Il mio FuoriExpo. Percorsi per curiosi alla scoperta di Milano

1
11968

ExpoDurante questi sei mesi di Expo 2015 molti visitatori che verranno a Milano avranno anche la curiosità di visitare la città, attratti dalla nuova luce che il capoluogo lombardo ha su di sé da un po’ di tempo a questa parte. Sì perché al di là degli stereotipi, sempre più vecchi e sempre meno validi (la città della nebbia, la città dove si lavora e basta, la città tutta concretezza e poca bellezza), Milano merita davvero il viaggio. Basta saper scegliere le mete giuste. Perché, ecco, questo sì: la bellezza di Milano non è di quelle da città-cartolina. Milano non è Venezia; ma avendo la pazienza e la giusta dose di curiosità, si possono cogliere aspetti interessanti, che danno un’immagine più realistica e umana di questa città che “studia per diventare metropoli”.
Ecco allora una serie di temi, a volte seri a volte faceti, per ricavare qualche suggestione e qualche dritta – speriamo utile – compilata da un non-milanese purosangue come il sottoscritto. Che il Manzoni mi perdoni se ogni tanto vado fuori dal seminato…
Siamo su Acquabuona.it: iniziamo dal bere

Il vino di Milano
Esiste un vino di Milano? Si, anzi, ce ne sono due. Fino a pochi anni fa San Colombano al Lambro ricadeva in provincia di Milano, e poteva quindi fregiarsi del titolo di unica appellazione vinicola milanese. Oggi invece è in provincia di Lodi, e il titolo di vino di Milano (nel senso di vigne più prossime al capoluogo) lo deve spartire per motivi geografici con i colli di Montevecchia, in Brianza.
Ecco quindi il derby enologico della Madonnina:
-San Colombano: 45 km di distanza da Piazza Duomo, una morbida collina morenica lasciata in mezzo alla pianura da un antico ghiacciaio. Regno di barbera, croatina, uva rara e merlot per le uve rosse, di verdea, malvasia e vitigni francofoni per le bianche. Produttore da tenere a mente: Az. Agricola Banino, di Antonio Panigada. Due etichette? Banino rosso giovane (frizzante, “el vin che el büscia”, in milanese, ottimo anche raffrescato, con gli affettati) e Banino vigna La Merla, dal muscolo giusto per mandar giù l’ossobuco.
-Montevecchia: 36 km dal cuore di Milano, provincia di Lecco, rientra nella Igt Terre Lariane. Ripida collina su substrato di arenarie. Sta riemergendo dopo anni di oblio con alcune aziende che hanno ripreso in mano un discorso di qualità. Vitigni storici non ce ne sono, è in larga parte vitata con varietà francofone. Il terreno esalta una spiccata sapidità. Aziende da tener presenti: La Costa (in particolare il loro Brigante, merlot affinato in acciaio, piacevolissimo) e Terrazze di Montevecchia (da provare il Terrazze brut, sorprendente metodo classico da sauvignon e viognier).

Un indirizzo per bere bene a Milano
cantine IsolaPuntata secca: Cantine Isola, via Paolo Sarpi. Enoteca poetica in piena Chinatown; per chi non la conosce, entrarvi per la prima volta è una gioia nuova, inconsueta. Vi accorgerete d’essere immersi in un locale foderato di bottiglie d’ogni tipo, ma date un’occhiata più approfondita agli innumerevoli fogliettini attaccati dappertutto sugli scaffali: sono poesie, pensieri, pezzi di vita. Li ha raccolti lì negli anni Luca Sarais, che gestisce il locale insieme alla mamma Tina, nata in Sicilia, e al babbo Gianni, originario della Sardegna. “Quando sono arrivato qua – racconta Gianni – non sapevo parlare nemmeno l’italiano. Devo ringraziare un vigile, che si prese cura di me e mi diede le informazioni di cui avevo bisogno”. Oggi il suo locale è un punto fermo dell’ospitalità milanese. Insieme a loro, validi collaboratori nella mescita tra cui Ye Liujie, prima sommelier AIS cinese diplomata in Italia. Cosa troverete alle cantine Isola? Accoglienza e il piacere di stupirsi ogni volta. Provate a chiedere un vino a Luca, anche una vecchia annata: scomparirà un attimo nella cantina e ne riaffiorerà con una meraviglia. Tutte le bottiglie presenti sono disponibili al bicchiere, con diverse fasce di prezzo. Prosit!

