Alla fiera dell’est (per due soldi…)

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Sono passati ormai due anni dal periodo più cupo dell’emergenza COVID, momento di restrizioni e blocco per moltissime attività della nostra vita sociale. Oggi quel periodo sembra un ricordo che inizia a sbiadirsi, prevaricato dalla nostra ritrovata, frenetica, quotidianità fatta di scadenze, appuntamenti e opportunità. Il mondo del vino ha sempre tratto forza e linfa vitale dai momenti di incontro e di scambio tra produttori, operatori ed appassionati, e lo stop forzato dovuto alla emergenza pandemica lo ha catapultato, più di ogni altro settore, in un nuovo medioevo fatto di isolamento, attesa e lentezza.

Il filo conduttore di quel periodo è stata la consapevolezza di poterne trarre degli insegnamenti, riflettere sulle opportunità ed avere finalmente il tempo di fare il punto sulla propria vita e la propria attività, come in un film al quale è stato concesso di essere messo in pausa per un po’ di tempo. Ma questo tempo è davvero servito? I momenti di incontro tra produttori ed appassionati come sono cambiati? E soprattutto, sono cambiati?

Come avrete intuito, in questo articolo cercheremo di fare un’analisi sullo stato dell’arte delle manifestazioni e delle fiere nel mondo del vino, per capire come sta il settore e come si sta evolvendo, sempre nell’ottica del rispetto della sua funzione primaria, ossia di supporto alla conoscenza e alla valorizzazione delle cantine e dei territori. Il nostro sarà un “viaggio al centro della terra”, iniziando dalle grandi manifestazioni internazionali per arrivare alle piccole manifestazioni territoriali, cercando di capire quale sia il loro stato di salute e la loro possibile evoluzione.

Le grandi fiere del vino hanno storicamente costituito un importante vetrina per l’industria vinicola italiana ed europea. Nel corso del tempo, queste manifestazioni hanno subito rilevanti mutamenti, rispecchiando le dinamiche del comparto vinicolo e le preferenze della clientela. Uno dei principali punti di forza risiede nella loro efficacia nel promuovere il settore, sia a livello nazionale che internazionale. Questi eventi hanno contribuito a consolidare l’immagine dell’Italia come leader mondiale nella produzione vinicola, fornendo ai produttori una piattaforma di esposizione per i propri prodotti, incrementandone la visibilità e catturando l’interesse dei consumatori.

Le grandi fiere si sono affermate come forum fondamentali per la condivisione di conoscenze tra produttori, esperti ed appassionati, consentendo loro di aggiornarsi sulle ultime tendenze e sulle innovazioni del settore. Questo scambio di informazioni ha innescato l’evoluzione continua delle tecniche di produzione ed arricchito la conoscenza del pubblico in materia di vino.

Dopo un periodo di stop forzato i grandi eventi sono tornati prepotentemente alla ribalta, nonostante stessero vivendo un momento di crisi già prima dell’era COVID. La complessità gestionale di questi eventi rende molto difficile un intervento di mutamento radicale in tempi brevi dei loro format, ma i primi segnali si intravedono. La convinzione è che questa tipologia di eventi, al di là delle criticità organizzative o della effettiva utilità per la strategia promozionale di una cantina, siano imprescindibili per poter avere una fotografia chiara e concreta di un settore che rappresenta ormai stabilmente un pilastro economico del nostro Paese.

I grandi eventi italiani ancora oggi riescono a polarizzare l’attenzione e guadagnarsi un “posto fisso” all’interno di un calendario promozionale annuale. Ma attenzione, se andiamo ad analizzare un po’ più in profondità la composizione della partecipazione alle grandi fiere, ci accorgiamo di un fenomeno che negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede: l’aggregazione.

La varietà produttiva del nostro territorio, e a dirla tutta anche i crescenti costi di partecipazione, spinge sempre di più a partecipazioni aggregate sotto diverse chiavi tematiche: filosofie produttive, territori, denominazioni, regioni. Ed è qui che facciamo il nostro primo salto in profondità, passando da una visione più globale ad una visione più territoriale.

