Grazie all’iniziativa dello studio di pubbliche relazioni Rucola denominata Unbox&Taste, una selezione dei prodotti targati Tuscia Viterbese sono arrivati a operatori e stampa con i quali il rapporto diretto si era bloccato per colpa del Covid19. Così anche noi abbiamo potuto farne la conoscenza, dopo una presentazione on line e poi assaggiando direttamente una selezione dell’interessante catalogo che alla fine lascia un’idea positiva di gusto basato su territorio e tradizione
Le risorse sono tante: vino e olio, naturalmente. Le uve scelte sono grechetto, malvasia, procanico, canaiolo nero, ciliegiolo, anche se non mancano sangiovese e vitigni “alloctoni”. Nella produzione di olio extravergine d’oliva spicca la cultivar canino, un’oliva piccola, fortemente attaccata alla pianta tanto da limitare la possibilità della meccanizzazione della raccolta, a maturazione tardiva, che fornisce sentori freschi ed erbacei, come testimonia anche quello Dop Canino che abbiamo assaggiato dell’Oleificio Sociale Cooperativo di Canino; ma non mancano le classiche frantoio, leccino, pendolino, moraiolo.
Ma sono interessanti anche le testimonianze di caratteri più specifici, come il paté di coregone (produttore Lagovivo) e in generale le conserve realizzate con il pesce proveniente dal lago di Bolsena. I boschi a ridosso dei monti Cimini, a sud, oltre a sfoggiare splendide faggete (la Faggeta Vetusta è patrimonio Unesco) forniscono la celebre Nocciola Gentile Romana, una delle più pregiate d’Italia, e poi c’è anche sua maestà il tartufo nero. Fra i salumi va segnalata la Susianella Viterbese, un salame di fegato unito a pancetta, corata e spalla, e impreziosito da fiori e semi finocchio e peperoncino. E poi la confettura di fragole Sémina di Fattorie Solidali, 100 grammi di prodotto da 100 di fragole, niente pectina, lavorazione a basse pressione e temperatura. E le profumatissime “Erbe magiche”, mix di aromatiche essiccate e macinate, di Sapori di Ieri.
La Cannaiola di Marta è un vino di delicata dolcezza realizzato da uve canaiolo nero che prende il nome da un borgo di pescatori sul lago di Bolsena. La sua lavorazione si basa su consolidate tradizioni locali, ed è abbinato da sempre alle anguille di Bolsena citate nel Purgatorio di Dante e per le quali si dice morì di indigestione Papa Martino IV. E proprio da questo Papa prende il nome il vino Martino IV della azienda Castelli oggi condotta da Debora, che ha un bel naso dominato da erbe aromatiche (timo, origano) affiancate dal frutto maturo. È setoso in bocca, scorrevole, e di dolcezza pimpante su note lievi di lampone.