Così come è stato per le prime due parti della trattazione, abbiamo deciso di dividere per temi -per vitigni – la disamina, e di focalizzare parole ed attenzioni su quelle che ci sono parse le migliori evidenze qualitative.
Per sapere che cosa sia, e che cosa ci abbia ispirato, il Wine Summit, e per scoprire le nostre prime impressioni sui vini, LEGGETE QUI. Per conoscere di significativi, quando non splendenti, Pinot Bianco e Sauvignon LEGGETE QUI.
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ASSAGGI E SUGGESTIONI – TERZA PARTE
Gewürztraminer
C’è stato un tempo in cui Gewürztraminer era sinonimo di Alto Adige, letteralmente. Quasi si fosse trattato di un esclusivo sigillo di originalità o di appartenenza. Al punto tale da surclassare, nelle predilezioni dei bevitori ma soprattutto dei neofiti, ogni altra espressione enoica regionale (e anche più in là).
Con il tempo, grazie ad una progressiva inversione di tendenza che è andata a propiziare, per i vini bianchi, traiettorie espressive più stilizzate e meno debitrici dell’evidenza aromatica e della presenza scenica, il celebre vino-vitigno altoatesino è stato ricondotto negli alvei di visibilità che gli competono, senza troppe sovraesposizioni.
Semmai, questo sì, la nuova sensibilità ha favorito un sostanziale ripensamento nelle tecniche di elaborazione, per garantire oggi, accanto ai profumi, un gusto più flessuoso, contrastato ed elegante, soprattutto meno zuccheroso e smaccato rispetto a un tempo.
Dalla rassegna di oggi ho estratto tre classici, quindi nessuna novità di rilievo. A conforto però, una performance da “grande classico”, avvezza per blasone, e per medaglie conquistate sul campo, alla personalità e alla caratterizzazione.
Il Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum 2015, ancora di Tramin, è un vino ammaliante e profondissimo. Il contributo della muffa nobile ne esalta il carattere rotì, ottimamente integrato nel corpus del frutto, ammantato di florealità e speziature. La sua dolcezza è una dolcezza buona, pervasa di elettricità e vivezza. Davvero bello, davvero difficile fare a meno di lui.
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C’è Pinot Grigio e Pinot Grigio
Se non è poi così difficile intuire che è da questa regione, e dal Friuli Venezia Giulia, che è possibile rintracciare gli esemplari migliori della specie, è anche vero che questa tipologia di vini deve ancora scrollarsi di dosso le conseguenze di un luogo comune assai sedimentato: l’inflazione di un nome. Ciò che l’ha condotta ad essere fin troppo sbrigativamente derubricata in retrovia, negli ambienti sospettosi e snob degli enoappassionati più esigenti.
Un nome che -vedi un po’ cosa ti combina il pregiudizio, che a sua parziale discolpa potrà citare la marea di vini anonimi che si chiamano così!- non ispira tanto facilmente un sentimento di rispetto e di attenzione. Quasi vi si celasse ovvietà, e in quel “grigio” del nome il grigiore. Fortunatamente non è così. Decisamente non è così. Di una curiosità pura e “ingenua”, scevra da preconcetti, di quella sì che ce ne sarebbe un gran bisogno. Da non stancarsi mai.
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Misto griglia
Una cosa è certa: se il risultato è un vino come il Casòn 2015 di Alois Lageder, non è che puoi tacerne il passaggio così, per partito preso! Perché se la personalità aromatica scarta di lato rispetto alle tipiche “direttrici” che siamo soliti apprezzare nei vini dei luoghi, che personalità, e che capacità di dettaglio! La carnosità e la schiettezza, poi, fanno il resto, contribuendo ad un sorso lungo ed elegantemente fibroso, la cui ampia diffusione rilascia sapore e pura piacevolezza.
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Nelle nebbie di una generalizzata assenza di proposte, spicca però il Riesling 2015 di Schloss Englar (zona Appiano, 500 metri slm, vigne quarantenni), cantina di cui già ho scritto nella prima puntata, a proposito dello Chardonnay. E spicca non tanto per particolare complessità, quanto per tocco, “sentimento” di fondo, nonchalance, delicatezza nei toni, che qui non significano vaghezza ma elegante introspezione.
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Ed è proprio la purezza a conquistarti; è lei il tratto caratterizzante ed ispiratore di questo vino “senza firma”, fedele traduttore del proprio terroir. Vibrante, signorile, profilatissimo, di garbata modulazione aromatica, ti riconcilia con il mondo, questo fa.
Commento poco costruttivo il mio ma leggendo i tre articoli mi viene spontanea una domanda: e della Schiava nessuna notizia???
Commento + che legittimo, Piero. Qualcosina (pochissimo) sul tema c’era ( Nusserhof uber alles), per il resto i produttori hanno scelto di portare principalmente Lagrein, Baluburgunder e uvaggi Cab e Merlot ( circostanza forse comprensibile per il fatto che trattavasi di vini imbottigliati ma nn ancora in commercio). Ma, come ho scritto nella intro alla prima puntata, vista l’impossibilità di affrontare tutto lo scibile presente a Bolzano quel giorno, ho “ripiegato” esclusivamente sulla categoria dei bianchi, assaggiandoli pressoché tutti ed estraendone poi alcune voci -a mio parere più significative- per dare corpo ai pezzi.
Un saluto
fernando