Come ogni prodotto derivante da materia prima naturale – in questo caso ovviamente canna da zucchero – una certa variabilità con le annate è scontata. Idem per i processi di fermentazione e distillazione, controllabili sì dall’intervento dell’uomo, ma pur sempre con molte variabili. Per non parlare dei risvolti organolettici diversi che possono scaturire dalle botti, che “segnano” in maniera decisiva il distillato.
L’arte del blending è quindi quella di decidere il profilo organolettico del prodotto finale che si vuole ottenere e, anno per anno, si cerca di raggiungere l’obiettivo pescando da tutti i barili a disposizione. Nel corso degli anni tutte queste variabili incidono e, inevitabilmente, arriva il momento in cui si deve ragionare sull’ipotesi di cambiamenti della “ricetta” del blend: in alcuni casi, si tratta di vere e proprie “rotture” rispetto al passato che, quasi sempre, sono accompagnate dalla messa in commercio di etichette nuove o un repackaging di etichette già presenti. A maggior ragione se a cambiare è anche il master blender, ovvero l’artefice della magica alchimia che porterà al prodotto finale: nel 2019 Trudiann Branker è diventata la prima donna a capo del processo di produzione. I due rum che abbiamo assaggiato sono quindi figli di questa piccola “rivoluzione”.
Mount Gay Black Barrel
Affina in un legno carbonizzato, dove permane però per un tempo non troppo lungo, in modo da non estrarre troppo pigmento. Dopo la miscelazione di barili ex-bourbon di età variabile tra i 3 e i 7 anni, il blend fa una finitura di 6 mesi nella stessa tipologia di botti ma con una carbonizzazione più accentuate. Al naso si presenta con evidenti sentori di burro, di latte di cocco, vaniglia, caramello, caffè, liquirizia e panpepato. Un profilo aromatico molto divertente, su un registro di speziatura decisamente morbida. Questa “piacioneria” olfattiva te l’aspetti anche in bocca. E infatti l’assaggio è dolce e vellutato, rotondo ma dal finale molto pulito, dove l’evidente dolcezza trova tutto sommato un buon equilibrio col resto delle componenti, chiudendo su un finale lievemente resinoso e legnoso.
Mount Gay XO
Etichetta storica della casa, prodotta in lotti limitati. Qui il blend va dai 5 ai 17 anni, con affinamenti in botti di legni diversi, sia ex-bourbon e che ex-cognac. All’inizio si presenta piuttosto chiuso, con note di ossidazione chiaramente più evidenti. Frutta secca, miele, dattero, caramello, cacao, fumo da camino…pian piano il naso si rivela. Si apre con l’ossigenazione, come previsto per un prodotto che ha un lungo invecchiamento. Grandissimo equilibrio al palato, con un alcol che spinge ma viene sorretto da una texture “palpabile”. Il finale è lunghissimo, di grande pulizia, su note di frutta secca e tostatura.
Due espressioni diverse, pensate per due target di pubblico differenti. Il primo è perfetto per una bevuta conviviale, spensierata, magari anche in miscelazione. Il secondo è tagliato per il bevitore che ama il rum liscio e di grande complessità, da sorseggiare con calma. Un rum da “meditazione” insomma, più per intenditori.