Diari chiantigiani ’23: Montecalvi

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Per tutti coloro che fossero rimasti ancorati coi ricordi a Montecalvi ’94 o ’95, ci sarà bisogno di riavvolgere il nastro e ricominciare daccapo, ché qui daccapo si è ricominciato per davvero. Dal 2018 in avanti, diciamo, con una nuova proprietà (James Drake), nuove scommesse, un approccio bio e un talentuoso vinificatore a nome Tim Manning.

L’azienda è e resta minuscola, 4 ettari scarsi distribuiti su 3 o 4 appezzamenti ad altimetrie contenute alle porte di Greve, con vigne in buona parte rivitalizzate di recente, dopo un periodo distratto, e con una vigna del 1930 che quel che riesce a dare lo sedimenta direttamente sul cuore.

Le fermentazioni in ambienti ossidativi, le lunghe macerazioni a cappello sommerso e l’uso parziale del grappolo intero stanno alla base di un’enologia sottrattiva e di vini pinotteggianti, trasparenti, nudi, di una purezza candida.

Non si è trattato di un caso l’annata 2019, e non lo è neppure l’annata 2020: il Chianti Classico 2020 di Montecalvi si staglia nel panorama generale per equilibrio alcolico e premure da danzatrice sulle punte. Non smetti di berlo, è un’autentica delizia, e la sua apparente delicatezza strutturale non fa una piega all’aria. Il sangiovese discende principalmente da Montecalvi Alto (alberese) e dalla vigna del bosco (macigno).

Poi c’é VV 2019, ricavato dalla vigna vecchia di cui sopra, che contiene sangiovese, malvasia nera, colorino, altre varietà a bacca nera più o meno individuabili e un pugno di uve bianche. La sua raffinatezza e la sua polpa gentile, assieme alla sinuosità, alla progressione e alla salinità, tratteggiano i contorni di un’ispirazione elegiaca.

Non mancano appigli “foresti”, come nel caso del cabernet sauvignon presente nella vigna oggi ventenne di San Piero; ecco, lui ad esempio confluisce nel San Piero, che nella versione 2016 attinge tutto il suo charme da un’incredibile freschezza aromatica e dalla sostanziale integrità del frutto, mostrando un bel bilanciamento alcolico e uno slancio all’insegna della sapidità.

E mentre per quanto riguarda il Montecalvi, inteso come vino, si è in procinto di rimodulare le cose indirizzandosi probabilmente su un registro espressivo e stilistico più personalizzato, fa il suo esordio in commercio il bianco V ( come vermentino), le cui uve biologiche vengono acquistate a Pienza. Mille bottiglie ( ma in futuro aumenteranno) per un 2022 schietto, saldo, strutturato, dal timbro linfatico/vegetale.

Sì, a Montecalvi si è ricominciato a fare sul serio, e il territorio chiantigiano è proprio un bel generatore di sorprese; un generatore naturale, si intende, senza bisogno di corrente elettrica.

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Contributi fotografici dell’autore

FERNANDO PARDINI

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