Immaginare il vino e raccontarsi. Come in un diario sentimentale, fra parole e immagini

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Le parole sul vino si moltiplicano di giorno in giorno di pari passo con le bottiglie, ma se non è così raro trovare vini che parlino non solo alla nostra lingua, ma anche alla nostra sfera emotiva, è assai più complesso incontrare chi di vino ne parla, ma con passione autentica.

Questo è il tentativo – riuscito o meno, a voi giudicare – delle due storie raccontate nell’ultimo libro di Francesco Falcone, “Intorno al vino. Diario di un degustatore sentimentale” (Quinto Quarto, 2019) e nella graphic novel di Fred Bernard, “Chroniques de la vigne. Conversations avec mon grand-père” (Glénat, 2013), per chi legge il francese.

Sono due rapporti personali con il vino quelli che ci troviamo a leggere. Il primo, di un neofita che sebbene provenga da una zona dove il vino si produce (Gioia del Colle) si è avvicinato da adulto alla professione di degustatore e divulgatore, intraprendendo un percorso diverso rispetto a quello desiderato dal padre, che lo avrebbe voluto gelataio come lui.

Il secondo, quello di un erede di una famiglia di viticoltori di una delle regioni vinicole più rinomate al mondo, la Borgogna; in particolare l’erede in questione proviene da Savigny-lès-Baune, e in quanto nipote maggiore a lui spetterebbe di proseguire la tradizione del nonno materno e dei suoi avi e prendere in mano la gestione dell’azienda di famiglia. Ma saranno i cugini a doversene occupare, perché il nostro eroe sceglierà di lasciare la propria terra per seguire un percorso tortuoso che lo porterà a diventare autore di fumetti, scrittore ed illustratore.

Per entrambi gli autori però il vino possiede un potere di richiamo, o come nel caso di Bernard, scorre nelle vene: al pari di Obelix, c’è caduto dentro da piccolo e non può più liberarsene. Dunque tutti e due ne devono parlare, lo devono comunicare, ne devono scrivere nel modo che gli è proprio: Falcone da giornalista e narratore, Bernard da scrittore e illustratore. Ma entrambi scelgono una narrazione breve, fatta di piccole scene, momenti, ricordi, assaggi di memoria enologica e personale, in una forma ibrida che per espressa dichiarazione dei due autori è molto vicina al diario, ai carnets de voyage, o ancora alla conversazione amicale, magari accompagnata da un bel bicchiere di vino.

E anche la vicenda che i due autori ci raccontano non è poi tanto diversa, è quella di un amore per il vino e di un vino fatto con amore, che mette al centro dell’attenzione gli esseri umani, il loro legame con la terra e con la storia.

Intorno al vino è una raccolta di pezzi facili che Falcone ha pubblicato dal 2016, da quando scrive su winesurf.it. Il testo è organizzato in cinque sezioni principali (dopo un preambolo e un’introduzione), a cui seguono due elenchi di consigli di vignaioli da conoscere e libri da leggere sul vino. I vagabondaggi per l’Italia (con un occhio particolare alla Romagna, a cui è dedicata una sezione intera) e per la Francia (soprattutto la Champagne) ci portano a caccia di vignaioli e di vini degni di destare emozione e di distinguersi dall’omologazione dell’industrializzazione, che non ha risparmiato il mondo del vino. Assieme ai brevi resoconti degli assaggi, sono piste da seguire per scoprire o approfondire la faccia nuova del mondo del vino, spesso ancora poco conosciuta: uomini e donne che producono vini naturali o che fanno della ricerca identitaria il senso del loro vino e del loro vivere.

Questi brani non mancano di una vena narrativa, trasognata e sovraccarica di empatia e propensione al sentimentalismo (nella sua accezione filosofica), risvegliando la nostra immaginazione e curiosità di assetati lettori/degustatori.

Ma a mio parere la sezione più interessante del libro è la prima, «Riflessioni e sentimenti», almeno per chi è stanco di leggere dei soliti resoconti più o meno intelligenti di assaggiatori più o meno dotati, ma cerca nel vino una chiave di interpretazione della vita e vuole recuperarne il sapore, adottando un modo di degustare che vada oltre le semplici analisi tecniche, e che sia un apprendere a «seguire la propria sensibilità, muoversi in direzione di una continua ricerca personale, arrendersi al confronto con gli altri» (p. 16).

Falcone ci trasporta in quella che è una retrospettiva del suo percorso di educazione sentimentale al vino, portandoci a riscoprire le origini del suo innamoramento, le persone che a questo mondo lo hanno introdotto e continuano a essere suoi punti di riferimento, gli errori di gioventù e il raggiungimento della propria maturità di degustatore, oggi consapevole che l’educarsi al vino è un processo continuo che investe la vita intera (p.30). Il percorso che traccia Falcone è quello del bevitore di emozioni, che non vuole un vino standardizzato e succube del mercato, ma sa che l’essenza stessa del vino, come della vita, è il cambiamento e la varietà, pur nel mantenimento di una propria identità e unità salde.

