Vinitaly e le altre

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Si è conclusa la stagione delle manifestazioni di livello nazionale nate e cresciute intorno al vino. In maniera del tutto arbitraria possiamo dire che la stagione si apre con il Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti FIVI (che dalla prossima edizione si trasferirà da Piacenza a Bologna) e si conclude con il Vinitaly, che nonostante la pandemia e la guerra in atto in Europa continua ad essere un punto di riferimento per il B2B del settore vitivinicolo.

E in effetti quello che si nota negli ultimi anni, e che si sta accentuando proprio con le ultime tornate di questa stagione, è una segmentazione degli eventi in due comparti chiaramente distinti : le fiere per professionisti del settore e quelle per consumatori/appassionati. In passato questa divisione non era così netta, tanto è vero che al Vinitaly si ritrovavano folle di appassionati ed enofili alla ricerca della possibilità di assaggiare vini altrimenti inarrivabili o comunque raramente disponibili per il grande pubblico.

Oggi, sia per una politica dei prezzi dei biglietti selettiva, che per un accesso consentito in alcuni giorni ai soli professionisti, il Vinitaly si è ormai affermato come evento orientato chiaramente al settore Business.  Sia per questo motivo, sia perché la tipologia di produttori sta cambiando velocemente ( stanno nascendo e sono nate in questi anni molte aziende “artigianali” e di piccole dimensioni, più orientate verso un rapporto diretto col consumatore), si assiste a un fiorire di eventi enoici in tutte le regioni italiane e in tutti i contesti produttivi, ognuna smaniosa di distinguersi e di caratterizzarsi per un particolare punto di vista. Comunque sia, sempre orientate all’incontro col consumatore finale e, se possibile, alla vendita diretta delle produzioni esposte. Come citato prima, uno degli archetipi di questa tipologia è senz’altro il Mercato dei vini dei vignaioli indipendenti.

Di questa manifestazione, che abbiamo visitato a novembre nell’ultima edizione piacentina, si apprezza lo spirito immediato degli stand e la modalità di mercato, dove il consumatore viaggia per le corsie con i carrelli della spesa e assaggia e compera parlando direttamente con i vignaioli. Un evento consumer oriented che in qualche modo si è appropriato del pubblico degli appassionati che pure avevano affollato i padiglioni dei Vinitaly degli anni 2005-2015.

Che la formula sia vincente lo dimostra il continuo aumentare delle aziende partecipanti e del pubblico, che ha fatto lievitare i numeri della manifestazione da poche centinaia di aziende partecipanti a quasi 900. Considerando che al Vinitaly quest’anno erano presenti circa 4000 aziende, i numeri del Mercato FIVI sono numeri importanti.

Nella nostra visita al Mercato FIVI abbiamo incontrato una serie di aziende che si distribuivano, nella scala delle dimensioni, dalle micro aziende alle aziende importanti sia per blasone che per estensione, tutte egualmente presenti in stand identici e variamente disposti (questo perché nella distribuzione delle aziende non si segue un ordine alfabetico ma si preferisce ruotare le postazioni negli anni..). Tra quelle che abbiamo avuto il tempo di visitare ricordiamo Terenzuaola con il Permano Rosso, un Vermentino nero che veleggia verso l’eleganza di un pinot nero e che sorprende (ma non tanto, conoscendo Ivan Giuliani) per freschezza ed equilibrio.

Altro incontro interessante è stato quello con ZöhlHof, maso altoatesino situato in Valle Isarco che con un approccio bio vinifica con rigore le varietà locali quali il Sylvaner,il Gewurztraminer e il Muller Thurgau . Interessante e

particolare il Sylavaner Greil, con una bella freschezza aromatica e gustativa e una decisa tipicità.  Degno di nota e di assaggio l’Aurum, una cuvée dei tre vitigni citati che si evidenzia per finezza e complessità aromatica, per diffusione e persistenza.

Passando al Monferrato, in particolare la zona di Ovada, assaggiamo i vini del Castello di Grillano, insediatasi in zona dal 1930. I vini bio sanno di antico non per la qualità ma per lo stile austero legato alla tradizione. Un ottimo ricordo ci lascia il Gherlan, un Dolcetto dall’eleganza e la stoffa inequivocabili, che si sviluppa su sentori fruttati maturi e su un substrato tannico setoso e avvolgente che conduce ad un finale leggermente caldo ma equilibrato. La visita si conclude senza sapere che non torneremo il prossimo anno a Piacenza, dato che nel frattempo la FIVI ha deciso di spostare il proprio mercato a Bologna.

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Verona rimane invece saldamente capitale del vino italiano, nonostante i tentativi che da varie parti si susseguono, con un Vinitaly giunto quest’anno alla 55a edizione.

Come detto in precedenza, il salone si è evoluto verso un pubblico di professionist,i innalzando barriere virtuali e pecuniarie per raggiungere questo traguardo. In questo modo si ha certo meno ressa e meno problemi di organizzazione, ma forse si rischia di perdere appeal, per quei piccoli produttori che vanno alla manifestazione per incontrare il cliente finale o il piccolo distributore e che vengono regolarmente ignorati dai grandi gruppi di distribuzione,  sia per le esigue produzioni che per problemi di logistica e costi.

