Il Barolo di Vietti e non solo. Sedici vini per comprendere l’essenza della viticultura in Langa

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Conosco l’azienda vitivinicola Vietti da ormai oltre vent’anni anni. Ho avuto il piacere di effettuare un paio di visite in cantina, a Castiglione Falletto, ancor prima che la Langa nel 2014 – assieme a Roero e Monferrato – ricevesse l’ambito riconoscimento da parte dell’Unesco. Da allora ogni qualvolta torno da queste parti, e ben inteso sento proprio la necessità di farlo, mi accorgo che è cambiato quasi tutto. Non alludo al fascino delle colline che anno dopo anno diviene sempre più irresistibile, semmai all’esplosione mediatica di quello che io chiamo “fenomeno Barolo”. Il celebre vino amato da Camillo Benso conte di Cavour ha conquistato letteralmente i mercati di tutto il mondo, e la questione risale ad un periodo antecedente, e non di poco, alla proclamazione del Sito Unesco.

Dal 2014 dunque si respira un’aria diversa passeggiando per le vie di alcuni tra i borghi protagonisti della Langa del Barolo. Cito i più frequentati a partire proprio da Barolo sino ad arrivare a Serralunga d’Alba, Monforte d’Alba, La Morra e Castiglione Falletto. Durante i fine settimana o nei periodi festivi, per non parlare dei tanti week end della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, si registra un’affluenza di turismo nazionale – e soprattutto internazionale – da far invidia alle località balneari durante la piena stagione estiva. Sempre più investitori esteri hanno iniziato a “corteggiare” alcune tra le cantine storiche della Langa del vino, spinti dal desiderio di investire i propri capitali all’interno di un territorio che ormai nulla ha da invidiare ad altre aree vitivinicole a livello planetario.

Il Barolo è ormai stabilmente tra le denominazioni più prestigiose al mondo e alcune delle sue Mga (Menzioni Geografiche Aggiuntive) scontano prezzi esorbitanti. Alludo ovviamente al costo di un singolo ettaro di terra che va dai 200.000 a 1,5 milioni di euro. Luca Currado ed Elena rappresentano l’ultima delle cinque generazioni di casa Vietti. Nel 2016 decidono di vendere l’azienda di famiglia al magnate americano Kyle Krause. Il distacco è stato graduale tanto che nei sei anni a venire entrambi hanno ricoperto ruoli importanti: il primo in veste di amministratore delegato, la seconda manager per l’estero. Soltanto nel 2023 Vietti passa totalmente nelle mani di Kyle Krause, presidente e CEO di Krause Holdings, Inc. nonché di famiglia materna italiana.

Il nostro protagonista ama visceralmente il bel Paese e l’acquisto della storica cantina di Castiglione Falletto non fa che avvicinarlo alle proprie origini. Alla base di una scelta tanto importante, effettuata dai coniugi Vietti s’intende, vi è il fatto che per restare competitivi a quei tempi andavano compiuti grossi investimenti. Gli stessi che un’impresa a carattere familiare talvolta è impossibilitata a fare. Alludo all’acquisto di alcuni tra i vigneti più importanti al mondo compresi all’interno delle ormai note Mga del Barolo. Ho potuto constare personalmente che l’ingresso del magnate americano non ha fatto altro che consolidare la storicità dei vini prodotti dall’azienda.

Tanto per iniziare Kyle si è avvalso di tutta l’esperienza dello staff enotecnico, tanto in cantina quanto in vigna. A tal riguardo voglio ringraziare personalmente Eugenio Palumbo per aver gestito al meglio l’intero tour alla scoperta dei cru più importanti di Vietti. Dopo aver raggiunto forse il punto più noto e turistico dell’intera denominazione – alludo al belvedere del comune di La Morra – abbiamo visitato alcune tra le Mga più importanti del Barolo Docg dove l’azienda possiede alcuni vigneti. Sto parlando di Brunate, Ravera e infine Rocche di Castiglione. Il nostro protagonista afferma che la nuova gestione di Kyle Krause è una sfida professionale avvincente che va ad aggiungere un tassello importante alla propria carriera professionale. Eugenio è l’enologo di casa Vietti da ormai ventuno anni ed è letteralmente innamorato della sua terra natìa e del nebbiolo.

