Brunello di Montalcino 2017: miracolo fragile

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MONTALCINO (SI) – La questione potrebbe essere stracciata in fretta. Alla luce di un millesimo chiacchierato e indubbiamente difficile, viste le intemperanze meteo primaverili (gelate) e, soprattutto, visto il manifestarsi di un’estate torrida e siccitosa che non ha fatto sconti e che ha chiamato pesantemente in causa gli estri e la sensibilità interpretativa di ciascun produttore, c’era da aspettarsi una sorta di debâcle. E penso pure che nessun produttore si augurerebbe mai di ritrovarsi ad operare in condizioni tanto estreme, semmai dal padreterno gli fosse data la possibilità di scegliere.

Eppure, dopo i 90 bicchieri di Brunello targati 2017 assaggiati in anteprima nel corso della nuova edizione rivisitata e corretta di Benvenuto Brunello dello scorso novembre, un paio di considerazioni nel merito scartano di lato rispetto all’atteso, facendo baluginare un orizzonte diverso.

La prima, sintetica: nella maggior parte dei vini il frutto non esonda e le trame non si slabbrano, indi per cui non hai goffaggini, inutili sciabordii di materia o eccessive pesantezze.

La seconda, più articolata: nella maggior parte dei casi le presumibili attenzioni adottate in campagna (gestione della parete fogliare, scelta dell’epoca vendemmiale) e specialmente in cantina (estrazioni super calibrate e guanti di velluto), oltre al fatto che certi suoli si adattino meglio di altri alle annate siccitose, hanno sortito un effetto piacevolezza, annunciato da cromatismi in trasparenza e comunque mai “calcati”, confermato da profumi portati in emersione dal generoso temperamento alcolico, per fortuna mai bruciante se non in alcuni casi (sì, quello non manca mai, e sembra ormai trattarsi di un fattore trasversale alle diverse annate: lì sta la vera sfida per i viticoltori, da qui al futuro), e certificato da sorsi melodiosi, rilassati, assai portati per le sfumature, dotati di una trama meno vibrante e profonda rispetto alle annate che contano ma ben disposta al dialogo, dove la grana del tannino, altro lascito-spauracchio di questo millesimo difficile, riesce a schivare derive oltremodo graffianti, asciuganti o risolute risultando tuttalpiù gradevolmente rugosa, come una cartavetra sottile, garantendo nel complesso un inatteso equilibrio di sincera godibilità.

Ora, va detto però che la godibilità non è propriamente sinonimo di profondità, eppoi che io me la immaginerei qui estesa e garantita nel breve periodo o poco più in là, prima cioè che il tempo provveda ad incrinarne le sorti prosciugando un frutto caldo e maturo e scoprendo definitivamente i denti al tannino e alle disarmonie.

Quanto al tenore di acidità, aspetto sensoriale per il quale confesso di avere un debole, salvo alcuni felicissimi casi (giaciture? altimetrie? ringiovanimenti?) è una voce tutto sommato poco in evidenza, e concorre semmai alla diffusione in larghezza delle trame, senza quella verticalità e quel contrappunto che sono soliti sancire il grado di contrasto e il potenziale evolutivo di un Brunello discendente da annate più equilibrate.

Quindi, alla fine del salmo, come sono ‘sti Brunello 2017? Sono un miracolo fragile, perché davvero ti rendi conto, assaggiandoli, di come sia stato fatto il possibile per gettare il cuore oltre l’ostacolo, e di come quel possibile sia molto meglio di quanto avrebbe potuto discendere da simili circostanze climatiche casomai fossero accorse dieci o vent’anni fa, ma ti accorgi pure che non ci troviamo probabilmente di fronte a vini nati per crescere nel tempo.

Perché, sia pur assaggiati in anteprima rispetto alla loro uscita sui mercati, appaiono di già piuttosto concessivi e per certi versi docili. Anzi, armoniosamente docili, sentimentalmente docili. E nella loro accondiscendenza racchiudono in sé quel brillìo di candore e “tepor buono” che te li rende complici. Insomma, ne percepisci la sincerità e la volontà di non strafare, e per tale motivo non potrai che volergli bene.

Ah, ovviamente non mancano le eccezioni, che anche in questa circostanza si sono tradotte in una piccola compagine di vini al comando e in un gruppone di inseguitori -più o meno affannati- dietro. Ciò che ha significato, agli occhi miei, una dozzina (forse un cincinin di più) di Brunello 2017 decisamente all’altezza, che addirittura potrebbero giocarsela con annate più competitive, e poi una restante parte che sta cercando di districarsi con onore dalle maglie strette di un’annata insidiosa, facendolo anche bene ma con le armi ovviamente un po’ spuntate.

Sì, è stato fatto tutto il possibile, lo senti e lo apprezzi, ma se è vero, come è vero, che la qualità di un vino di tal blasone e categoria la si misura sia dalla reale complessità che dalle aspettative di evoluzione nel tempo, ebbene questo lato della personalità stavolta potrebbe costituire un punto debole.