Nei due giorni trascorsi al Vinitaly abbiamo fatto alcuni incontri significativi che ci hanno confermato come la produzione enoica italiana sia multiforme e in piena evoluzione.
Passando agli assaggi e partendo dal nord, abbiamo incontrato La Vrille, azienda situata in Valle d’Aosta nel comune di Verrayes, a 670 m s.l.m.  Azienda relativamente giovane ( la prima vinificazione è del 2005), si è concentrata sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni valligiani. Tra questi, nati su terreni morenici e sabbiosi, abbiamo assaggiato il Cornalin 2020, dal colore rubino intenso, fluido, al naso ricorda le erbe di montagna, un vegetale mentolato, con una freschezza gustativa accattivante e un finale succoso.

Ancora più raro è il Vuillermin, di cui in Valle d’Aosta si contano solo 10 ettari coltivati, varietà imparentata con il Fumin ed il Petit Rouge, lo assaggiamo nella versione 2019 passata in legno. Bel colore rosso rubino intenso e profondo, note ampiamente fruttate da lamponi e mirtillo, bocca ampia, fresca, con tannicità equilibrata e finale lungo.

Passando ad altra regione e ad altro tipo di vino, ci ha incuriosito un Rosato di Lunaria (Orsogna), il Cerasuolo d’Abruzzo Pettirosce 2022, biodinamico dalle note fruttate e floreali di particolare nitidezza. L’azienda in questione ha fatto propri i principi della biodinamica da lungo tempo ed è certificata Demeter; produce molti altri vini con varie particolarità, molti dei quali legati a tradizioni locali o a temi ambientali.

Passando in Piemonte in compagnia dell’amico Renato Zucchini, incontriamo l’azeinda Bava. Cantina storica dell’astigiano in quel di Cocconato, si distingue per l’eleganza dei vini e la qualità delle sue Barberam che porta avanti con rigore e passione. Ultimamente, attraverso il brand Cocchi, è stata avviata una produzione di spumanti Alta Langa di pregevole fattura. In particolare  menzioniamo qui Totocorde 2017, un Alta Langa ricavato da pinot nero e chardonnay che dopo la presa di spuma riposa 48 mesi sui lieviti prima della sboccatura. Il dosaggio finale, che lo pone nella categoria Brut, è ben amalgamato alla stoffa del vino. Al naso è complesso e agrumato, con rimandi ai fiori e alla frutta candita. In bocca la freschezza e la cremosità della bolla accompagnano agrume candito e una leggera nocciola, che si avverte meglio nel finale. Sempre per Bava non potevamo non assaggiare Libera 2021, la Barbera d’Asti affinata in acciaio e bottiglia. Lo stile diretto, fresco, di ottima bevibilità e gradazione misurata (solo 13,5 %), consente a questo vino di sprigionare note di frutta matura, confettura di amarene, pepe. In bocca è morbido e avvolgente, con sapidità notevole.

Rimaniamo in Piemonte per un rapido ma significativo assaggio da G.D. Vajra. Siamo nel cuore delle Langhe, nella zona di Vergne  – comune di Barolo – dove ha sede l’azienda. Ci accoglie Aldo Vaira con la sua amicale cortesia e ci propone il Claré J.C., un Langhe Nebbiolo dove la ricerca della immediatezza e della territorialità fanno al differenza. Un vino da incontri in amicizia e spensieratezza , nei quali sicuramente il suo frutto elegante e immediato e la sua bocca fresca e intrigante faranno la loro parte.

L’altro vino che  desideriamo assaggiare, perché è sempre un marker dell’annata per qualità e costanza, è il  Barolo DOCG Bricco delle Viole 2019. L’ultima annata in commercio, e proprio per questo stimolante nella sua interpretazione di un millesimo che in Langa ha fornito ottimi risultati: molti commentatori hanno definito la 2019 un’annata classica.

Passando all’assaggio, il colore rosso rubino medio con riflessi porpora fa presagire una gioventù che non si accompagna però a disarmonie. Anzi, l’esuberante giovinezza si accompagna ad una eleganza ben delineata e ad una trama di bocca setosa e strutturata, che procede con linearità.

L’ultimo assaggio in Friuli sulle ali della memoria. Molti anni fa visitai l’azienda di Giovanni Dri , all’epoca famoso soprattutto per il Verduzzo di Ramandolo, e lì assaggiai un vino che dopo tanti anni ho potuto rincontrare al Vinitaly: il Monte dei Carpini 2020. Chi assaggia questo vino, tratto da uve schioppettino, non può non riconoscere la tipicità del vitigno e la particolarità del profilo aromatico.  Questo è un vino dai profumi speziati, pepati, con un tannino evidente e una freschezza che non ne attenua il nitore; porta con sè una tipicità e una capacità di abbinarsi a piatti sostanziosi, come lo sono quelli friulani, che lo rendono compagno ideale di questo tipo di cucina.

Si conclude così il nostro resoconto dei due grandi appuntamenti che hanno dato inizio e fine alla stagione dei grandi eventi sul vino dell’anno 2022/2023, non senza aver notato (e apprezzato) la vitalità di questo mondo e la sua capacità di evolversi e migliorarsi.

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Lamberto Tosi

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