di Lamberto e Vincenzo Tosi
PIACENZA – Il mercato dei vini organizzato dalla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) all’Expo di Piacenza ha raggiunto dei numeri ragguardevoli. Infatti quest’anno il numero di vignaioli presenti è salito ad oltre 400, e le presenze nei due giorni 26 e 27 novembre ad oltre 9000! La nostra visita è stata domenicale e così, essendo arrivati al mattino, prima dell’apertura abbiamo potuto osservare il rapido incrementarsi dei visitatori che si accalcavano all’ingresso in attesa dell’apertura delle porte. Smaltito il primo flusso siamo entrati nella fiera mercato, dove facevano bella mostra le postazioni dei vignaioli rigorosamente distribuite a caso. Così potrà capitare, se qualcuno intendesse incontrare produttori di una stessa zona, di percorrere diverse corsie dell’ampio padiglione.
Ma veniamo al mercato vero e proprio. Come al solito molti appassionati e gruppi familiari percorrono i corridoi della Fiera, attratti dalla possibilità di parlare con il produttore, di assaggiare i vini e di acquistare direttamente. Ma era l’aria che si respirava che ci ha fatto una bella impressione. Produttori molto disponibili e visitatori/acquirenti interessati e curiosi creavano un mix davvero confortante. Quindi, contagiati dalla positiva impressione, abbiamo fatto qualche assaggio e qualche incontro rimarchevole. Ma andiamo con ordine.
La storia della creazione di piante resistenti alle malattie parte da molto lontano; già all’inizio del secolo scorso si era tentato di produrre, nel caso della vite, ibridi produttori diretti che riunissero le capacità di resistenza alle malattie (in particolare peronospora e oidio) di alcuni ceppi americani, con la qualità enologica della Vitis vinifera. I risultati non erano stati soddisfacenti per due ordini di motivi: questi ibridi mantenevano un patrimonio aromatico della vite americana (il famoso odore foxy) e davano origine a vini con contenuti di alcool metilico potenzialmente pericolosi per la salute umana. Tutto questo aveva segnato una battuta di arresto in questo filone di ricerca per quanto concerne la vite. Nel frattempo, nel mondo della melicoltura, si stavano affermando, e oggi sono ampiamente disponibili, cloni di melo resistenti alla ticchiolatura (la principale malattia crittogamica del melo) e all’oidio. Molte di queste varietà erano in mostra all’ultima edizione di Interpoma svoltasi a Bolzano nei giorni precedenti al mercato della Fivi (vedi foto). Questa nuova linea di cultivar di melo è, a detta di molti, il futuro della coltivazione del melo, dato che permette di ridurre drasticamente i trattamenti antiparassitari e di proteggere l’ambiente.
Nel caso della vite, negli ultimi anni, è ripresa la ricerca puntando non più su ibridi diretti ma su incroci di seconda generazione, con contributi di varietà provenienti dall’ Est Europa. Studi su questi nuovi cloni sono stati effettuati nel corso degli anni sia da università italiane che europee, con risultati molto interessanti in ordine al profilo aromatico, ormai praticamente immune dall’odore di foxy, e al contenuto di alcool metilico ormai sotto la soglia di legge. Ma quello che più interessa è che questi cloni non sono più delle “imitazioni” resistenti alle malattie di varietà conosciute come Cabernet, Merlot o Sauvignon blanc, ma posseggono a loro volta patrimoni aromatici particolari che possono in qualche caso ampliare la gamma di aromi di questi vitigni base per integrarla in maniera armoniosa.
Prova di questa nuova tendenza sono i vini dell’azienda atesina Lieselehof, con sede nei pressi del lago di Caldaro. La presenza al mercato FIVI ci ha fornito l’occasione per assaggiare i vini di una realtà pluripremiata. L’azienda, a carattere familiare, è guidata da Werner Morandell, che oltre ad essere produttore e vinificatore delle proprie uve, è anche un appassionato studioso della vite, tanto da aver creato nella propria azienda un museo dei vitigni dove ha raccolto oltre 340 varietà e che è stato in molti casi la base di studi sui nuovi cloni. La cantina possiede terreni anche nei pressi del passo Mendola, dove ha impiantato un vigneto a oltre 1200 metri slm. Werner è anche l’autore di un libro intitolato “Vitigni Resistenti”, in cui ha raccolto le proprie conoscenze ed esperienze sulla vite e su questi particolari vitigni. L’assaggio dei vini conferma il lavoro fatto dal produttore in termini di ricerca della qualità: il Julian è un vino ricavato dal vitigno bronner e dal vitigno Johanniter. Il bronner è un vitigno selezionato a Friburgo nel 1975 attraverso incroci multipli tra cui rientrano il riesling, il pinot grigio e il San Lorenzo (varietà tedesca riconducibile al pinot nero). Il johanniter è un incrocio tra riesling e un ibrido complesso tra cui vi è anche il pinot grigio. Il vino si presenta limpido, di un bel giallo carico, con note fra l’albicocca e la pesca, di buona freschezza e adeguata struttura. L’azienda lo propone come vino da aperitivo.
Dalle vigne poste a oltre 1200 metri slm provengono le uve del Vino del Passo, prodotto con il Solaris, uno dei più famosi e diffusi di questi ibridi resistenti; selezionato anch’esso nel 1975 come ibrido complesso, nasce da un incrocio tra moscato ottonel, riesling x pinot grigio ed altre varietà. Il vino ha un bel colore giallo dorato, aromi floreali e fruttati tra l’agrumato e l’ananas. In bocca è fresco, sapido, persistente, con buone potenzialità di invecchiamento.
L’ultimo assaggio riguarda il metodo ancestrale Clarice, che ci dà l’occasione di parlare di un altro vitigno importante nella tipologia: il Souvigner, incrocio di cabernet sauvignon e bronner. Il metodo ancestrale, come molti sanno, è un metodo di elaborazione che prevede la messa in bottiglia di vini non completamente fermentati, che completeranno quindi la fermentazione in bottiglia causando la presa di spuma.
Il Clarice è uno spumante dai profumi leggeri e dalla grande freschezza. Il nerbo del cabernet si avverte in una certa ruvidità dei tannini che comunque amplifica la persistenza. Una bella degustazione che ci apre prospettive interessanti nel campo dei vitigni resistenti.
La nostra passeggiata fra gli stand prosegue con la degustazione dei vini della Tenuta San Marcello, in provincia di Ancona. Tra le varie etichette proposte abbiamo assaggiato il Lacrima di Morro d’Alba, tratto dal vitigno omonimo, un vino dall’intenso intenso colore rosso tendente al porpora e dal caratteristico aroma fruttato che ricorda il moscato; al palato è intenso, strutturato e relativamente tannico, un vino che prevede abbinamenti di elezione con salumi e formaggi e risulta sempre interessante per la nota olfattiva.
In generale dunque una bella manifestazione, dove c’è spazio per il commercio ma anche per l’incontro e la condivisione. Sicuramente un evento da non perdere.
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