Sono le vigne che fanno l’anima di una cantina di Langa. Sarà cosi dovunque si faccia vino, ma in queste zone la religione del cru è celebrata in modo profondo. La magia delle diversità dei vini che provengono da terreni con esposizioni, luci e climi continuamente mutevoli stimola la passione, la fantasia e la memoria gustativa degli appassionati dei grandi vini. E non sono fisime: annate ed annate di grandi Barolo e Barbaresco ormai accatastate nelle cantine grazie alla precocissima coscienza dei vignaioli stanno li a dimostrarne la tangibile concretezza.
Quello di Fenocchio è un caso esemplare. Basti pensare al mosaico composto da: cinque ettari nella sottozona di Bussia (la più ampia, che dà quindi luogo al vino prodotto nel numero maggiore di bottiglie, 30mila, ed anche ad una Riserva); all’opposto, il “fazzoletto” del mezzo ettaro nella mitica collina Cannubi, zona Barolo, esposizione sud-est; le vigne di 60 anni del Villero (contro una già ragguardevole media generale di 30) nel comprensorio di Castiglione Falletto.
Non può non fare notizia quindi la scelta di Claudio, ormai insieme ai fratelli e all’ attivissima moglie saldamente alla guida della cantina, di far uscire dall'”anonimato” di un Barolo senz’altra indicazione le uve della vigna Castellero, compiendo l’atto, ripetiamo assai significativo per un langarolo di razza, di elevare una vigna al rango di cru. Ed ecco quindi la nuova etichetta, il nuovo Barolo Castellero di Giacomo Fenocchio, che ha scelto di presentare in anteprima assoluta il 13 febbraio scorso alla Trattoria da Burde di Firenze dei frateli Paolo ed Andrea Gori.
Il nuovo vino, e non poteva essere diversamente , si inserirà nel percorso di casa Fenocchio, un tracciatosaldamente inserito nello spirito e nei metodi della tradizione a tutto tondo. Macerazioni lunghe (trenta giorni, fino al caso estremo di un Barolo 90di, in cui arriva a novanta!), lieviti indigeni, botti grandi (fino a 50 ettolitri) dove il vino soggiorna per due anni. Ma anche la più recente consapevolezza che le basse (non bassissime) rese di uva in vigna (70 quintali per ettaro, 55 nel caso del Villero).
E il futuro della Fenocchio sta ancora nella Bussia, la pregiata sottozona del territorio monfortino, “casa madre” di Fenocchio. Qualche acquisizione di nuovi vigneti potrebbe infatti essere in vista…
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Questo Barolo Castellero 2011, frutto di una annata climaticamente peculiare e che ha visto un marzo piovoso a dare riserve idriche, una primavera calda con relativo anticipo di vegetazione bilanciata da un luglio fresco, e provvidenziali piogge settembrine a rinfrescare, si esprime su un registro olfattivo floreale molto elegante, completato da sfumature di menta. Poi si aggiungono la caramella di ribes e la leggera liquirizia in un quadro assai persistente. Al palato parte subito potente, compatto e saporito; a limitarne lo sviluppo c’è forse solo un tannino “che gratta” e non riesce appieno a distendere il finale. Lo aspettiamo nelle prossime annate.
Barolo Villero 2011. Nasce nel vigneto più vecchio in quel di Castiglione Falletto, di età minima di 65 Anni. Il naso è ampio, gentile, dal frutto delicato ed arioso, complesso e leggero, non privo di una vena floreale penetrante. Parte ampio e ricchissimo di suggestioni, e sfoggia un tannino fine che spinge e conclude una beva dall’andamento ordinato, espansivo e progressivo.
Barolo Bussla 2011. Una linea quasi agrumata affianca al naso le note di menta e liquirizia. Un vino scorrevole, di andamento fresco e dolce che avviandosi al finale cambia improvvisamente marcia diventando esplosivo e pirotecnico. Rispetto al garbo del Villero tende a trascinare con una certa veemenza.
Barolo Cannubi 2006. Naso catramoso, con sentori di gomma, poi balsamico; si distende lentamente, sempre terragno, saporito e croccante entra compatto e potente e prosegue la beva con piglio giovanile e conclude con un finale percussivo.
BaroloBussia Riserva 2006. Bel fruttato gentile in un naso elegante e delicato. Beva fresca e fragrante, vibrante il finale.
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