Racconta inoltre che gli ettari di proprietà sono cresciuti al punto che l’azienda oggi può contare su ventisette cru diversi. Gli stessi sono compresi all’interno di ben nove degli undici comuni dov’è possibile produrre il Barolo, Doc dal 1966 e Docg dal 1980. All’appello mancano soltanto Cherasco e Roddi. Per completezza di informazione riporto anche gli altri borghi che danno vita alle nove etichette di Barolo, di cui sette da singolo cru: Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, La Morra, Barolo, Monforte d’Alba, Verduno, Diano d’Alba, Novello e Grinzane Cavour. Attorno alla fine del 1800 Carlo Vietti creò sul punto più alto del borgo medioevale di Castiglione Falletto l’azienda vitivinicola che ancor oggi porta il suo cognome.

Questo areale può definirsi a ragion veduta il cuore pulsante delle Langhe. Percorrere su e giù le scale della classica abitazione piemontese disposta su più livelli è un’esperienza che consiglio caldamente, così come far visita alla cantina storica. Ritrovo un luogo ed un’atmosfera d’altri tempi. Impossibile non citare la struggente bellezza del paesaggio langarolo durante il periodo autunnale. La vista si perde tra i tanti vigneti che appaiono come dipinti dal classico foliage che a tratti risulta ipnotico. Con un totale di 85 ettari vitati distribuiti tra le Langhe, l’astigiano, il Roero e i colli Tortonesi Vietti è una delle cantine più importanti del Piemonte e d’Italia. La produzione si attesta attorno alle 600.000 bottiglie annue, l’80% viene esportato. Occorre sottolineare che la cantina di Castiglione Falletto è stata tra le prime a far conoscere il Barolo ai mercati più importanti dell’epoca: Stati Uniti, Cina, Canada… Gli stessi ancor oggi credono fortemente nel gruppo e nella sua filosofia produttiva.

Quest’ultima è possibile riassumerla mediante una sorta di manifesto diviso in quattro punti cardinali. Il primo risponde al motto: “Migliorare, sempre”, ovvero allenare le competenze e la sensibilità dei viticoltori senza tralasciare alcun dettaglio. Il secondo: “Aver cura della tradizione e di chi la preserva”, alludo al rispetto della terra, delle tecniche in vigna e in cantina secondo gli antichi “trucchi del mestiere” uniti ad una continua sperimentazione, senza tralasciare i principi del rispetto, inclusione, equità e benessere sociale. Forse il più importante dei quattro punti cardinali: “Rispettare i tempi della natura” e in questo caso lascio la parola ad Eugenio Palumbo (ritratto nella foto) – Adottiamo, da sempre, processi di lavorazione quanto più naturali e artigianali possibili. Una cura che nasce dalla continua osservazione, dall’attesa paziente, dal rispetto per il ciclo naturale delle nostre piante. Conosciamo ogni vigna e ne seguiamo il percorso vegetativo unico e diverso, rispettandolo. – Ultimo e non in termini d’importanza il motto: “Coltivare la sostenibilità”, un approccio di totale rispetto verso il territorio. Vietti lavora cercando di ridurre al minimo gli interventi sui vigneti, utilizzando risorse naturali in maniera accorta. Un tesoro da difendere ad ogni costo.

Veniamo ora alla degustazione. Una lunga carrellata di vini che non ha fatto altro che confermare le mie aspettative sulla storica cantina di Castiglione Falletto. “Non solo Barolo”, per riprendere in parte il titolo di questo articolo, Vietti ha voluto presentare anche il Timorasso dei Colli Tortonesi. L’azienda possiede da queste parti alcuni vigneti. Ci troviamo nella frazione Vho e nel comune di Monleale, quest’ultimo sarà presto protagonista di una nuova etichetta da singolo cru. Staremo a vedere. Grande attenzione è riservata anche al Barbaresco e al Barbera d’Alba, affiancati a ben dieci etichette di Barolo che ho avuto il piacere di degustare.

Colli Tortonesi Timorasso Derthona 2021

Paglierino vivace, caldo, estratto notevole. Al naso ricordi di mandorla fresca e frutta tropicale disidratata, idrocarburi appena accennati; con lenta ossigenazione maggiorana, scorza di cedro e pepe bianco. Palato in divenire: attualmente la sapidità è in netto vantaggio sulla freschezza che comunque si impone regalando un sorso equilibrato, lungo e dove l’alcol percepito fa la sua comparsa soltanto alla fine.

Colli Tortonesi Timorasso Derthona 2019

Questa volta la trama cromatica è a vantaggio dell’oro antico con riflessi paglierino. Si muove lentamente all’interno del calice. L’espressività è ciò che apprezzo di più e non sto parlando di sentori esuberanti e sfacciati, tutto il contrario. Un mix di erbe aromatiche e scorza d’agrume apre la strada a suggestioni di pietra focaia, fieno secco, smalto e mandorla tostata. In bocca il vino sorprende per doti di leggiadria e al contempo profondità. Un peso massimo travestito da centometrista. Grande vino.

