Non sono per forza di cose il meglio che c’è, ma sono ciò che ho incontrato. Sono stati semplicemente la mia compagnia, il “secondo sangue della razza umana” di deamicisiana memoria, insieme ai volti, agli amici, ai viaggi e agli umori. Di tutta questa parvenza di socialità sono stati il tramite, molto spesso il motore primo. Mi conforta immaginare che possano esserlo anche per chi ne leggerà.
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Clos des Goisses 2002 – Philipponnat
La cosa che più mi ha sorpreso, organoletticamente parlando, è come questo vino si sia disimpegnato nel bel mezzo di una bevuta spaiata nei generi che sulla carta annoverava vini ben più «impegnativi », da certi autorevoli Barbaresco a sentimentali Chianti Classico.
Ebbene, lui non ha battuto ciglio, imponendo la sua abbagliante personalità; l’intensità e il grip gustativo, per dire, non sono stati da meno di quelli sciorinati da un Riserva Rabajà 2008 di Cortese! Potevi passare con disinvoltura da un calice dell’uno a un calice dell’altro senza per questo soffrire il peso della differenza, che solitamente tenderebbe ad affievolire la voce del vino più leggero e delicato.
Monumentale per droiture e fierezza, Clos des Goisses 2002 continua a far leva su un’acidità pervasiva, che illumina il sorso per renderlo tonico e impettito, dissimulando in una beva contagiosa doti inalienabili quali struttura, corpo e cremosità. Piuttosto secco nell’incedere, levigato al tatto e vibrante nella dinamica, propone un allungo devastante di sapida elettività, mantenendo per intero tutte le promesse racchiuse in un millesimo speciale e in uno speciale terroir, quello di Mareuil-sur- Aÿ, sul canale della Marne, lì dove suoli, microclima ed esposizioni sono soliti garantire un punto di maturazione al frutto che è cosa rara incontrare a quelle latitudini. Insomma, al suo passaggio viene da chiederti: ma ad un vino così buono servono davvero le bollicine ?
Fuor di provocazione, lo ammetto, siamo lì col conto: nonostante gli anni e l’esperienza, nonostante la consapevolezza maturata sul campo e l’abitudine a vedere tutto il buono che c’è in qualsivoglia denominazione e in qualsivoglia espressione stilistica dell’amato mio mondo vitivinicolo, dentro di me lavora un piccolo “tarlo” che non riesco a cacciar via. Ha l’ardire di gettare opacità sul mondo dorato dei Méthode Champenoise, pensa te.
Clos des Goisses 2002 ha cercato di contribuire al disgelo con tutto il potenziale espressivo di cui era capace. So che potrebbe costituire un buon « anti-tarlo », anche se piuttosto costoso. Io per adesso sto alla porta: sento la bellezza bussare, ma il disagio resta.
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Mosel Schwarzhofberger Riesling Kabinett 2010 – Egon Müller
Eppure, quando ho goduto della incontaminata purezza dello Schwarzhofberger versione Kabinett 2010 di Egon Müller, mica mi sono venute alla mente tutte queste fisime!
Ogni trip ha le sue controindicazioni.
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Fiano di Avellino 2015 – Rocca del Principe
Il dato certo è che la bottiglia è terminata mooolto in fretta. E non ha lasciato strascichi né alla testa né alla digestione. Mostro d’un Fiano, le continue elucubrazioni a riguardo si sono invariabilmente tradotte nella compulsività di un bere amico. Solo più tardi, a giochi fatti, ho realizzato che «ammazza però, come va giù bene».
Si è insinuato lentamente, con metodo, senza fretta, lasciando intuire senza imporre. Della sua terra, che di nome fa Lapìo, si è portato appresso la dinamica rigorosa, “dritta”, instradata da una vena iodata. E un’indole compassata, di implacabile linearità gustativa, la cui aria spulizzita non confligge affatto con il carattere. Lo stimolo gessoso-minerale, nel frattempo, gli ha iniettato dentro una bella dose di autenticità, e il suo passaggio ha assunto la statura di un sorso interiorizzato. Da allora non chiede più parole, solo rispetto.
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Nahe Riesling Burg-Lajer Johannisberg Scheurebe Auslese 1989 – Michael Schaefer
Filippo Bartolotta, finissimo degustatore e passionale divulgatore enogastronomico di stanza a Firenze e nel mondo (anche alla Casa Bianca), ci ha onorati con questo vino-navicella. Alimentato a sogni e muffa nobile, è in grado di proiettarti in un’altra dimensione alla velocità della luce. Difficile fare di meglio, allo stato attuale della scienza e della tecnica.
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