Per arrivare alla Cascina Disa, a Perno di Monforte, non ci sono né cartelli né indicazioni, ci devi arrivare a istinto.
Da lassù il luminoso pomeriggio di Langa ti offre lo spettacolo maestoso dell’infilata dei vigneti di Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba, quelli buoni, quelli famosi. I vigneti di Elio Sandri, situati sul fronte opposto, lì dove ci troviamo noi, sono già provvidenzialmente in ombra.
Che dire di lui, di Elio Sandri? Che parole, gesti e sorriso mi ricordano da vicino Baldo Cappellano: lo stesso spirito anarchico, la stessa voglia di capire, la stessa dedizione nel chiedersi sempre perché.
I suoi vini sono pressoché sconosciuti in Italia, ma all’estero sono i portavoce silenti di un piccolo e veneratissimo mito .
Non aspettatevi di incontrare un guru, anche se l’eloquio fluente e la voglia di raccontare vi sembreranno esigenze; Elio è una persona che va a fondo nelle cose e “sente” molto il vino; scava sotto fin nelle intimità e lo fa con sensibilità, preparazione e rispetto, e alla fine ha un solo credo: il tempo.
Per i vini, per certi vini, ci vuole tempo.
I suoi Barolo, in dipendenza dell’annata, stazionano molto in cantina, gli affinamenti si protraggono a lungo, bisogna attenderli.
Dagli assaggi emerge una fisionomia classica, una solida architettura tannica, un’ottima tensione gustativa, un carattere sobriamente austero, un’attitudine a cantar bene da baritono.
Due cose, fra le tante, mi hanno colpito: intanto gli strani grafici con tanto di formule tracciati a gessetto sul frontone delle botti: incomprensibili ai più, dovrebbero inquadrare la fisionomia del vino in quella annata, i suoi “parametri”; come si muove nel tempo; e poi quel vecchio banco di scuola su cui Elio sedeva da piccolo, alle elementari.
Lo ha ritrovato non so dove e lo ha posizionato di fronte alle vasche in cemento.
Una ragione ci sarà, e a sentimento credo sia una bella ragione