Le storie possono sedurre, lo so. La storia di Carema è una di queste. Esclusiva, eroica, drammatica, nell’immaginario è assurta ad archetipo di storia della viticoltura resistente, e gli ingredienti che la compongono sembrano fatti apposta per conquistarti a prescindere. Facile cadere nelle suggestioni.
Poi ne assaggi i vini e realizzi che non c’è suggestione che tenga: quei vini non potevano che essere così, per appartenere a quella storia e per eguagliarne la capacità evocativa.
C’è un’ammirevole coerenza, lo senti, così come l’urgenza a rimarcare una interiorità enormemente dispiegata, dove il profondo si svela nella levità.
Quasi che la smisurata grazia del loro disegno volesse ricordarci per sempre quanta bellezza ci saremmo persi, a non dar seguito alle storie.