Quando Maddalena Mazzeschi, grande comunicatrice e ufficio stampa per diverse aziende, nonché scrittrice e amica, mi ha segnalato un bravo produttore friulano, non ho esitato a crederle per due buoni motivi: il primo è che Maddalena è una brava professionista e sa riconoscere il buon vino oltre che individuare i produttori appassionati e attenti alla cultura del vino inteso come espressione empatica di un terroir preciso. Il secondo motivo, non meno convincente del primo, è che ancora devo incrociare un vignaiolo, viticoltore o produttore friulano che sia men che bravo e coscienzioso nel curare la vigna e la vinificazione con impegno e pervicacia fino alla realizzazione di prodotti di altissima qualità.
Non conosco personalmente la famiglia Zorzettig, ma alcuni prodotti di base che avevo avuto occasione di degustare in passato sì, apprezzando in particolare la Ribolla gialla e il Sauvignon; però non avevo mai provato la selezione Myò che, usando le parole della stessa Annalisa Zorzettig: “è un concetto che di anno in anno ci fa proporre solo il meglio”. Infatti non tutti i vigneti selezionati finiscono regolarmente imbottigliati con questa etichetta, che viene dedicata solo ai vini che di anno in anno mostrano precisi caratteri distintivi. Il curioso nome di questa selezione è il frutto di un’attenta ricerca comunicativa, ma evoca anche un senso si possesso e identità, simbiosi delle locuzioni “mio” e “my” che trovano nella storia letteraria friulana un fondamento identitario. Infatti, indagando fra i vecchi scritti in friulano, fu trovata una prima ballata anonima in cui una frase colpì l’immaginario di Annalisa Zorzettig e del suo staff: “Piruc myò doç inculurit quant yò chi viot, dut soti ardit” (mia pera tutta colorita, quando io ti vedo sono tutto ardito). La frase, nella sua semplice intensità, che evidenzia un grande amore per una natura generosa accomunato alla passione per una donna, richiama la famiglia e gli affetti, con un forte legame al territorio … valori autentici per la famiglia Zorzettig, che da generazioni produce vini con il carattere forte dei Colli Orientali del Friuli e del terroir di Spessa di Cividale. Parliamo quindi di orgoglio per una terra e di radici per una famiglia, di amore per le vigne e passione nel fare vino, di rispetto per la natura e di gestione del tempo nella vinificazione, di sincerità e genuinità, di tradizione e innovazione, di sentimenti e sogni.
Con queste premesse, e con un Friulano che per me resta sempre l’inalienabile Tocai, ho voluto concedere a questa degustazione l’accostamento con la cucina dello chef Alessandro Mastroiaco del ristorante l’Enoteca dell’Orologio di Graziano Bernini a Latina, ambientando però il tasting nell’atmosfera magica del Wine Bar annesso e magistralmente gestito dall’amico Cristian, grande intenditore di vini, dal palato fine e dalla passione sfrenata.
Il Friuli Colli Orientali Friulano Myò 2012 è realizzato a fronte di una vendemmia manuale cui seguono 18 ore di macerazione a temperatura controllata di dieci gradi. Successivamente si pressa con delicatezza l’uva, ottenendo un mosto che viene fatto decantare per altre 24 ore in atmosfera controllata e priva di ossigeno, al fine di salvaguardarne gli aromi varietali. Dopo la fermentazione e il travaso, viene lasciato diversi mesi a contatto con le fecce nobili, effettuando batonnage settimanali; questo conferisce al prodotto finale una struttura peculiare e una carica gusto-olfattiva di spessore.
La cena si apre con un tortino di burrata di bufala con tartare di gamberi all’erba cipollina e aromatizzata con scorza d’arancia, un vera leccornia che mette in evidenza la sfrenata fantasia dello chef e, forse, una risorsa imprevista del vino, che tiene botta alla forza opulenta del formaggio per effetto di una spiccata mineralità e di una leggera punta di effervescenza, che con i minuti di decantazione man mano si ferma. Il contrasto fra le note acide del piatto e la freschezza del vino è stato vibrante, mi sarebbe piaciuto avere anche un calice di buon champagne per trovare l’equilibrio perfetto … colpa mia non chiedere al fornitissimo Cristian. Il vino offre dei profumi inebrianti, con un bouquet floreale tipico di fiori bianchi, come il biancospino, nonché fruttato, sul registro agrumato con sfumature di frutta bianca; la permanenza sulle fecce offre un guizzo in più percepibile con aromi soffici di fieno, mandorle e liquirizia.
La portata successiva è un tegamino di parmigiana di zucca a cui il vino si accosta bene per assonanza alla dolcezza della zucca con le fragranze fruttate di gelso e pera matura, ma soffrendo un pochino la mozzarella che prevale al palato. La terza portata si concretizza in un calamaro ripieno con pomodorini e patate, che più di tutti si sposa con la complessità di questo tocai e con la sua forza, dettata da una vinificazione non banale, che richiama quelle trame più solide ottenute altresì con passaggi in legno. Il vino risulta elegante ed esplosivo al tempo stesso, con una croccantezza di beva figlia di un frutto solido, di una freschezza vivida e di un’agilità minerale sopra le righe. Dopo la deglutizione permane una sensazione equilibrata di sapidità e dolcezza che si manifesta in un ritorno di cedro mandorlato piacevole e prolungato.
In chiusura proviamo anche un dolce, il semifreddo al croccante di nocciola con salsa al cioccolato; ovviamente l’accostamento non è ideale e il dolce richiede a gran voce un bel moscato, ma dopo qualche minuto, un sorso del Myò … pulisce comunque il palato. Sorprendente.
nel mio girovagare per le cantine del Friuli,ho sentito solo una ditta che non imbottiglia l’annata 2014,doveto al basso contenuto di gradazione, le restanti aziende come fanno?
Molto interessante il tortino di burrata … in quanto pugliese doc non posso che apprezzare e immagino che sia stata trattata per tenere sia la forma che la consistenza, privandola della parte liquida. Sembra un menù tutto da bollicine, ma incuriosisce la ricchezza aromatica fornita dal contatto con le fecce nobili … non ricordo di aver provato un tocai con questo trattamento e quindi vada per l’assaggio 🙂
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nel mio girovagare per le cantine del Friuli,ho sentito solo una ditta che non imbottiglia l’annata 2014,doveto al basso contenuto di gradazione, le restanti aziende come fanno?
Molto interessante il tortino di burrata … in quanto pugliese doc non posso che apprezzare e immagino che sia stata trattata per tenere sia la forma che la consistenza, privandola della parte liquida. Sembra un menù tutto da bollicine, ma incuriosisce la ricchezza aromatica fornita dal contatto con le fecce nobili … non ricordo di aver provato un tocai con questo trattamento e quindi vada per l’assaggio 🙂