Badia di Morrona, il lungo cammino verso l’eccellenza. Verticali di VignAalta e di N’Antia

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Ebbene sì, sono passati ottant’anni da quando i fratelli Italo e Mario Gaslini, membri della famiglia genovese a cui è intitolato un importante ospedale e unitasi poi per via di una adozione con quella dell’architetto rinascimentale Leon Battista Alberti, acquisirono nel 1939 la prima metà del territorio di una antica Badia benedettina, che nel 1120 era passata ai camaldolesi, poi a fine ‘400 al vescovo di Volterra e infine nell’800 allo Stato che la aveva “messa sul mercato”. Alla fine di un lungo processo di acquisizioni, negli anni ’80 del secolo scorso fu “conquistata” anche la seconda metà e con Filippo Gaslini Alberti arrivò la consapevolezza che quel patrimonio di territorio altamente vocato (600 ettari di tenuta, 110 vitati, 40 ad uliveto) dovesse essere dedicato alla viticoltura di qualità.

Nel 1994 iniziò quindi un generale processo di reimpianto dei vigneti basato su cloni attentamente selezionati o frutto di una selezione massale delle vecchie piante e il lancio dei due vini di punta protagonisti di questa degustazione. Un percorso che nel 2002 vide uno stop in qualche modo traumatico: l’abbandono dello storico enologo Corrado Dalpiaz, che non seppe resistere al richiamo del vecchio compagno di studi Mauro Lunelli quando la famiglia trentina degli spumanti Ferrari decise di sbarcare nel pisano con la Tenuta Podernovo. Per la successione si pensò a un uomo già inserito a pieno titolo nel mito, il Giacomo Tachis “inventore” del Sassicaia e di tanti altri grandi vini italiani che declinò l’offerta ma fece un nome, quello di Giorgio Marone, di estrazione agronomica e con un motto ben chiaro in testa: in campagna le scorciatoie sono difficili. Un sano realismo che combinato a decise scelte di campo (vedi l’abbandono dell’uso della barrique per il sangiovese o l’aumento della densità dei nuovi impianti in vigna da 3500 a 5600 piante per ettaro) ha determinato un solido rapporto di stima e fiducia che dura fino ad oggi.

Come molti territori che non hanno la fortuna di poter percorrere la strada tracciata da una tradizione ben codificata e una “audience” pronta a recepirne i risultati, Badia di Morrona ha deciso di seguire un “doppio binario”: da una parte ha accettato la sfida del sangiovese, che in Toscana si esprime su livelli altissimi e che nel territorio pisano mostra caratteri diversi, intriganti e ancora da esplorare pienamente; dall’altra ha prodotto il vino “laboratorio” in cui si utilizzano altre uve,  quelle conosciute e apprezzate all’estero, in combinazioni che cambiano magari nel tempo. Ecco quindi l’esordio del N’Antia, nel 1992, e quello del sangiovese VignAalta, nel 1994, protagonisti delle verticali che seguono.

VignAalta 1997
Da una annata che fu accompagnata da tanto clamore mediatico, un vino di colore rubino granato con belle trasparenze che mette in evidenza in un olfatto assai persistente note fruttate di tonalità dolci accompagnate da leggera menta, tabacco e autunnale sottobosco. Corpo leggero, beva acida e succosa, di buona ampiezza, viva e non decadente, anche se un pochino asciugante nel finale.

VignAalta 1998
Stagione piovosa in inverno e calda d’estate. Si avvertono toni maturi con sfumature acri in un naso meno ampio che nella annata precedente. Entra compatto esibendo buona materia, poi si scompone un po’ evidenziando tannini asciutti.

VignAalta 1999
Inverno freddo, estate calda e un bel settembre a determinare una annata favorevole. Qui troviamo un naso intenso, più profondo che largo, “maschile” nel carattere aromatico, pulito ed elegante, netto e privo di ridondanze. Il vino è progressivo in bocca, dove la beva acquista via via concentrazione e chiude con un tannino vibrante in un finale fresco e succoso.

VignAalta 2000
Annata “americana”, calda, con una raccolta anticipata di una decina di giorni che ha portato questo vino ad avere un olfatto ricco e maturo sui toni della confettura di frutta. Morbido e vellutato, dalla sua può vantare una buona larghezza ma anche una certa insistita dolcezza; il finale si distingue per la finezza tannica.

