La scomparsa di Bruno Gottardi. Un percorso di stile

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Solo oggi apprendo che Bruno Gottardi ci ha lasciati. Persona apparentemente schiva ma indubbiamente signorile, era in realtà, per quel poco che l’ho conosciuto, di una gentilezza antica, fuori del tempo, forse senza tempo. Ho avuto il piacere di incontrarlo diverse volte, ma mai nei suoi vigneti altoatesini di Mazzon, nei pressi di Egna, laddove ha coltivato il miracolo. Sì, il miracolo di rendere concreta una illusione, quella di far nascere un Pinot Nero italico di grande livello, personale e futuribile. D’altronde il Pinot Nero era la sua passione, come dimostra la sua attività professionale a fianco di produttori borgognotti “scartini” come Comte de Vogue e Armand Rousseau. Le sue bottiglie negli anni sono diventate merce rara (nient’affatto cara però), vero e proprio oggetto di culto per gli appassionati. I suoi vini un soffio di bontà. Nessuno più di lui, nessuno con la stessa continuità, ha tenuto alto il blasone di una scommessa forte e apparentemente fragile, che ha visto vincente un terroir elettivo ( uno dei pochissimi in Italia) e ha visto vincente una idea di vino lirico, sussurrato, chiaroscurale, stilizzato, anche in periodi in cui questi termini spaventavano i consumatori e irritavano i critici. Rarità nella rarità, ho avuto il piacere negli ultimi anni di assaggiare il suo Gewurztraminer, quello sì più introvabile dei Pinot Nero: una delizia. Mi spiace non aver camminato le vigne di Mazzon in sua compagnia, ma questo suo flemmatico, compassato, apparente distacco ( d’altronde la sua celebre attività di commerciante di vini ha sede ad Innsbruck) mi ha sempre affascinato, perché convinto che il calor buono trasmesso dai suoi grandi Pinot Nero non poteva che riflettere il “calore” dell’uomo. Confidiamo che il futuro non disperda la strada tracciata da Bruno ( ma so che in azienda ci sono persone speciali) e che i suoi vini, perché suoi sempre rimarranno, continuino a raccontarci storie. La vitalità enoica del nostro paese passa obbligatoriamente per vini così. Per storie così.

La foto di Jorg Wilczek è stata estratta dal volume “Vignaioli dell’Alto Adige” di Martin Kilchmann edito da Folio Editore.

FERNANDO PARDINI

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