Alto Adige Wine Summit a Bolzano: una nuova idea di anteprima. Sensazioni, pensieri, assaggi/3

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alto-adige-wine-summit_logoUltima puntata della saga, frutto della stimolante giornata “bolzanina” trascorsa all’Alto Adige Wine Summit 2017, evento novello alle prese con l’attualità di vini importanti (e di territorio) non ancora in commercio ma già imbottigliati.

Così come è stato per le prime due parti della trattazione, abbiamo deciso di dividere per temi -per vitigni – la disamina, e di focalizzare parole ed attenzioni su quelle che ci sono parse le migliori evidenze qualitative.

Per sapere che cosa sia, e che cosa ci abbia ispirato, il Wine Summit, e per scoprire le nostre prime impressioni sui vini, LEGGETE QUI. Per conoscere di significativi, quando non splendenti, Pinot Bianco e Sauvignon LEGGETE QUI.

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ASSAGGI E SUGGESTIONI – TERZA PARTE

Gewürztraminer

C’è stato un tempo in cui Gewürztraminer era sinonimo di Alto Adige, letteralmente. Quasi si fosse trattato di un esclusivo sigillo di originalità o di appartenenza. Al punto tale da surclassare, nelle predilezioni dei bevitori ma soprattutto dei neofiti, ogni altra espressione enoica regionale (e anche più in là).

Con il tempo, grazie ad una progressiva inversione di tendenza che è andata a propiziare, per i vini bianchi, traiettorie espressive più stilizzate e meno debitrici dell’evidenza aromatica e della presenza scenica, il celebre vino-vitigno altoatesino è stato ricondotto negli alvei di visibilità che gli competono, senza troppe sovraesposizioni.

Semmai, questo sì, la nuova sensibilità ha favorito un sostanziale ripensamento nelle tecniche di elaborazione, per garantire oggi, accanto ai profumi, un gusto più flessuoso, contrastato ed elegante, soprattutto meno zuccheroso e smaccato rispetto a un tempo.

Dalla rassegna di oggi ho estratto tre classici, quindi nessuna novità di rilievo. A conforto però, una performance da “grande classico”, avvezza per blasone, e per medaglie conquistate sul campo, alla personalità e alla caratterizzazione.

Il Gewürztraminer Nussbaumer 2016 di Tramin è intenso e luminoso nella sua decisa espressività, una espressività che trova giovamento  – più che in altre annate – nel garbo espositivo, e che per tale ragione va ad amplificare il lato suo più elegante. E mentre la chiusura ancora “ringhia” di contrasti chiedendo distensione, il tempo sicuramente resta -e resterà- un fedele alleato.

Il Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum 2015, ancora di Tramin, è un vino ammaliante e profondissimo. Il contributo della muffa nobile ne esalta il carattere rotì, ottimamente integrato nel corpus del frutto, ammantato di florealità e speziature. La sua dolcezza è una dolcezza buona, pervasa di elettricità e vivezza. Davvero bello, davvero difficile fare a meno di lui.

La Cantina Kurtatsch, infine, propone un classico della produzione regionale, in altre parole un marchio di fabbrica. Il Gewürztraminer Riserva Brenntal 2015 si fa vanto, ne va dato atto, di una eloquente personalità aromatica, dispiegata, invitante, fremente, reattiva. E di una spazialità di trama che respira, puntando dritta al futuro.

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C’è Pinot Grigio e Pinot Grigio

Se non è poi così difficile intuire che è da questa regione, e dal Friuli Venezia Giulia, che è possibile rintracciare gli esemplari migliori della specie, è anche vero che questa tipologia di vini deve ancora scrollarsi di dosso le conseguenze di un luogo comune assai sedimentato: l’inflazione di un nome. Ciò che l’ha condotta ad essere fin troppo sbrigativamente derubricata in retrovia, negli ambienti sospettosi e snob degli enoappassionati più esigenti.

Un nome che -vedi un po’ cosa ti combina il pregiudizio, che a sua parziale discolpa potrà citare la marea di vini anonimi che si chiamano così!- non ispira tanto facilmente un sentimento di rispetto e di attenzione. Quasi vi si celasse ovvietà, e in quel “grigio” del nome il grigiore. Fortunatamente non è così. Decisamente non è così. Di una curiosità pura e “ingenua”, scevra da preconcetti, di quella sì che ce ne sarebbe un gran bisogno. Da non stancarsi mai.

Il Pinot Grigio Punggl 2016 di Nals Margreid si avvantaggia del contributo di uve provenienti da uno dei luoghi privilegiati per questo vitigno. Lui è un tipo grintoso, accordato in ogni passaggio gustativo, di sincera espressività e nitore, rinfrescato dalla tipica venatura balsamica. Una certezza.

