Dell’azienda Feudi abbiamo già avuto modo di parlare in diverse occasioni ed altre ce ne saranno, oggi il protagonista è questo vino, espressione di un rosso vincente proprio in casa di un produttore più conosciuto per la produzione di grandi bianchi … e diremmo anche strepitose bollicine. Alle spalle di un ventaglio di offerte davvero notevoli, oltre al nome non indifferente di Riccardo Cotarella, vero vate dell’enologia, ci sono illustri professionalità come quelle del professor Attilio Scienza o dell’agronomo Pierpaolo Sirch, nonché l’istrionico Anselme Selosse, maître à penser del nuovo champagne e noto deus ex machina delle riuscite bollicine made in Feudi. Una squadra di sicuro successo che pone l’azienda nelle migliori condizioni per promuovere al meglio un gran numero si etichette di valore, agevolando così un marketing già agguerrito e vincente di suo. Ma veniamo al nostro Serpico, il cosiddetto “Barolo del sud” che nel panorama produttivo di Feudi rappresenta una vera nicchia: dalle 30.000 alle 60.000 bottiglie su un totale di circa 3.800.000 di cui un 25% votato ai rossi (con il Rubrato a farla da padrone).
E qui entriamo in scena anche noi, con il nostro personale racconto di questo viaggio sensoriale nella “vita” del Serpico, narrata in modo inequivocabile dalle sei annate di seguito riportate, assolutamente rappresentative dell’evoluzione di questo vino e del suo carattere varietale unico.
Grande annata, pluridecorata in ogni guida, ha un bellissimo colore rubino, carico e concentrato. Al naso offre un bell’impatto fruttato, in cui la marasca costituisce la base olfattiva, dove la viola, la liquirizia ed una leggera tostatura accompagnano un finale timidamente speziato; pepe nero e coriandolo si integrano in una morbida amalgama di legno ed accenni di terra umida. L’entrata in bocca colpisce per uno spunto acido freschissimo, poi esce il tannino, deciso ma senza eccessi; il finale libera tracce di mineralità ed una sapidità che sviluppa una piacevole salivazione. Fresco, equilibrato, già gradevole, ma con prospettive di longevità ancora emozionante.
Serpico 2003
Estate torrida, ma gli oltre 500m di quota e l’esperienza del 2000, che ha portato al cambiamento della tecnica di allevamento, risparmiano all’uva qualunque danno; le radiazioni solari vengono mitigate e si consente la maturazione vegetativa e polifenolica. I profumi si rivelano più maturi dell’annata precedente, ma la frutta non sconfina mai nella confettura; si avverte più nitida la traccia di humus e compare un accenno di tabacco a completare un bouquet comunque privo di qualunque pungenza alcolica e di ruvidezze legnose. Al palato ancora stupisce per freschezza e sapidità, la frutta è dolce ed i tannini soffici; il finale è apprezzabile per lunghezza e per un arricchimento speziato a base di liquirizia nera e dolce. Un prodotto decisamente più evoluto, ma assolutamente integro.
Serpico 2001
Atra annata gloriosa che ha visto perfino il riconoscimento di un 96/100 da parte di Robert Parker. Aromi complessi di polpa concentrata, mora e marasca matura, rabarbaro e timo secco, corteccia di china e ancora humus; un accenno mentolato introduce il finale dove si aprono note dolci di caffé e cioccolato. L’ingresso gustativo è vellutato, avvolgente e di grande coerenza, la complessità olfattiva si riversa sulle papille con un eccellente equilibrio sapido/tannico; fresco e lunghissimo tiene ottimamente nel finale di cioccolata e liquirizia che per via retronasale prolunga il godimento. Un vino oggi perfetto che può esprimersi ancora a lungo, per molti anni ancora potrà raccontarsi diversamente e … perché no, meglio.
Serpico 2000
Estate torrida che ha fatto le sue vittime, ma che nonostante tutto è stata ben gestita nella produzione di questo vino. Al naso infatti non c’è traccia di “cotto”, il vino però risulta più evoluto, con aromi più maturi, in cui la frutta vira quasi nella confettura, conservando però un bel finale ancora speziato con sentori di cacao. Al palato non stona e ricalca fedelmente l’impronta aromatica, evidenziando uno stadio evolutivo più avanzato, con una benefica balsamicità, una piacevolezza fatta di tannini ben arrotondati. ed un abbraccio calorico efficace. Una gustativa accessibile e pronta che non lascia intravedere grandi margini di longevità, ma che lo rendono, dopo otto anni, di ottima beva nel breve.
Serpico 1999
Questa è una delle annate storiche del Serpico, un primo grande successo che il tempo avrebbe poi rinnovato più volte, a conferma della bontà del vitigno e del valore espresso in questa sua particolare interpretazione. Questo è anche l’ultimo anno dell’etichetta vecchio stile. L’annotazione sul colore, che non sempre riportiamo, va qui evidenziata per l’ammirevole impenetrabilità che lascia spazio solo a tracce di granato nell’unghia. I profumi si esprimono con un bouquet floreale appassito in cui la lavanda fa da cornice a note fruttate più tenui, quasi di composta; la speziatura finale ricorda il caffè, la terra umida e la liquirizia che qui è sotto forma di radice. Il gusto che si apprezza all’assaggio esalta una sostanza di tutto rispetto, rivelando un’estrazione rimarchevole su cui i tannini decisamente morbidi, ma percepibili, accompagnano la tessitura di fiori secchi e confettura; la chiusura regala per via retronasale un bel disegno speziato ed una trama acido-tannica che permane a lungo sulle papille. Un vino maturo, caldo, di bella coerenza gusto-olfattiva, espressione di un Serpico esemplare.
Serpico 1996
Il Serpico nasce nel 1995 e questa seconda uscita, in cui la mano di Riccardo Cotarella ancora non è presente, rappresenta ancora una fase sperimentale. Proposto con una bella magnum, offre al naso un approccio selvatico, con note animali che introducono il tema fruttato fatto di prugne secche e carruba, poi la chiusura speziata di cuoio, canfora e concia. Al palato è saporito, ancora sapido nonostante l’età e privo di qualunque accenno di ossidazione; la trama fruttata è fedele e nel finale si arricchisce di note di liquirizia. Un vino che esprime una meridionalità ancora decifrabile, in cui i profumi pur non elegantissimi mostrano incisività e personalità apprezzabili; meglio in bocca dove una struttura di stampo diverso dalle moderne concezioni rossiste lo rende comunque interessante. Non possiamo non annotare l’ottima impressione di un prodotto che, vinificato sicuramente in modo diverso da quello attuale, nasce buono di suo e si offre oggi con uno smalto che i dodici anni di età non hanno quasi intaccato.
Nella seconda immagine: Riccardo Cotarella. Nella terza: Marco Gallone