Sono alloggiato al The Ship Inn, sperduto in una campagna dolce e malinconica, a poche miglia dalla costa. La voce metallica, ma femminile, che mi accompagna in auto suggerendomi strade e stradine, mi ha indirizzato presso questa vecchia casa lontana almeno un paio di miglia da anima viva. Luogo appartato se ce n’è uno insomma, ma che, chissà come mai, già alle quattro e mezza di pomeriggio inizia ad animarsi. Gente ancora in tenuta da lavoro che conversa, ride e socializza con i nuovi arrivati. No, non è un cottage di lusso o una dimora d’epoca, ma un pub con camere, un pub che ha aperto i battenti a metà del XVI secolo per solitari avventori in cerca di ristoro e di un po’ di calore. Non c’è niente allo Ship Inn, ma non manca neppure niente; il bancone di vecchio noce emana odore di birra scura, i pavimenti sono storti come lo sono gli stipiti delle porte, spesso troppo basse. E la cosa si fa difficile dopo la terza pinta. Sembra davvero la casa di Harry Potter. Mi sveglio di buon’ora per preparare lo stomaco alla colazione. Niente da fare, non riesco ad essere pronto per tutto quello che qua cucinano alla mattina. Oggi è sabato ma la settimana è stata molto impegnativa, quindi, dopo il secondo appuntamento, decido di togliermi giacca, cravatta e scarpe di cuoio e, visto che ho sempre le valige in macchina come i veri mercanti, mi metto comodo.
Passeggiamo fra le vigne, godendoci il paesaggio. “ Il nostro principale problema -mi spiega- è la troppa pioggia. E’ molto difficile ottenere gradazioni alcoliche sopra gli 11% vol. Abbiamo scelto il Guyot come forma di allevamento e cerchiamo di far soffrire la pianta il più possibile ma, anche se le piogge sono frequenti, non ci permettono di elevare le gradazioni. Ovviamente non facciamo lavori strani in cantina per aumentare il grado alcolico e cerchiamo così di dare una identità al vino tramite il terroir. Il risultato è buono, siamo una cantina di riferimento, vendiamo bene e, a parte un po’ di storico, in azienda non rimane niente”. Interessanti e non scontati i vitigni che vengono utilizzati, principalmente di origine germanica, che vanno dal classico Müller Thurgau al Baccus, dall’Huxelrebe all’Ortega. Siamo di fronte alle bottiglie: mi stappa quelle a suo parere più caratterizzanti.
Signature 2014 (da uve müller thurgau, huxelrebe e ortega, un incrocio di müller thurgau e siegerrebe).
Tenue e delicatissimo giallo con flebili riflessi verdolini, una tonalità che non ammette sfumature ma che ti fa venir voglia di coccolarlo. Profumi anch’essi sussurrati: fiori e frutti bianchi e gialli, erba appena tagliata, banana e pesca. In bocca è fresco, secco con sentori di agrumi, vaniglia e frutti disidratati come dattero e fico, il finale non è lungo ma siamo pur sempre in Inghilterra.
Baccus 2014 (questo vitigno è il risultato di un incrocio fra sylvaner, riesling e müller thurgau).
Stesse tonalità del precedente, alla vista. Al naso però, oltre a note sottili di agrumi e ginestra, hai anche fragola e caco. In bocca è secco, con note di miele, frutta bianca e tabacco biondo.
Baron Red 2014 (pinot noir)
Al naso lo senti che è Pinot Noir. Allora cerchi di dimenticare la sua origine per approcciarlo come se non lo conoscessi. Il colore è scarico, ai profumi emergono sentori di erba essiccata al sole, leggero goudron e sottobosco. Il balsamico è appena accennato. In bocca è fresco, bilanciato, non potente, e richiama alla mente sensazioni di rosa, pere, carrube, frutti scuri e pepe.
Baron Red 2014 Riserva (pinot noir)
Dichiara 11,5 di alcol. E mi stupisce. Mentre il colore è ancora da stabilizzarsi il resto dimostra una precisa identità. Più tensione al naso del precedente, con profumi balsamici, di viola e frutti neri in confettura. Bocca che esordisce con una tisana concentrata di fiori rossi secchi, assai elegante. Poi frutti neri, dal ribes alle more non ancora mature, e fragoline di bosco. Tannino rugoso, però sopportabile.
Assieme ad Andy discutiamo della delicatezza nell’approccio alla beva di questi vini, ma la cosa che più rimane impressa è il grado di sensibilità e di attenzione che occorre per “ascoltarli”. Questi vini infatti sussurrano, bisbigliano, tutte le sfumature sono terse ma come in sottotraccia. Sono come piccoli tasselli di un tappeto sensoriale. Una stretta di mano decisa e una pacca sulla spalla, infarcite di ringraziamenti e di raccomandazioni, è quello che Andy mi regala. Io di rimando ringrazio di cuore. L’aria si è fatta nel frattempo più pungente e umida di prima, il tramonto fa strizzare gli occhi, odori di legna e di camino suggeriscono che è ora di tornare. Riprendo la strada osservando le ombre degli alberi allungarsi e le lande silenziose della contea che si apprestano ad un nuovo sonno.
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