Così quello che cerca è «un vino che abbia viso, cuore, carattere» (p. 48), unico e non ripetibile nella sua differenza e peculiarità, insomma un vino che abbia una propria personalità. Come il vignaiolo che lo produce, che deve essere «un interprete libero» (p. 47) capace di unire intelligenza e sentimento e di avere una visione del vino che vuole produrre e del proprio ruolo, che possa marcare una differenza (p.48) e rispettare i luoghi, le tradizioni, gli equilibri produttivi e l’evoluzione propria del vino stesso.

«Il vino buono non deve dirci solo del vitigno. Né solo della tecnologia. Né solo delle cose che sappiamo. Ma di quelle che immaginiamo» (p. 166). E questo deve essere anche lo spirito che guida il degustatore: quello che Falcone in estrema sintesi tenta di dirci è che la degustazione va ben oltre la mera tecnica dell’assaggio: è invece un’esperienza che coinvolge la totalità di noi stessi, che ci porta a scardinare i nostri preconcetti e la nostra visione del mondo, e a imparare ad assaporare di nuovo, a fare uso della nostra immaginazione, e delle nostre sensazioni ed emozioni, non solo dell’intelligenza.

Nell’atto del bere c’è forse qualcosa di trascendente, di sacro, che ci libera dal ritmo del tempo e ci aggancia all’eternità, una ricerca di attimi di felicità e una «caccia all’infinito» (p. 77), nella consapevolezza che il vino è un elemento vivo, che non potrà mai essere incasellato una volta per tutte in nessuna definizione. Il processo di formazione del degustatore è dunque infinito esso stesso e si nutre dell’immaginazione e della passione dell’assaggiatore, che sa lasciarsi trasportare dalla forza e peculiarità di ogni sorso.

Come Falcone anche Bernard in Chroniques de la vigne ci racconta del suo legame personale con il vino, e di quello della sua famiglia, e la dimensione familiare del racconto si riflette anche nella scelta della lingua, che deve spesso il suo lessico al français familier.

La graphic novel è strutturata come un diario di viaggio, articolata in brevi episodi, aneddoti sui suoi avi, riflessioni personali sul vino e sulla degustazione, informazioni sulla Borgogna, sulle produzioni vinicole francesi e del mondo, alternati a brani tratti da Gli effetti psicologici del vino, di Edmondo De Amicis, dove si descrivono gli effetti dell’alcol sulle diverse tipologie di esseri umani.

Bernard trasforma in immagini una storia personale che si mescola e si impasta con la terra di una regione, la Borgogna, che ha una lunga tradizione vinicola. L’occhio e la memoria attenti di Bernard si nutrono del confronto con il nonno materno. E molto spesso è proprio per bocca del nonno materno, incallito bevitore ed esperto conoscitore e degustatore dei vini borgognoni (e non solo!), che scopriamo una Borgogna più intima, fatta di veloci ritratti, episodi familiari, personaggi più o meno noti, considerazioni sulla viticoltura odierna e quella tradizionale, sulla degustazione, ma soprattutto di amore per il buon vino e per la semplicità. «Mon grand-père dit que “le snobisme, c’est la classe des cons”. Que le vin doit (aurait dû) rester quelque chose de simple» (p. 6), questo forse il senso centrale di tutta la storia, che è una storia d’amore per il vino e per la figura del nonno.

Ma Bernard accende anche una luce su un mondo rurale fatto di convivialità e quotidianità, e di un savoir faire che rischia di perdersi sotto l’omologazione e lo snobismo dei degustatori “tecnici”. Il nonno dell’illustratore non è un moralista nostalgico, ma un bon vivant che difende la sua terra e la sua storia in tutta la sua rude quanto tenera scontrosità.

L’opera di Bernard è una vera e propria ode al vino, che trasforma la poesia in illustrazione con un tratto sensuale e disinvolto, e un affabulare colloquiale e spesso ironico dotato di un senso dell’humour spensierato che dà leggerezza anche agli episodi più tristi della storia. Un quaderno di viaggio nel paesaggio della sua memoria, della memoria familiare e nelle ruelles ombreggiate di viti della Borgogna, da leggere tutta d’un fiato come un vino di pronta beva, o da centellinare pagina per pagina come i sorsi di un bel Borgogna del ’29.

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Francesco Falcone

Intorno al vino. Diario di un degustatore sentimentale

Quinto Quarto Edizioni – Faenza, gennaio 2019

Non fiction

pp. 304

€ 18 (brossura) – € 7,90 (ebook)

 

Fred Bernard

Chroniques de la vigne. Conversations avec mon grand-père

Glénat – Grenoble, settembre 2013

BD/Graphic novel

Lingua: francese

pp. 152

€ 19,50 (cartonato) – € 10,90 (ebook)

 

Aurora Tosi

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