Quelle pagine sono state scritte, e fortunatamente anche superate. Finalmente sono comparsi i capitoli nuovi, che ci parlano oggi di buon senso e di un ritrovato acume, di una imprenditoria agricola sana e soprattutto cosciente delle intime potenzialità del proprio territorio. Sono i capitoli che stanno traghettando la Rùfina nel futuro, verso un auspicabile nuovo Rinascimento.
Così, per manifestare affetto al tempo nuovo, ci è sembrato stimolante fare il punto della situazione, valutando le proposte e le identità stilistiche in campo. Il locale Consorzio ci è venuto incontro con grande spirito collaborativo, chiedendo su nostro suggerimento ai produttori interessati di mettere a disposizione tre annate a scelta di una stessa etichetta di Chianti Rufina, quella che avrebbero ritenuto la più significativa, e organizzando di fatto la degustazione.
Ne è emerso un quadro sfaccettato in cui non si muore di noia, e dove gli intendimenti stilistici vanno accogliendo traiettorie espressive magari non sempre congruenti fra loro – si va dai “fedeli alla linea” ai “modernisti” – ma da cui emerge con sempre maggiore evidenza il temperamento del sangiovese dei luoghi.
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FRASCOLE
L’approfondimento ha riguardato il Chianti Rufina Riserva: tre annate differenti fra loro per andamenti stagionali ma che hanno invariabilmente partorito vini convincenti per rigore tipologico, riconoscibilità e naturalezza espressiva, doti invidiabili da tener buone per il futuro.
Chianti Rufina Riserva 2011
Austero & compassato, l’anima del sangiovese emerge a tutto tondo, alimentata dagli umori di spezie e sottobosco e nobilitata da una dotazione tannica che si scioglie in sale. Serioso e signorile, di buona dinamica gustativa, colpisce per portamento e per come ha saputo rispondere alle insidie dell’annata con un bilanciamento prezioso fra le parti: calore alcolico e dolcezza di frutto da un lato, struttura tannica e acidità dall’altro. Sì, è un vino saldo e compiuto.
Chianti Rufina Riserva 2010
Elegante, sfumato, di bella freschezza aromatica adornata da un frutto maturo al punto giusto, si avvantaggia degli influssi di un millesimo propizio offrendosi secondo una trama scorrevole e succosa, espressa nel nome della tipicità e del territorio. Ottimo conseguimento.
Chianti Rufina Riserva 2006
Tutto sommato adeguato quanto a stato evolutivo, si fa garante di un giusto grado di dettaglio e di una trama fresca ed affusolata, solo un po’ contratta nel finale, ancorché sapida. Vitale e gradevole, le insidie future assumono semmai accenti di frutta secca e una lieve ma (ancora) sopportabile cadenza amaricante.
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COLOGNOLE
Dalla disamina della etichetta più rappresentativa, il Riserva del Don, emerge una fisionomia rigorosa e sicuramente riconducibile agli stilemi classici dei vini della Rùfina, lì dove una nitida impronta varietale direziona trame di buon contrasto e di altrettanta introspezione, che in corrispondenza delle annate più generose (in questo caso ben “assorbite” dai vini) sembrano in grado di sdilinquirsi in un eloquio più garbato e colloquiale. Di certo non manca il carattere, a cui contribuisce un distintivo marchio sapido, spesso in grado di innestare gli allunghi.
Chianti Rufina Riserva del Don 2009
Sensuale e progressiva apertura aromatica sui frutti rossi del bosco e sulla menta, buon amalgama e buona idea di dolcezza, ciò che si traduce in una bocca rilassata, sinuosa, senza irrigidimenti tannici, accompagnata da stimoli erbacei. A fargli le pulci, c’è una linfa vegetale a restringere la trama nella persistenza, ma la freschezza di fondo ti invita alla riprova.
Chianti Rufina Riserva del Don 2006
Qui il tempo sta tramando per offuscare nitore e scorrevolezza e per propiziarne un tratto gustativo pastoso, robusto ma poco sfaccettato. Chiaroscuro aromatici, annunciati da sentori di sottobosco e funghi secchi, donano un’aura old fashioned al vino, che ha i suoi lati intriganti ma non ti distoglie dal fatto che sia un po’ “avanti” come stato evolutivo. Avvolgente, materico, altero, solo la sapidità non molla e chiede attenzioni nuove.
Chianti Rufina Riserva del Don 2004
Cromatismi e profumi più tonici rispetto al 2006. E se al naso appare un po’ restìo a concedersi, dimostrando saldezza ma poca propensione alla diffusione, per suadenza gustativa può ricordare da vicino il 2009, perché sicuramente non presenta il tratto rigido e severo di un 2006. Buona infatti la grana del tannino, e poi il finale rilancia e tiene, ancora fremente di acidità e di sale. Interessante, dialettico, da ascolto attento.
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PODERE IL POZZO
In assaggio il Riserva Vigna Vecchia, derivato da una vigna ultra cinquantenne piantata con vecchi cloni di sangiovese ed altre uve tipiche come colorino e canaiolo nero. Delle annate proposte, in deciso spolvero la 2013. E non solo perché probabilmente favorita dall’andamento stagionale, ma perché lascia lampeggiare un significativo progresso in termini di chiarezza espositiva e focalizzazione stilistica, rispetto ad alcune incertezze emerse dalle precedenti versioni. Per questa ragione, un bel viatico.
Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2013
Fresco, fragrante, di puntuale definizione aromatica, assume un buon respiro e un certo garbo dai risvolti finanche floreali. Buon equilibrio al palato, dove l’attitudine alle sfumature, la trama affusolata e i tannini “soffiati” gli consentono di acquisire bevibilità e scioltezza. E se ancora la complessità non è al massimo, di lui mi piacciono il senso della misura e il sentimento di fondo.
Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2011
Consistente ma un po’ appesantito nella dinamica, robusto ma poco sfumato: in una parola, tutto d’un pezzo. Dalla sua un frutto rigoglioso ma, di contro, faticosa articolazione. Un sottofondo “corteccioso” ne screzia la beva, mentre la latenza in tonicità è il comprensibile lascito di una annata calda e insidiosa.
Chianti Rufina Riserva Vigna Vecchia 2009
Toni evoluti, note di incenso e un forte timbro balsamico, quasi eucaliptico, annunciano un vino avvolgente, di discreta espansione, ravvivato da un brillio di freschezza acida ma un po’ rugoso e asciutto nel finale a causa della forza dei tannini e del “giogo” temporale.
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MARCHESI GONDI – TENUTA BOSSI
Le tre annate del Riserva più ambizioso e longevo, il Villa Bossi, nella cui palette entra anche una quota di cabernet sauvignon, ci hanno fornito due certezze: da un lato una fisionomia concepita perseguendo uno stile calibratamente “moderno”, da cui non emerge a piena voce una caratterizzazione spinta nel verso della classicità (basti pensare all’anima “bordolese” di un 2000 e, sia pur in modo meno evidente, di un 2005), dall’altro però la sicura attitudine a ben vecchieggiare, come tante annate ancora disponibili in cantina hanno saputo dimostrare a più riprese. Ecco, in tal senso la produzione della famiglia Gondi si ricollega efficacemente alla grande vocazione del territorio: quella della longevità.
Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2010
Mora, ciliegia, menta e spezie: coté “moderno” ma senza ostentazioni per un profilo aromatico fresco e propulsivo, solo screziato da qualche sfocatura. Attacco di bocca soffice, sul frutto, sviluppo piacevole, di media profondità, un po’ asciutto nel finale per via delle reminiscenze del rovere.
Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2005
Bella nota balsamica in un corpo ben tornito, dove morbidezza, freschezza e bevibilità sono doti acclarate. Porta bene l’età che ha, i terziari non bussano ancora alla porta e sebbene la personalità non sia eclatante e gli sbuffi erbacei ci ricordino influenze “foreste”, è compatto, vitale, gradevolmente concessivo.
Chianti Rufina Riserva Villa Bossi 2000
La desinenza “bordolese” che ne permea le trame, di intrigante suggestione fruttata e profonda scia balsamica, contribuisce a rendere il quadro dei profumi molto elegante anche se non propriamente riconducibile al classico stilema di un Chianti Rufina. Però annuncia integrità, freschezza, sensualità, ed è ciò che coerentemente accade al gusto, a cui non fan difetto nitidezza ed accordature. Insomma, quanto a tonicità e a potenziale di longevità nulla da eccepire, anzi, va alla grande; casomai è un po’ eterodosso, quello sì.
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I VERONI
Sono vini sicuramente curati, per alcuni versi “da meditazione” per come sono declinati, la cui solare generosità, se tende ad erodere le sfumature più sottili, non gli preclude affatto la possibilità di una evoluzione ad alto tasso di dignità, come ha dimostrato la piccola verticale di oggi.
Nota a margine, Quona discende dal toponimo del luogo in cui sono piantati i vigneti della proprietà, fra i 250 e i 280 metri sul livello del mare. Dalla annata 2014, è il nuovo nome affidato al Rufina Riserva.
Chianti Rufina Riserva Quona 2014
Stimoli di frutta esotica, erbe aromatiche e petalo di rosa rendono eloquente il quadro dei profumi, anche se non del tutto capace di “muoversi” all’aria con disinvoltura. Emerge poi una sensazione generalizzata di dolcezza che incide ed indirizza il sorso. Certo si tratta di un “diversamente Rùfina”, un po’ a modo suo, eppure mi sta simpatico, perché tutto sommato, in questo formato generosamente “tondeggiante”, non manca di quadratura e gradevolezza.
Chianti Rufina Riserva 2010
Colore accentuato per la tipologia, impatto fruttato che vira sulle confetture, poi erbe selvatiche, ad annunciare un rosso robusto, potente, concentrato, la cui esuberanza trova un provvidenziale contraltare nella sapidità e nella freschezza di fondo. Un po’ ingombrante ma non sguaiato.
Chianti Rufina Riserva 2006
Concentrazione di colore e materia, rigoglìo di amarene mature, prugne, erbe macerate ed officinali; in bocca emerge una sapidità interessante, è ancora vivo, dinamico, meno ridondante di quanto ti aspetteresti. Certo faccio un po’ fatica ad associarlo a un Rùfina, ma non faccio nessuna fatica ad associarlo a uno stile: è sicuramente Veroni!
Degustazione effettuata alla Villa Poggio Reale (Rufina) nel mese di ottobre 2017, in compagnia di Ernesto Gentili e Paolo Valdastri.
Nella prima foto: il mitico “carro matto” della Rùfina a Firenze, nel corso della commemorazione storica “Bacco Artigiano”