Negli ultimi anni le grandi fiere hanno portato avanti un’operazione di selezione dei partecipanti andando progressivamente a concentrarsi su un pubblico professionale, costringendo gli appassionati a volgere il loro sguardo altrove. Ed è proprio per questo che sono nate, e si sono intensificate, manifestazioni territoriali specifiche, aperte anche al pubblico e che hanno così intercettato una grande fetta di appassionati rimasti orfani di una Disneyland enoica in gran parte a loro preclusa.

Anteprime, eventi dedicati alle denominazioni minori e feste dei Consorzi sono cresciute anche grazie alla disponibilità di fondi dedicati alla promozione messi a disposizione della Comunità Europea. Il calendario fieristico si è così riempito anche in periodi che venivano considerati come una pausa naturale nell’attività di promozione aziendale. Oggi non c’è un week end libero da eventi di degustazione o manifestazioni.

Questa tipologia di eventi raggiunge un target molto preciso, va a scavare un po’ più a fondo nel campo degli appassionati di vino, cercando di intercettare e dialogare con chi sia desideroso di approfondire realmente le espressioni di un territorio e carpire le differenze stilistiche delle diverse produzioni. Così come accade ad esempio in eventi più “orizzontali” dedicati a specifiche tematiche come per esempio i vini naturali, le bollicine, i singoli vitigni, le presentazioni delle guide.

Manifestazioni di questo tipo stanno incontrando sempre di più i favori di appassionati e critici perché offrono la possibilità di un reale approfondimento e comparazione della produzione ma soprattutto perché, in chiave enoturistica, riescono a rappresentare al meglio il legame tra le aziende ed il territorio di produzione, andando a creare quel legame che poi si trasformerà, almeno nella speranza di tutti noi, in una crescita dell’economia locale.

Proseguendo il nostro viaggio arriviamo ad analizzare una terza tipologia di evento che, a differenza delle altre due, si trova in una sorta di “crisi di identità” molto forte, e mi riferisco agli eventi prettamente locali dove il mondo del vino viene spesso utilizzato come richiamo o contorno per altri contesti tematici, con la speranza di esercitare un richiamo che attrae oggi quasi esclusivamente un target non più cercato o inseguito dai produttori.

L’organizzazione di sagre di paese o eventi con sempre più frequenza, genera la speranza di un richiamo come quello delle sirene per moderni Ulisse “enoici”, in cerca di un approdo con la promessa di un’esperienza “unica e irripetibile” o con formule innovative che tendono a snaturare il settore e che si traducono troppo spesso nel classico banco di assaggio con degustazione, che non permette più ormai di andare oltre il semplice gesto della pura mescita del vino.

In questo contesto è facile rendersi conto che dal punto di vista dei produttori l’incremento del numero di eventi simili ha determinato una situazione di saturazione del mercato, con conseguente dispersione degli sforzi. La competizione così acuita può rendere difficile per i partecipanti distinguersi e catturare l’attenzione dei visitatori. In questo scenario frammentato il produttore, lui sì vero Ulisse in cerca della sua Itaca, si trova nella necessità di dover effettuare scelte più ponderate e a volte difficili.

In questo contesto, chi si pone come vero e proprio faro illuminante e ci indica la rotta da seguire, sono tutti quegli eventi che, nel corso degli anni, sono riusciti a guadagnarsi la fiducia dei produttori, alimentando un rapporto che va oltre il semplice contratto commerciale, e che punta sulla volontà di trasmettere, attraverso la qualità delle proposte, tutto il fascino di questo mondo meraviglioso. Sono questi gli appuntamenti scolpiti nella mente e nel cuore di tanti appassionati, e che rappresentano oramai un punto inamovibile fra gli innumerevoli appuntamenti annuali.

E a noi, marinai in tempesta, circondati da tecnologie mirabolanti, parole altisonanti e promesse di tematiche uniche, non resta che accendere il nostro lume per cercare di  rintracciare la luce del faro, facendo attenzione a non cadere preda del canto delle sirene.

Simone Nannipieri

La passione per il mondo del vino e dell’enogastronomia mi ha portato a diventare Sommelier e Direttore di corso ed a ricoprire importanti ruoli in associazioni di categoria. Oggi ho avviato collaborazioni con oltre 60 cantine in tutte Italia ed all’estero e avviato partnership con le associazioni protagoniste della filiera enogastronomica del nostro Paese come consulenze, formatore ed organizzatore di eventi.

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