Mi conforta semmai pensare che i vini in prima linea, i più risolti e i più riusciti, possano presumibilmente contare su un adeguato rimpinguamento della compagine, se solo guardiamo ai nomi non presenti a Benvenuto Brunello che sono soliti abitare i piani alti della denominazione e, per quanto possa importare, della mia considerazione. Fra le assenze “croniche” annoveriamo infatti Biondi Santi, Stella di Campalto, Pian dell’Orino, Costanti, Colleoni, Salicutti, Il Colle, Livio Sassetti Pertimali… mentre fra le “nuove” assenze Il Marroneto, Le Ragnaie, Podere Le Ripi, Fuligni, Baricci, Le Potazzine, Gianni Brunelli….

Insomma, un nucleo (im)portante che potrebbe dipingere un quadro d’assieme di colori più accesi. E colorare le cose, si sa, fa sempre bene.

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(OCEAN’S) ELEVEN – 11 BRUNELLO 2017 DA RICORDARE (in stretto ordine di apparizione)

Non solo conferme o habitué, ma anche qualche sorpresa, da parte di firme vecchie e nuove dell’universo-mondo ilcinese…

CANALICCHIO DI SOPRA – La Casaccia

Una potenza disciplinata, la sua, senza risultare ostinatamente arcigna. La saldezza richiama nobiltà espressiva, ed è qui al servizio del sapore. E che sapore! Concreto, succoso, sincero, supportato da una trama che spinge e sa già che potrà affrontare il futuro a testa alta.

CAPRILI

Se la generosa avvolgenza alcolica è solitamente una delle voci fondanti nei vini della famiglia Bartolommei, inaspettatamente qui viene ricondotta a più miti consigli grazie a un tratto bellamente carnoso e sanguigno ma estremamente bilanciato, da cui emergono un autentico sollievo floreale e un timbro terroso-grafitico molto caratterizzante. Colpisce per coordinazione, compostezza, e per quel finale lungo dichiaratamente salino.

FATTOI

Balsamico, potente, sapido, viscerale, mi piace la saldezza, il tono di voce, la continuità di azione, il modo in cui gestisce il calore. Non disperde il suo carattere, ne riconosci la fierezza, e se la gioca bene.

FATTORIA DEL PINO

Come un Pinot nero ma con qualcosa di più “scuro” intorno;  la naturalezza espressiva gira a mille, contemplando un lato austero e un altro più carezzevole e sfumato: il compendio è brillante, delizioso, puro. Non lo dimentichi.

FORNACINA     

Bella vivezza aromatica, è succoso, composto, di buone rotondità e spinta, saporito e naturale nello sviluppo: un bel Brunello, di carattere e personalità.

PS: il Brunello Riserva 2016 è una bomba.    

IL PALAZZONE

Bella freschezza ai profumi, fondati su rarefazioni e sottotraccia, e poi ancora proporzioni perfette e snellezza. E una pregevole dinamica, a sancire la fisionomia di un vino fra i più tonici ed equilibrati, classico negli accenti, bevibilissimo ed elegante.

IL PARADISO DI MANFREDI

Una versione che ripone in un angolo i proverbiali accenti veraci, a volte divisivi, tipici della casa per riscoprirsi felicemente accordata, fine, espressiva, di struggente suggestione floreale. Un Paradiso arioso, insomma, dove la spontaneità si fonde con il garbo.

LE CHIUSE

Uno dei pochi portavoce dell’annata per il quale potresti scomodare la parola “profondo”. E’ austero ed elegante al contempo, con una dote tannica più “scioglievole” rispetto al solito ma pur sempre in grado di regalare spessore e tridimensionalità al sorso, sancendone di fatto la statura autoriale.

PATRIZIA CENCIONI

Sorprendente (quasi) al pari del Brunello Riserva 2016, contribuisce a far lampeggiare una luce nuova nei vini di Patrizia Cencioni (Solaria), apparsi piuttosto ispirati sul piano della disinvoltura, senza soffrire più di certe insidiose costrizioni legate alla confezione. Il nostro è elegante, deliziosamente floreale, si avvantaggia di un disegno accurato e l’acidità fa salivare.

TALENTI – Piero

Solenni toni fumé, integrità, tensione, robustezza, e una bella idea di futuro, con il calore tenuto a bada da una trama tenace e salda. Di fronte a un vino così ti vien più facile parlare di prospettiva.

VENTOLAIO – Colle del Fante

Uno dei pochi Brunello ‘17 letteralmente trascinati da una corrente acida ficcante e pervasiva, dalla timbrica nitidamente agrumata. Nordico nel portamento, è vitale, slanciato, rinfrescante e tonificante.

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Degustazioni effettuate nel mese di novembre 2021

FERNANDO PARDINI

3 COMMENTS

  1. Concordo pienamente. Una disamina splendida senza punteggioni a contorno come se ne vedono da altre parti. Chapeau.
    Daniele

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