Sole, mare e… vino a Formentera!

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Formentera è una piccola isola delle Baleari, proprio di fronte alla più famosa Ibiza. Rispetto alla “movimentata” sorella maggiore, Formentera vanta un’atmosfera più rilassata (anche se un po’ modaiola, specie in alta stagione), un mare fantastico e alcune delle più belle spiagge del Mediterraneo. Che c’entrano le Baleari con il vino vi starete chiedendo? Beh, quando uno è malato al punto da andare a cercare cantine vinicole anche su un’isoletta sperduta, alla fine il vino un suo posto lo trova!

In realtà la storia della vitivinicoltura su quest’isola ha origini molto antiche. I primi riferimenti raccontano di vigneti coltivati da monaci eremiti intorno all’anno 1200. Le epidemie di peste dei secoli successivi portarono allo spopolamento dell’isola e al conseguente abbandono della coltura della vite, che riprese solo nel XVIII secolo quando, dalla vicina Ibiza, alcuni coloni si ristabilirono definitivamente sull’isola. La produzione incrementò nei due secoli successivi e diede luogo a un significativo commercio dei vini di questa regione sotto l’indicazione geografica Vino de la tierra de Formentera. Oggi la vitivinicoltura è una delle principali attività agrarie dell’isola e sono circa 60 gli ettari coltivati a vigneto, il 13% del totale della superficie agricola utilizzata. La varietà autoctona e predominante è il vitigno monastrell. Molti lo identificano con il mourvedre – vitigno francese usato nel Rodano nell’uvaggio dello Chateneuf du Pape e assai diffuso in Provenza, dove a Bandol sembra aver trovato terra d’elezione – anche se questa associazione non è ancora stata definitivamente certificata. Altri vitigni utilizzati sono tempranillo, fogoneau, cabernet sauvignon e merlot, tra i rossi, e  malvasia, premsal blanc, chardonnay e viognier tra i bianchi.

Durante il mio soggiorno ho visitato una delle più recenti cantine costruite sull’isola: Celler Terramoll. Si trova sull’altopiano di La Mola, uno dei punti più alti e ventilati. Inaugurata nel 2000, ha messo in commercio i primi vini nel 2004 e 2005. Tra le sue vigne si trovano sia varietà internazionali sia piante a piede franco. <<E’ impossibile determinare con esattezza l’età delle piante più vecchie>> – mi ha raccontato il giovane enologo. <<Sono piante che muoiono e rinascono di continuo, il cui materiale genetico ha probabilmente almeno 200 anni. Così nello stesso vigneto convivono piante di 80 anni, di 50 e di 30. […] Qui il clima è molto caldo e secco, con poca acqua. La legislazione non permette l’irrigazione e quindi le rese sono naturalmente bassissime. Raramente arriviamo a 60 quintali a ettaro, e comunque il disciplinare non ne prevede più di 85. In queste condizioni sono i rossi e i rosati i vini che si trovano meglio, anche se noi di Terramoll abbiamo voluto puntare molto anche sui bianchi e produciamo anche uno spumante!>>. Uno spumante con questo clima e su questi terreni proprio non me lo immagino…e infatti non saprei che dirvi visto che non l’ho assaggiato! Ho invece provato gli altri vini dell’azienda.

Sui bianchi,prevalentemente a base di viognier, possiamo passare velocemente. Hanno una chiara impostazione internazionale, tanto legno, rotondità, grassezza. Tirando le somme il più interessante mi è sembrato un blanc-de-noirs ottenuto dalla vinificazione di uve Merlot: niente di trascendentale, ma singolare il colore di un rosa pallidissimo che tende quasi al grigio, al naso è molto fruttato e poi in bocca ha una sferzata acida che non ti aspetti e lo rende abbastanza piacevole.

Il “rosado” (come dicono da quelle parti) è ottenuto da un uvaggio di varietà internazionali e di monastrell. E’ molto fresco al naso, con una nota erbacea che si mescola a nuances di frutti di bosco. All’assaggio si mostra un po’ esile, ma con una discreta acidità e un finale lungo e pulito. Sufficiente.

I rossi mi sono sembrati senz’altro più interessanti, anche se di nuovo l’uso del legno appare un po’ troppo spinto. I due prodotti più che più mi hanno convinto sono il Crianza 2004 e il Monastrell 2008. Il primo è il flagship wine (il vino di punta) dell’azienda: uvaggio di merlot e cabernet sauvignon, è molto concentrato, ha profumi eleganti e profondi, su toni molto scuri. In bocca mi sorprende per una freschezza che non gli avrei dato a priori, con una bella sapidità, e tannini nobili e ben integrati a sorreggere una struttura e una persistenza ammirevole. Il monastrell quasi in purezza (ha una piccolissima aggiunta di merlot) è un vino più giovanile, di un colore molto limpido e brillante. All’olfatto predominano gli aromi di frutti maturi: fragola, ribes, una bella ciliegia. In bocca è evidente il passaggio in barrique, anche se il frutto, saporito,  è molto vivo e succoso, e, complice un tannino molto ben lavorato, risulta infine assai piacevole.

Beh, che dire? Non si tratta certo di vini della vita, ma se prossimamente vi dovesse capitare di fare un bagno di sole e relax su questa splendida isola, anziché bere qualche vinaccio italiano di dubbia provenienza o l’onnipresente “sangre de toro” fate un pensierino a queste piccole cantine. Vanno incoraggiate!

Franco Santini

Franco Santini (santini@acquabuona.it), abruzzese, ingegnere per mestiere, giornalista per passione, ha iniziato a scrivere nel 1998 per L’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Pian piano, da argomenti tecnico-scientifici è passato al vino e all’enogastronomia, e ora non vuol sentire parlare d’altro! Grande conoscitore della realtà vitivinicola abruzzese, sta allargando sempre più i suoi “confini” al resto dell’Italia enoica. Sceglie le sue mète di viaggio a partire dalla superficie vitata del luogo, e costringe la sua povera compagna ad aiutarlo nella missione di tenere alto il consumo medio di vino pro-capite del paese!

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