VignAalta 2011
Annata calda ma con un bel settembre; la barrique è stata sostituita dalla botte grande da 25 ettolitri e il colore è violaceo assai giovanile; la nuova consapevolezza ormai consolidata nel vino italiano è ben riassunta in un esposizione impeccabile di un frutto rosso intenso, persistente e di buon fascino. Al palato la partenza è all’insegna della maturità, poi la beva è polposa e nervosa, e conduce ad un finale luminoso con un bel tannino fine.

VignAalta 2013
Inverno piovoso, iniziale ritardo nella vegetazione delle uve poi riequilibrato ad agosto e settembre. Sensazioni sussurrate in un naso un pochino chiuso, e in bocca il vino è saporito, franco nell’esposizione del frutto, non privo di una certa scompostezza.

VignAalta 2015
Olfatto improntato su note di frutta nera e sensazioni di grafite; una bocca inizialmente polposa e viva, compatta e materica, alla lunga tende ad insistere su toni molto maturi e non particolarmente sfumati.

VignAalta 2016
Finalmente arriva l’agognato riconoscimento dell’eccellenza da parte della guida del Gambero Rosso, i famosi “tre bicchieri” che hanno premiato un vino dal naso leggero e vitale senza essere esplosivo, “sorridente” con le sue sfumature di lampone. Di consistenza media, il palato è fresco, succoso e chiude con bella ampiezza.

***

Il N’Antia è partito con la presenza di sangiovese per diventare nel tempo un uvaggio bordolese (cabernet sauvignon e merlot), arricchito successivamente con il cabernet franc fino ad essere tratto, oggi, da un unico appezzamento con le tre varietà.

N’Antia 1997
Colore di bella intensità in un naso di discreta ampiezza e buona persistenza, dove si affacciano toni balsamici, note di ribes e inchiostro. La beva è equilibrata, scorrevole, segnata da una netta vena acida. Finale quasi asprigno con un tannino solo accennato.

N’Antia 1998
Di colore granato limpido e con qualche trasparenza, possiede un naso semplice ma piacevole, improntato sulla confettura di frutta rossa accompagnata da note ematiche. Il carattere del sangiovese domina una beva fresca e succosa che acquista in consistenza verso il finale.

N’Antia 1999
Qui invece è il cabernet sauvignon a marcare l’impronta con una decisa frutta nera e spunti boschivi. Bocca compatta e di buona pienezza, in cui concentrazione e potenza vanno a braccetto con energia e adeguata scorta acida.

N’Antia 2005
Blend di merlot (40%) e quote paritetiche di cabernet sauvignon e franc, ha visto scendere la percentuale di barrique nuove. Elegante e profondo nonostante l’annata calda, sfoggia un corredo olfattivo improntato sulla frutta nera e su note di liquirizia; prevedibilmente meno centrato al palato, in un gusto concentrato non privo di una certa crudezza.

N’Antia 2010
L’annata non proprio favorevole (il VignaAlta non fu prodotto) si fa sentire in un olfatto non particolarmente intenso giocato sulle note del frutto nero accompagnate da inchiostro e liquirizia. Denso e rotondo in una bocca che insiste su toni dolcemente maturi e termina un pochino asciugante.

N’Antia 2013
Note ben espresse di mora, cacao, crostata di frutti di bosco e sensazioni balsamiche preludono ad una beva equilibrata e dall’ andamento ordinato, che si svolge con trama vellutata e termina con bella finezza di tannino.

N’Antia 2015
Naso intenso ancora improntato sulla frutta nera, confermata in una bocca energica e vibrante; il  finale è “schiarito” da sensazioni di amarena matura.

N’Antia 2016
Un frutto seducente, esposto con bella freschezza e finezza, viene ribadito in un palato agile e franco, ampio e persistente, leggero anche se con tracce di rovere ancora da smaltire.

Molto promettenti, infine, i campioni di botte di Merlot 2019 (intenso e balsamico, dolce ma anche snello e fresco), e di cabernet franc 2019, dominato da note pimpanti di mirtillo e cassis.

Riccardo Farchioni

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