica facciata della cantina sono scolpiti i musi di sette cagnolini.

Veniamo dunque al protagonista del mio articolo, anche in questo caso il numero 7 torna inesorabilmente, ovvero Settimocielo. Attraverso il metodo classico, tipologia di vino tutt’altro che facile da realizzare, Settecani intende rivelare tutto il carattere dell’uva lambrusco grasparossa con l’obiettivo di donare al consumatore un senso di territorialità e coerenza. Le parole di Paolo Martinelli, presidente del Gruppo, sono chiare ed inequivocabili – Per la nostra cantina Settimocielo rappresenta una tappa fondamentale della nostra storia quasi centenaria. Il nostro primo metodo classico, infatti, vuole segnare idealmente il lancio di un nuovo corso produttivo che ci porterà ancor di più a farci apprezzare come produttori di una specifica area territoriale del Lambrusco. In questi anni abbiamo lavorato sia in vigna, con la selezione di esposizioni e altitudini peculiari, sia in cantina, attraverso microvinificazioni su piccole partite di uve, con l’obiettivo di far emergere nel bicchiere le sfumature organolettiche del grasparossa portate in dote da questo contesto agricolo –.

Trattasi di un unico vigneto, con vent’anni d’età, situato a 425 metri di altitudine nel comune di Puianello, sul confine meridionale del comune di Castelvetro di Modena, esposizione a nord-est. Questo fazzoletto di terra gode di un microclima particolare dove la ventilazione è costante durante tutto l’anno, inoltre buone escursioni termiche nel periodo estivo-autunnale e terreni calcarei, ricchi di micro e macro elementi, assicurano alle uve – e di conseguenza al vino – aromi importanti e doti di grande freschezza e bevibilità, caratteristiche che in un buon spumante metodo classico non devono mai mancare.

Andrea Graziosi, enologo della cantina, avvalora la mia tesi. Di seguito le sue parole – All’interno di questo vigneto è presente un particolare clone di lambrusco grasparossa che si caratterizza per una contenuta resa per ettaro, una acidità elevata e un grappolo spargolo con buccia spessa. Tutte caratteristiche che ci hanno spinto a voler intraprendere questa nuova avventura che intende donare una veste differente al Lambrusco Grasparossa, fuori dagli schemi classici ai quali siamo solitamente abituati quando pensiamo ai vini che si ottengono da questo vitigno, pur mantenendo integre le sue caratteristiche più tipiche –.

Le uve, vinificate in purezza, vengono vendemmiate a mano durante i primi dieci giorni di settembre, dunque in leggero anticipo rispetto al solito. Si parte da una pressatura soffice, segue la prima fermentazione in tini di acciaio, successivamente il vino viene posto in bottiglia per la seconda fermentazione e secondo il metodo classico. Affina per ben due anni prima del dégorgement, e nel caso del campione che mi appresto a degustare quest’ultimo è avvenuto nel 2022, da una vendemmia del 2019.

Credits Danila Atzeni

Tinge il calice grazie ad una tonalità rosa piuttosto chiara che ricorda il colore della ciliegia, il pérlage è minuto e continuo, le bollicine formano cordoncini ben allineati che in controluce amplificano la verve cromatica. Al naso un dolce ricordo di amarena, ribes rosso e fragolina di bosco; pennellate floreali di violetta – anche in caramella – e un mix di agrumi tra il pompelmo rosa e il mandarino. La bocca è pervasa da un’ondata di freschezza che accompagna tutto il sorso, qua e là stuzzicato da vibrante sapidità e una leggerissima sensazione tannica. Quest’ultima non disturba affatto, tutt’altro, contrasta alla perfezione il più classico degli abbinamenti regionali: piadina con squacquerone, rucola e Prosciutto di Parma DOP 24 mesi.

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Contributi fotografici dell’azienda, eccetto dove indicato

 

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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