Davide: “In campagna sei da solo, fai il tuo lavoro, ti piace. Io poi dei due sono il più burbero, il più solitario, non ho mai avuto grossi problemi a stare da solo. Mi piace stare fuori, mi dà tranquillità, mi dà pace. Comunque usare gli attrezzi mi piace. Alcuni lavori sono più belli di altri però: per esempio, lo abbiamo fatto poche volte, però arare dona una sensazione che ce ne sono poche, senti il trattore con l’aratro che entra nella terra e sforza, senti proprio rovesciare la terra. E’ una sensazione forte. Lavorare la terra… ti dà… una sensazione di forza. E dopo, quando semini: nascerà, non nascerà? Boh. Perché ci vuole un po’ di tempo. Poi un giorno vedi che spunta. “
Mauro: “ … Ecco, il rispetto per me è la cosa più importante. Quello che hai veramente è tutto quello che c’è intorno. Lo devi rispettare. Io ho dei figli e un domani non voglio che dicano: cosa ci hai lasciato? Noi due abbiamo iniziato questo lavoro e nessuno di noi sapeva farlo; però, quando senti una cosa e la senti forte poi quella cosa si definisce e prende la sua strada, rispettando chi e cosa hai intorno.”
Potrebbero bastare questi stralci di pensiero, e alcune foto, per confezionare l’articolo. Loro sono Davide Castellucci e Mauro Giardini. Fanno parte di quella generazione di produttori neofiti che hanno lanciato sì la freccia verso l’ignoto, ma con un grande desiderio di sentire e capire la terra. Sono partiti da una scelta sbagliata, come dicono loro, cioè da un terreno con esposizione a est. Ed una giusta, ovvero chiedere consulenza a Remigio Bordini. Il quale individua tre zone costituite da argille diverse, in cui vengono messi a dimora quattro cloni di Sangiovese per tentare di raccontare quella che è la collina di Roncofreddo, sulle alture cesenati del Sud-Ovest. I vigneti vengono allevati ad alberello leggermente modificato e personalizzato.
Mi piace sentire ciò che le persone ti trasmettono al di là del suono della parola. Perché la parola sa tessere racconti ma a volte ti porta dove non vuoi andare. E’ stato bello trovare un po’ di tempo per stare assieme a Davide e Mauro. Percepire le diverse “spinte” che li animano. Davide l’ho vissuto come una persona dalla forte individualità. Il suo essere schivo altri non è, forse, se non il desiderio di instaurare un confronto più difficile, un confronto dove non ci si parla ma ci si sente, portato cioè in una dimensione che ti chiede di non ragionare ma di sentire. Lì il linguaggio è fatto di emozioni ancestrali, quelle che in un lontano passato la natura ci aveva insegnato.
Davide: “ … ti devi un po’ adeguare in campagna, perché le cose non vengono quasi mai come vuoi tu e quasi mai hai il tempo di poterlo fare. La natura si muove, ti sembra che vada lenta invece i tuoi tempi non sono mai i suoi e spesso non si può intervenire a proprio piacimento, si può solo fare del nostro meglio… “
La “spinta” che anima Mauro è diversa, lo muove un’etica quasi fideistica, per certi versi. La necessità di dover seguire una strada, un miraggio immaginato, che nel (per)seguirlo ha condotto alla realizzazione di un progetto, di questo progetto. La fiducia che ha dissipato dubbi e paure, che ha dato la forza per guardare avanti nonostante le difficoltà. Mauro, saldo nella parola come un monolite, ti porta con sé nel racconto della loro avventura e ti fa toccare realmente quelle che sono state le difficoltà e le gioie, desideroso com’è di raccontarti nell’intimità la collina da cui nascono i suoi vini. Amante del confronto e dello sperimentare (vedi il progetto del vino in anfora, condiviso con altre cantine romagnole, ciò che ha portato Villa Venti ad una sorta di gemellaggio con i produttori della Georgia), mai pago di raccontare il vino in una sorta di amore e di eterno confronto.
Mauro: “… noi libri bianchi da dover scrivere, perché all’inizio non avevamo una idea. Per arrivare dove siamo arrivati, tre bicchieri, premi vari ecc, vuol dire che tutti hanno spinto nella stessa direzione, che tutti hanno dato il massimo. E dove sapevamo di non riuscire ci siamo fatti aiutare… “
Due vini all’assaggio, che non sono i soli a prendersi tutte le attenzioni di Davide e Mauro. Vi è un senso del perché questi due vini. Il primo è l’inizio di una nuova strada, la strada che prendi quando sei sicuro che quelle prese in precedenza ti hanno portato fin lì. Il secondo è l’inizio di Villa Venti, inteso come punto di partenza. E lo è ad ogni vendemmia.
A 2014 – centesimino 100% (fermentazione in anfore georgiane). Un colore viola brillante e limpido, con profumi di viola in macerazione, note di erba tagliata e peperone verde, arancia e lime, anguria e impercettibili sfumature di incenso. In bocca la nota fresca è il veicolo per instradare sentori di viola e pesca in tisana, tè verde, tabacco biondo e amaretto. Un vino da seguire con molta sensibilità
Primo Segno 2012 – sangiovese 100%
Rubino brillante e note eleganti al naso. Rosa gialla, pepe, tabacco da pipa, fiori rossi in infusione, legno di noce e resina di cipresso, ancora frutti rossi croccanti con un cenno lontano di garofano. In bocca è maschio ma fresco, si porta appresso sentori di liquirizia, frutti rossi in marmellata, pepe bianco, tarassaco, radicchio rosso, grafite, tabacco scuro e tè nero.
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