Il Pinot Grigio Puiten 2016 di Colterenzio mi piace per la coordinazione e l’onestà espressiva, che non gira attorno alle cose ma va dritta al sodo. E se non appare così esaltante nel finale non importa: è compiuto, tipico, gradevole.

Sono infine rimasto sorpreso dalla forza comunicativa del Pinot Grigio Unterebner 2016 di Tramin, la cui ricchezza è tutta al servizio del sapore e la cui seducente tessitura aromatica  – sono erbe e balsami – accompagna fedelmente le trame fino a quel finale intenso, propositivo e bello.

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Misto griglia

Qualcuno potrà storcere più o meno legittimamente il naso di fronte ad una cantina altoatesina (e che cantina) che ha inteso cimentarsi nella vinificazione di vitigni che con l’Alto Adige hanno poco a che spartire, come viognier e petit manseng.

Una cosa è certa: se il risultato è un vino come il Casòn 2015 di Alois Lageder, non è che puoi tacerne il passaggio così, per partito preso! Perché se la personalità aromatica scarta di lato rispetto alle tipiche “direttrici” che siamo soliti apprezzare nei vini dei luoghi, che personalità, e che capacità di dettaglio! La carnosità e la schiettezza, poi, fanno il resto, contribuendo ad un sorso lungo ed elegantemente fibroso, la cui ampia diffusione rilascia sapore e pura piacevolezza.

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In un panorama che non ha potuto contare sulla presenza di molti esponenti della Valle Isarco e della Val Venosta, è raro aver incontrato un Riesling. Ancor di più un Riesling capace di nutrire i ricordi migliori.

Nelle nebbie di una generalizzata assenza di proposte, spicca però il Riesling 2015 di Schloss Englar (zona Appiano, 500 metri slm, vigne quarantenni), cantina di cui già ho scritto nella prima puntata, a proposito dello Chardonnay. E spicca non tanto per particolare complessità, quanto per tocco, “sentimento” di fondo, nonchalance, delicatezza nei toni, che qui non significano vaghezza ma elegante introspezione.

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Reduce dall’illuminante Valle Isarco Müller Thurgau Sass Rigais 2016 di Manni Nössing (buonissimo, la migliore annata di sempre), che ha onorato da par suo i cibi generosamente saporiti del ristorante Finsterwirt di Bressanone, mi avvicino al mitico Müller Thurgau Fieldmarschall Von Fenner 2016 di Tiefenbrunner per apprezzarne fin da subito un’eleganza timbrica sicuramente riconducibile al vino precedente, racchiusa qui in una trama di bocca meno sussurrata ma oltremodo intensa e vibratile, di lunga risonanza, particolarmente portata alla raffinatezza nei modi rispetto ad altre versioni apparse più orientate sulla potenza aromatica e sulla pienezza. Per questo, e per settecento altri motivi (anzi mille, tanti quanti sono i metri sul livello del mare delle giaciture da cui proviene), è e resterà un vino da non mancare.

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Chiudiamo con uno dei pochissimi testimonial provenienti dalla Valle Isarco, la nuova Private Cuvée Andreas Huber 2015 di Pacherhof, da uve kerner, riesling e sylvaner, un bianco di razza che suggella un ritorno in grande stile su livelli espressivi e stilistici in grado di esaltare come non mai autenticità e purezza.

Ed è proprio la purezza a conquistarti; è lei il tratto caratterizzante ed ispiratore di questo vino “senza firma”, fedele traduttore del proprio terroir. Vibrante, signorile, profilatissimo, di garbata modulazione aromatica, ti riconcilia con il mondo, questo fa.

FERNANDO PARDINI

2 COMMENTS

  1. Commento poco costruttivo il mio ma leggendo i tre articoli mi viene spontanea una domanda: e della Schiava nessuna notizia???

  2. Commento + che legittimo, Piero. Qualcosina (pochissimo) sul tema c’era ( Nusserhof uber alles), per il resto i produttori hanno scelto di portare principalmente Lagrein, Baluburgunder e uvaggi Cab e Merlot ( circostanza forse comprensibile per il fatto che trattavasi di vini imbottigliati ma nn ancora in commercio). Ma, come ho scritto nella intro alla prima puntata, vista l’impossibilità di affrontare tutto lo scibile presente a Bolzano quel giorno, ho “ripiegato” esclusivamente sulla categoria dei bianchi, assaggiandoli pressoché tutti ed estraendone poi alcune voci -a mio parere più significative- per dare corpo ai pezzi.
    Un saluto
    fernando

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