Barbera d’Alba Vigna Scarrone 2021

Rubino caldo e profondo, unghia porpora. La quintessenza del Barbera. I frutti di bosco maturi rincorrono qualche nota ancor vinosa e un bel bouquet floreale che sa di violetta e geranio selvatico. Apprezzo specialmente la finezza del pepe nero e una curiosa nota lattica in chiusura. Ne assaggio un sorso e ritrovo una freschezza travolgente commisurata ad un corpo medio, anche a livello di sapidità, che non stanca il palato. Il vino sfuma lentamente con garbo e classe.

Barbera d’Alba Vigna Vecchia Scarrone 2021

Il Vigna Vecchia Scarrone viene prodotto mediante uve barbera allevate all’interno di un vigneto piantato nel 1918. Trama cromatica rubino squillante con incursioni porpora di notevole impatto. Respiro intenso e al contempo ricco di sfumature in levare, quasi sommesse e mai sfacciate. Distinguo: amarena, susina nera, rosa rossa lievemente appassita e caucciù. Con lenta ossigenazione affiorano ricordi legati al terreno. Quelle lunghe passeggiate autunnali tra i filari di Castiglione Falletto, compresa Vigna Scarrone s’intende. In bocca avverto maggior sapidità ed estratto senza nulla togliere alla leggiadria del sorso, allo slancio di questa interessante Barbera che a mio avviso invecchia molto bene.

Barbera d’Asti Superiore Nizza La Crena 2011

A proposito di vini Barbera che invecchiano bene La Crena 2011 è un fulgido esempio. Tra il rubino e il granato, tonalità ancora vivace. Naso pulitissimo: toni dolci di frutti di bosco ormai in confettura e un fresco respiro balsamico e lievemente terroso; un vino che cambia registro di continuo ingentilendo sempre più i suoi toni. Palato ricco, voluminoso, il tempo ha saputo stemperare l’irruenza del tipico terroir del Nizza. Godibile soprattutto a tavola.

Breve inciso. Prima di illustrare il mondo del nebbiolo di casa Vietti, e per evitare di ripetermi nelle singole recensioni, è giusto far presente che la tonalità di questi vini è contraddistinta quasi sempre da un bel granato di media trasparenza, vivace e luminoso, che assume tonalità mattone-arancio con il passare degli anni. Lo dimostra ampiamente l’annata 2005, la più datata dell’intera batteria.

Barbaresco Roncaglie Masseria 2019

L’Mga Roncaglie è situata nel comune di Barbaresco. Il terreno da queste parti è ricco di calcare e argilla. Ritrovo un naso bellissimo, ricco di sensazioni fresche e stimolanti: finocchietto selvatico, anice stallato, mentolo financo zagara e arancia rossa sanguinella. Si tratta di un vino succoso dotato di una spinta notevole, quest’ultima scivola in bocca con disinvoltura non priva di centro bocca, tannino, densità gustativa e allungo finale. Promette molto bene.

Barolo Castiglione 2019

E’ l’unico Barolo di Vietti prodotto mediante uve provenienti da vari appezzamenti. I vigneti sono sparsi nei diversi comuni della denominazione, con età delle viti compresa tra i 10 ed i 45 anni, e su terreni calcareo-argillosi. Il respiro è suadente, toni caldi e in parte “autunnali”: amarena matura, rosa rossa macerata, sottobosco e alloro, liquirizia dolce e anice stellato. In bocca, senza se e senza ma, è il classico Barolo che ha segnato un’epoca. Un trionfo di classicismo. Lunghissimo e ricco di estratto senza in alcun modo prevaricare la beva che a tratti diviene irresistibile. Complice un’annata davvero interessante.

Barolo Cerequio 2019

Cerequio è tra le Mga più importanti del comune di Barolo. La vigna in questione è stata piantata nel 1982. Uve nebbiolo allevate su terreni calcarei-argillosi con la presenza di Marne di Sant’Agata. Accosto il vino al naso e l’eleganza, termine di cui spesso si abusa, qui trova un significato assoluto. Nell’ordine: ribes rosso maturo, anice stellato, grafite e incenso, viola e tabacco. Trascorsi venti minuti dalla mescita effluvi minerali e di sottobosco. In bocca nonostante la potenza restituisce un finale di bocca ammandorlato, succoso e ricco di estratto; il tutto in totale assenza di eccessivo alcol percepito. Sto parlando di un vino che raggiunge i 14% Vol. mostrando una freschezza sbalorditiva.

