JESI (AN) – Come spesso accade, tutto ciò che è lontano e diverso ha su di noi quel fascino esotico che attira la nostra attenzione. Tuttavia, se per un attimo ci distraiamo e il nostro sguardo cade su quello che ci è accanto, vi scopriamo quasi meravigliati una grande ricchezza e varietà di aspetti che ci fanno capire quanto valga la pena conoscerli. Questa filosofia ispira l’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT), nato nel 1999 da un accordo tra produttori vitivinicoli delle province di Ancona, Macerata, Pesaro-Urbino e che adesso conta ben 1.181 produttori di uve delle 16 Doc della regione.
Partendo dall’idea che produrre bene non basta per assicurarsi il mercato, l’IMT si occupa soprattutto di “fare sistema” in una realtà caratterizzata da una forte miniaturizzazione aziendale, costruendo dei percorsi che promuovano il brand Marche nella sua totalità sia sul territorio italiano che all’estero, per togliere quella patina di regione cenerentola di un’Italia centrale spesso identificata con la Toscana e l’Umbria. Per tale motivo, nel settore vitivinicolo, il consorzio si muove tra la formulazione di progetti che possano fornire fondi europei alle aziende per poter migliorare la propria produttività e i supporti necessari per penetrare più profondamente in un mercato dove da soli potrebbero avere difficoltà ad emergere. Oltre a questo, l’IMT si è occupato anche della formulazione di schede di riferimento per la degustazione dei vini del territorio che, se per qualche scettico possono sembrare un’imposizione volta a danneggiare il giudizio imparziale, in realtà diventano delle utili guide per chi conosce poco i prodotti e riceve degli stimoli utili per approfondire la propria analisi.
Nella cornice della parte più antica della città di Jesi, che ha dato i natali a Federico II di Svevia, ospitati all’interno dell’Enoteca Regionale delle Marche, grazie alla guida dell’IMT è stato possibile viaggiare per la regione stando comodamente seduti e degustando alcune delle D.O.C. e delle D.O.C.G. rappresentative della produzione regionale. Partendo dal Brut, il Verdicchio dei Castelli di Jesi D.O.C. Spumante prodotto nella zona di Cupramontana, in provincia di Ancona, vino ricavato da verdicchio al 100% con raccolta anticipata delle uve, pressatura soffice, pulizia del mosto e fermentazione a temperatura controllata. Per esaltare le caratteristiche del vitigno di partenza la rifermentazione del vino base viene fatta in autoclave come da metodo Martinotti. Di colore giallo paglierino con riflessi verdi, le bollicine di grana media e abbastanza persistenti, presenta un bouquet intenso con sentori fruttati di mela, pesca e banana che sono confermati anche al gusto, dove si riscontra anche una buona persistenza, con ottima acidità; l’abbinamento è col ciauscolo, salume spalmabile tipico della regione.
È stato presentato poi il San Leone, un Bianchello del Metauro Doc, annata 2011, prodotto ad Isola di Fano, in provincia di Pesaro-Urbino, prodotto da uve bianchello al 100% con macerazione pre-fermentativa a freddo dell’uva, pressatura soffice delle vinacce, decantazione statica a freddo e vinificazione in bianco con fermentazione controllata a 18°C. Alla vista il colore è giallo paglierino molto brillante, mentre sia all’olfatto che al gusto presenta sentori molto fruttati soprattutto di mela ed ananas e note floreali di biancospino che si esaltano ancora di più in bocca dove risulta sapido, ben equilibrato senza essere troppo ammiccante. E’ un vino che, come vuole la sua origine isolana, si abbina molto bene ad un pesce cucinato in modo molto semplice, magari alla griglia.
Più strutturato è il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Riserva, Selezione Gioacchino Garofoli, annata 2006. Come vuole la sua denominazione, anche questo vino proviene da uve di verdicchio al 100% raccolte a maturazione piena con accurata selezione, pigiatura soffice dei grappoli interi, pulizia del mosto a freddo e fermentazione a bassa temperatura. Per l’affinamento il vino viene messo 18 mesi in acciaio inox a 14°C e maturazione in bottiglia per almeno 6 mesi in locale termo-condizionato. Di colore giallo paglierino, il vino presenta anche dei gradevoli riflessi dorati, mentre il bouquet si presenta variato con spiccate note di sambuco e sentori fruttati di mela, agrumi, pesca ed un retrogusto di mandorla che ritorna anche al palato, rendendolo meno “ruffiano” e più intenso tanto da poterlo abbinare a pesci pià strutturati e carni bianche.
Dai bianchi ai rossi il passaggio è d’obbligo, soprattutto se uno dei rossi è un Lacrima di Morro d’Alba Doc del 2010, prodotto sempre nella provincia di Ancona e più precisamente a Monte San Vito. Prodotto col vitigno omonimo al 100%, subisce una macerazione pre-fermentativa di 4 o 5 giorni, fermentazione e macerazione di 20 giorni con controllo delle temperature, macerazione post-fermentativa. L’affinamento avviene in fusti di acciaio e per una breve parte in legno. Alla vista si presenta di un bel colore rosso porpora intenso e brillante, limpido con riflessi violacei. All’olfatto invece emergono in modo spiccato la rosa e la violetta, accompagnate da ribes nero, amarena, fragola e lampone. Al palato rispetta le promesse del bouquet, con ottimo equilibrio tra acidità e alcolicità.
Infine è stato degustato il Gianco, Conero D.O.C.G. Riserva del 2007, prodotto a Portonovo, in provincia di Ancona un vino da uve montepulciano in purezza che si ottiene a fine fermentazione dall’assemblaggio delle diverse svinature delle uve raccolte nei vari vigneti, mentre l’affinamento avviene in piccole botti nuove per 18 mesi ed in bottiglia per 8 mesi. Di colore rosso rubino limpido ed intenso, sprigiona un bouquet in cui prevale l’aroma speziato dei chiodi di garofano che si combina con quelli più fruttati di amarena, ribes nero e prugna. Al palato i sentori di ribes, prugna e frutta matura diventano molto più intensi mantenendosi comunque equilibrati.
Insomma, conoscere le Marche sorseggiando ciò che di più tipico la sua terra produce è sicuramente un modo interessante e alternativo per fare un tour in una regione così ricca di arte e ghiottonerie, ed è sicuramente uno stimolo per visitare luoghi che, dati per scontati perché troppo vicini, racchiudono ciò che non può lasciarci insoddisfatti.
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