Gli avvenimenti che cambiano il corso degli eventi spesso avvengono in sordina, magari ben pubblicizzati ma poi frequentati da pochi. E’ sempre così, circostanza probabilmente spiegabile solo con le leggi di Murphy. Ebbene, stavolta io c’ero. Esserci è uno dei pochi modi per sentirsi vivi, e per essere presenti a noi stessi. Eppure ogni singolo momento della nostra giornata tipo viene speso a rincorrere l’orologio per cercar di sistemare un’esistenza pre-confezionata, con azioni atte a soddisfare le necessità altrui, inglobati in un sistema altamente competitivo che ci rigetta qualora la nostra “performance” non sia stata “all’altezza”. A ricordarci che siamo vivi sono quei pochi momenti speciali che avvengono nella nostra vita. A volte non ce ne rendiamo conto immediatamente, ma con il passare del tempo il ricordo riaffiora in tutta la sua evidenza e ci folgora infondendoci calore e commozione.
Dicono che i simili si attraggono, o erano gli opposti? Ah no, i simili stanno con i simili, era questa la frase. Forse. Sta di fatto che alla prima edizione di Enologica, anno domini 2003 in quel di Faenza, due dei produttori romagnoli che oggi sono qui mi rimasero impressi. Mi entusiasmarono i loro vini, in particolare un Albana rigorosamente maturato in magnum e un Riesling. Il primo, con le sue note minerali, mi ricordò alcuni vini della Loira. L’altro, con profumi eleganti di idrocarburi e frutta candita, mi rese incredulo nell’accettare che fosse stato concepito e prodotto a Brisighella. Mi innamorai a pelle del lavoro di quei produttori e continuai a seguirne l’evoluzione.
In seguito il gruppo di questi vignaioli “arcaici” è cresciuto, perfezionando la coesistenza con la natura. Ognuno di loro a suo modo. Chi giocando, chi usando un approccio filosofico, chi l’empatia, chi il metodo. E la natura ha risposto. Madre Terra ha cominciato ad insegnar loro quello che in antico si era perso. Lo scambio, la discussione, il confronto, l’amicizia li hanno tenuti assieme. Spesso anche i litigi, che son serviti per liberare dalle “impurità” l’allegra brigata.
Entrambe le fazioni enoiche hanno aderito calorosamente all’invito di Sangiovese Purosangue. I montalcinesi forse incuriositi da vini sconosciuti e dall’insolenza guascona tipica dei romagnoli; i “Brisighelli”, al pari dei loro avi mercenari, con tanta voglia di “menar le mani” nel Granducato di Toscana.
I produttori partecipanti, in ordine di apparizione, erano:
Per il contado di Brisighella:
- Gallegati con Corallo Nero Riserva 2015
- Roberto Monti e il suo Millo Riserva 2011
- Vigne di San Lorenzo con Oudeis 2013
- Bragagni con Testa del Leone Sangiovese 2010
- Vigne dei Boschi con il Poggio Tura 2009
Per la Repubblica di Siena riparata in Montalcino (ndr):
– Castello Tricerchi e Rosso di Montalcino 2015
– Il Marroneto e Rosso di Montalcino 2015
– San Lorenzo e Rosso di Montalcino 2009
– Corte dei Venti e Rosso di Montalcino 2015
– Pietroso e il Rosso di Montalcino 2015
Tutto è pronto. Silenzio in sala, la dissertazione ha inizio.
In seconda battuta Bonucci ci rinfresca circa la geografia ilcinese, contestualizzando i produttori toscani. La collina di Montalcino conta numerosi ambienti pedologici: arenarie miste anche ad alberese e galestro nonché terreni con granulometrie diverse tendenti talvolta al sabbioso, talvolta all’argilloso. Excursus storico da pelle d’oca. Un leggero brusio comincia a scaldare il piccolo auditorium.
Terzo “movimento”: comparazione.
Il dibattito in sala si accende e si infervora. I complimenti vengono elargiti ad entrambe le correnti e pian piano la disputa si tramuta in festa. Come è giusto che sia. I produttori di Montalcino, da valenti signori del vino, riconoscono ai vini di Brisighella capacità espressiva e potenzialità. Per una volta lasciano la scena ai loro colleghi romagnoli che in piedi ricevono tanti complimenti da parte di tutti i presenti. Io fatico a trattenere le emozioni.