Barolo Brunate 2019

Questa volta ci troviamo a La Morra all’interno della storica Mga Brunate sul versante sud verso Barolo. Vigne piuttosto vecchie d’età compresa tra 65 e 55 anni, terreni calcarei-argillosi con forte presenza di Marne di Sant’Agata. Un vino di grande complessità. Mostra subito il suo assetto olfattivo incentrato su toni che rimandano inesorabilmente al terroir di cui è figlio. Trascorsi 15-20 minuti dalla mescita affiora il frutto in confettura (amarena) contornato da guizzi speziati e un eco balsamica che sa di eucalipto. Lo assaggio e vengo subito rapito dal suo lento incedere privo di eccessi, sbavature di ogni sorta. Il tannino è giustamente incisivo e la persistenza supera il minuto di orologio.

Barolo Rocche di Castiglione 2019

Poteva mancare all’appello un cru di Castiglione Falletto? Ovviamente no. L’azienda è situata proprio nel pieno centro di questo caratteristico borgo langarolo. L’Mga in questione vanta terreni ricchi di marne gialle-bluastre e nella fattispecie le vigne di Vietti risalgono al 1959 e 1963. Ritrovo tutta l’ariosità del nebbiolo allevato fra queste colline: tanti fiori e frutti rossi, un po’ di agrume, tabacco in foglie, grafite e anice stellato. Di grande pregio anche l’evoluzione che vira su note lievemente balsamiche ed ematiche. Tra i più buoni dell’intera batteria perché in bocca trasmette gran parte delle sensazioni percepite al naso con una coerenza imbarazzante. Vino lunghissimo e appagante.

Barolo Lazzarito 2019

Arriviamo dunque ad uno dei comuni più importanti del disciplinare del Barolo. Sto parlando di Serralunga d’Alba e dell’Mga Lazzarito. Vietti è proprietaria di un appezzamento ad anfiteatro, a dir poco spettacolare, con esposizione sud-ovest. La pendenza è notevole e il terreno contiene tanto calcare e anche argilla. Possiamo suddividere il tutto in tre vigne piantate rispettivamente nel 1960, 1983 e 2002. Questa volta al naso avverto suggestioni di oli essenziali, eucalipto, menta e amarena matura. In bocca è forse il Barolo più in divenire. Attualmente sconta un tannino davvero importante e una verticalità che fatica ad amalgamarsi con il resto delle sensazioni gustative. La curiosità di riassaggiarlo tra 3-5 anni è tanta. Non ve lo nascondo.

Barolo Ravera 2019

L’Mga più importante del comune di Novello è senza dubbio Ravera e ovviamente Vietti l’ha scelta per produrre l’etichetta omonima di uno dei suoi Barolo. L’altitudine è pari a 400 metri sul livello del mare e l’uva nebbiolo viene allevata su terreni ricchi di calcare, argilla e Marne di Sant’Agata. Le vigne risalgono al 1969 – 2000 – 2005. Tra note di cola, liquirizia, violetta e spezie che ricordano i dolci di Natale, ritrovo un frutto “carnoso” che sa di amarena sotto spirito. Trascorsi alcuni minuiti dalla mescita cambia registro palesando suggestioni ferrose e lievemente affumicate. Anche questa volta la potenza del vino è commisurata al proprio slancio, alla verticalità gustativa che non inganna, al contrario appaga lasciando un finale di bocca pulito e balsamico.

Barolo Monvigliero 2019

Eugenio Palumbo, l’enologo di Vietti, ha volutamente lasciato per ultimo il Monvigliero. L’Mga più nota del comune di Verduno negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé. Il motivo è da attribuirsi alla particolare zona geografica ove è situata. Sto parlando di uno dei vigneti più a nord dell’intero disciplinare del Barolo che, soprattutto negli ultimi anni, a causa dell’aumento vertiginoso delle temperature sta regalando grandi soddisfazioni. Da segnalare il fatto che soltanto questo vino, in fase di macerazione, vede la presenza del 60% dell’uva intera. Le vigne di Vietti risalgono al 1977-78 e anche in questo caso troviamo terreni ricchi di calcare, argilla e Marne di Sant’Agata. Il vino qui assume toni completamente diversi sia in termini olfattivi che gustativi. Richiama in parte alcune assonanze con i nebbioli del nord Piemonte. Ritrovo erbe officinali, timo, pepe nero e tracce ematiche, frutti rossi croccanti, arancia rossa sanguinella e una violetta appena sussurrata. Ne assaggio un sorso e vengo letteralmente rapito dalla sua freschezza, dal vigore di un tannino praticamente ricamato a mano. La bevibilità di questo vino è un qualcosa che faccio davvero fatica a descrivere a parole. E ben inteso non sto parlando di quei “nebbiolini” scarichi e soltanto acidi, ma di un grande vino che fa dell’austerità olfattiva la sua arma vincente e della profondità gustativa il suo asso nella manica. Chapeau bas!

