A PROPOSITO DI PRINCIPESSE
Ma non è soltanto per questa sana idiosincrasia verso il ricamo, la prosopopea e la “compagnia cantante” che amo Castell’in Villa. Castell’in Villa mi piace per la qualità e lo spessore della sua storia, ché trasuda amore senza saperlo trattenere. Mi piace per la forte personalità dei suoi protagonisti, ancor di più in quanto declinati al femminile. Mi piace, soprattutto, per ciò che quella storia è stata capace di conseguire nei suoi primi quarantacinque anni di vita. Difficile rimanere insensibili di fronte a quei vini, di fronte cioè alla loro capacità di scavare nel profondo, per ergersi a “portatori sani di chiantigianità”. Fai davvero fatica ad associargli un tempo, perché ti fanno sentire in dovere di parlare a chiare lettere di genius loci. Sai cos’è? In quei vini ci sta tutto ciò che ho bisogno di sentirmi dire.
Accade allora che, quando le certezze sono in affanno, mi pungoli il desiderio di cercare ristoro a Castell’in Villa. La compagnia di una principessa, d’altronde, è puro privilegio. Ma non per come sareste portati a pensare voi, macché! Nessuna traccia di disciplina comportamentale o di nobiliare altezzosità. Nessun accento retrò, nessuna aura di paludata stagnazione qui. A Coralia Ghertsos Pignatelli della Leonessa appartiene una visione, questo è. Una visione forte, come il suo carattere, e contemporanea, “sul pezzo”, futuribile. Una visione non immune da un comprensibile pragmatismo. E a ben pensarci quella visione, così come il carattere, non può che scaturire da una storia potente vissuta profondamente sulla propria pelle, per arrivare ad acquisire i fondamenti necessari per condurre un’azienda del genere, situata in uno dei territori del vino che contano. E per divenire, Coralìa, una reale donna del vino, senza “compagnie cantanti” alle spalle.
Abbiamo già scritto di Castell’in Villa (leggi qui “Le ragioni della terra e i vini della principessa”). Non ci si stancherebbe mai. L’occasione per l’ennesima, recente visita è legata a diversi motivi, tutti validissimi: assaggiare le ultime annate in commercio; conoscere e recensire in anteprima la nuova etichetta che sta per venire alla luce; apprezzare, una volta ancora, la sorprendente cucina del ristorante (ho l’impressione che in pochi ne conoscano le potenzialità!), godere del privilegio di una compagnia rigeneratrice, stimolante e dialettica quale quella offerta da Coralìa Pignatelli. Il rischio sapete qual è? E’ che se conosci un po’ più a fondo Castell’in Villa, è un attimo che quel posto si tramuti in una tappa sentimentale, prima ancora che professionale. Ci ho pensato un po’ su, realizzando che ogni mestiere, in fondo, porta con sé un inalienabile margine di rischio. Il mestiere di vivere ne è un esempio calzante. Ecco, mettiamola in questo modo: quando sono a Castell’in Villa non ho più paura di rischiare.
LE NUOVE ANNATE E IL PRIMO INCONTRO CON MARCOLFO
Il Chianti Classico 2012 è stato imbottigliato nel mese di maggio 2016 e presenta un assetto puro, naturale, coinvolgente. L’eloquio e la distensione appaiono ancora trattenuti, questo sì, ma il sangiovese colora del frutto di ciliegia la tavolozza dei sapori, e poi l’ottima estrazione tannica depone a favore di futuro, con la stria sapida a metterci la firma.
Il Chianti Classico Riserva 2010 è un Sangiovese importante, nudo e puro. Strepitose la tessitura, la grana e la finezza. Un vino senza moine e senza numeri ad effetto, badate bene: solo essenza di terroir. Ciò che si risolve in una trazione sapido-minerale ineludibile, in una trama infiltrante e prodiga di sfumature, in un allungo perentorio dagli accenti salini, in una compassata signorilità.
Il Chianti Classico Riserva Poggio delle Rose 2010, di contro, sbuffa e spinge cercando di accordare gli strumenti a sua disposizione. Gli umori del sottobosco sono suggestivi. Sapido, forte e terragno, ne intuisci la nobile compostezza anche se la trama, leggermente sfrangiata dal contributo alcolico, si muove oggi più nel verso della larghezza che non della profondità .
Ed eccoci alla novità: il varo di una nuova etichetta. Per una volta, ed è la prima volta, dopo oltre 40 anni di produzioni in rosso votate pressoché esclusivamente all’esaltazione del Sangiovese, approdiamo ad un vino da sole uve foreste. Il cabernet sauvignon, in realtà, ha una sua ragion d’essere -radicata e non banale- a Castell’in Villa, dal momento in cui ha contribuito a disegnare la fisionomia del celebre Santacroce, uno dei supertuscan meno supertuscan che ci sono in giro. Ebbene, non tradisce le aspettative il nuovo Marcolfo 2011, cabernet sauvignon in purezza, qui presentato in anteprima, perché è un vino di grande respiro e grande dignità territoriale. Un bel timbro aromatico di erbe, spezie e terra ne annuncia uno sviluppo articolato, reattivo, incisivo, solcato da un tannino molto fine, a stratificare il finale sulle frequenze di un gusto immancabilmente sapido e caratteriale.
MANGIARE A CASTELL’IN VILLA
Dal menu di una sera di settembre estraggo una selezione di piatti che posseggono i crismi della compiutezza. Non un passo falso, non una mancanza di tensione. Tutti accordati, nitidi, espressivi e golosi. Un equilibrio provvidenziale che respiri a tutto tondo, e che ben accompagna la selezione altrettanto invidiabile dei vini della casa. Sì, è una cucina che ti fa stare bene. Dentro e fuori.
Castell’in Villa – Località Castell’in Villa – 53019 Castelnuovo Berardenga (SI) – info@castellinvilla.com – Tel. 0577 359074; (ristorante 0577 359356).
Visita effettuata nel mese di settembre 2016
Nota finale: Castell’in Villa significa (anche) rispetto. E rispetto comporta di non accludere foto che ritraggano Coralìa, la quale notoriamente non ama essere al centro dell’attenzione (o di una fotografia). Ma non temete, Coralìa esiste, non è un’entità astratta. Vi accompagnerà con grande sapienza alla scoperta delle sue vigne e dei suoi vini. Perché Coralìa non soltanto esiste, ma è principessa, soprattutto, “dentro”.