Barolo Riserva 2015

L’unica etichetta di Barolo Riserva dell’intera batteria, la prima prodotta da Vietti, corrisponde all’annata 2015. Indubbiamente calda pur tuttavia lontana anni luce dai millesimi ben più “roventi” quali ad esempio il 2003 o il 2017. Eugenio Palumbo descrive così questo vino – è il risultato di una “selezione nella selezione”. Mentre lavoravamo alla definizione del blend del Barolo Castiglione, siamo rimasti colpiti da alcuni di questi vini elaborati a partire da specifiche parcelle dei singoli cru –. Indubbiamente il frutto in questa fase ammicca a toni di confettura, la spezia dolce e suadente rivela alcuni tratti dell’annata e un ricordo di sottobosco, e pellame, rendono l’insieme ancor più complesso, “scuro” se vogliamo. In bocca la morbidezza è piuttosto accentuata e il tannino fatica ad imporsi, così come la freschezza che non latita ma tende un po’ a sedersi. Un vino godibile soprattutto a tavola a mio avviso.

Barolo Castiglione 2013

A distanza di dieci anni dalla vendemmia questo Barolo spicca per intensità di profumi e soprattutto varietà di suggestioni. Ritrovo nell’ordine: pellame e cuoio, tabacco, amarena matura. Trascorsa quasi un’ora dalla mescita squaderna ricordi di alloro, timo, oli essenziale e genziana; in chiusura funghi secchi e tartufo estivo. Ne assaggio un sorso e ritrovo un equilibrio straordinario tra componenti sapide ed acide. Una sinfonia ammaliante che non tralascia il suo peso, la sua indomabile corsa verso un arrivo che tarda a palesarsi. Grande vino.

Barolo Brunate 2005

Chiudiamo in bellezza grazie ad un Barolo che ha raggiunto proprio quest’anno la maggior età. E non un Barolo qualsiasi, sia ben inteso, sto parlando di un vino prodotto con uve nebbiolo allevate a La Morra all’interno della nota Mga Brunate. Il respiro questa volta fatica ad ingentilirsi nonostante l’ossigenazione. E’ il suo stampo e ha tutto il diritto di vantare un assetto tanto complesso. Ritrovo suggestioni di cuoio, humus e fughi secchi, amarena sotto spirito e caffè. Lascio che l’ossigeno continui a modellare la sua impronta ma niente, la parte floreale acre prende il sopravvento unita a ricordi di rosolio e catrame. In bocca al contrario gode di una “luce” particolare. L’elemento che più di tutti cattura la mia attenzione è l’assenza di eccessivo estratto nonostante l’annata calda. Il finale di bocca è appannaggio del frutto maturo e il finale di liquirizia e pepe nero invoglia la beva. Un Barolo che ricorderò a lungo e che conclude questa importante degustazione che ho avuto il piacere di vivere in prima persona.

Le foto sono di Danila Atzeni

Andrea Li Calzi

Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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Nasce a Novara, ma non di Sicilia, nonostante le sue origini lo leghino visceralmente alla bella trinacria. Cuoco mancato, ama la purezza delle materie prime, è proprio l’attività tra i fornelli che l’ha fatto avvicinare al mondo del vino attorno al 2000. Dopo anni di visite in cantina e serate dedicate all’enogastronomia. frequenta i corsi Ais e diventa sommelier assieme alla sua compagna, Danila Atzeni, che oggigiorno firma gli scatti dei suoi articoli. Successivamente prende parte a master di approfondimento tra cui École de Champagne, vino che da sempre l’affascina oltremodo. La passione per la scrittura a 360° l’ha portato, nel 2013, ad aprire il blog Fresco e Sapido; dal 2017 inizia la collaborazione con la rivista Lavinium e dal 2020 quella con Intralcio. Nel 2021 vince il 33° Premio Giornalistico del Roero. Scorre il nebbiolo nelle sue vene, vitigno che ha approfondito in maniera maniacale, ma ciò che ama di più in assoluto è scardinare i luoghi comuni che gravitano attorno al mondo del vino.

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