… proseguiamo col mangiare

Due dritte mangerecce
1) La concretezza, l’accoglienza, il calore di un posto che funge come rifugio quando si cerca qualcosa di confortante. Sto parlando dell’Osteria dell’Acquabella. Trattoria tradizionale milanese, dove si va a mangiare la raspadüra, i nervetti, il risotto con l’ossobuco, dove il menù fa minimi ritocchi giusto tra estate e inverno – col freddo domina la cassoeula e la bistecca del magütt (chiedete in giro cos’è, se non lo sapete), con la bella stagione ci si “alleggerisce” per modo di dire con la rustisciada… Una bella carta dei vini per concedersi un rosso frizzante fresco quando si ha voglia di riposarsi, o un bel vinone quando si ha voglia di consolarsi. Ma il plus del locale è nell’oste: Renzo è unico, ha l’espressività dell’attore navigato ma la discrezione della lunga esperienza messa bene a frutto. El so mestée Renzo lo sa far bene, non c’è dubbio. I prezzi? Onestissimi. Via San Rocco, 11 zona Porta Romana.

ratana2) Saliamo di budget. Non un risotto, ma IL risotto alla milanese. Dicono il migliore si mangi al Ratanà, dello chef Cesare Battisti. Non posso che confermare. E aggiungo che raggiungere a piedi il Ratanà (Zona Melchiorre Gioia-Isola-grattacieli di Porta Nuova) è un’esperienza di paesaggio, di architettura, di storia. La stessa sede del ristorante è in una bella palazzina liberty un tempo ad uso della ferrovia che arriva a Porta Garibaldi. Per Expo, poi, alle spalle del Ratanà sorge il grande campo di grano ideato dall’artista Agnes Denes. Ma entriamo dentro e godiamo della bella atmosfera, del menù intelligente e pulito nei sapori e negli abbinamenti, tra solida tradizione e tocchi creativi dello chef. Carta dei vini non immensa ma attenta ai produttori-artigiani. Via Gaetano de Castillia, 28.

Bonus: avevo detto due indirizzi ma… questo non posso non dirlo: volete stupirvi per il più sorprendente dessert che vi possa arrivare al termine di un pasto ottimo, di cucina creativa, in un locale di altissime professionalità? Andate in via Monte Grappa 6 ed entrate a Il Liberty, il locale dello chef Andrea Provenzani. Mangerete benissimo sia che siate in cerca d’innovazione, sia che siate in cerca di sicurezze. Ma al momento di ordinare il dessert, pronunciate una sola parola: “Smoke”. Non ve ne pentirete.

Gelato-gelato!
Gelato GiovaAprono e chiudono a ritmi serrati, un giorno ti esalti, la volta dopo t’arrabbi. Le gelaterie a Milano in questi anni vivono vite turbolente. E allora basta, faccio uno sforzo e vi rivelo le mie due gelaterie del cuore. Quelle che non mi deludono mai.
Misciolgo: assai fuori mano, verso il quartiere Bovisa, devi andarci di proposito perché non è un luogo di passaggio. Ma dopo non puoi fare a meno di tornare. Le origini e lo stile sono siciliane; vi si va per le imperdibili varietà di cioccolato, per la mandorla irresistibile, la grandissima nocciola, il pistacchio, la ricotta siciliana… I gusti frutta sembrano parimenti eccezionali ma… ci credete che non sono mai riuscito a distrarmi dalle creme? Via Varchi, 4, zona Bovisa.
Giova: nome breve, gelateria piccolissima, pochi gusti ma di una perfezione magistrale. Tra l’altro, se siete fortunati, lì trovate il gusto pinolo più buono a livello planetario. Mai assaggiata una cosa simile. Passione, competenza, saper fare, grandissimi ingredienti. In una parola, Giova. Corso Indipendenza, 20 (zona est, vicino Corso XXII Marzo)

Un po’ di storia

Milano romana
AnfiteatroNon va dimenticato: Milano nel terzo secolo dC divenne capitale dell’Impero Romano d’Occidente. Qui Costantino diramò nel 313 il famoso Editto sulla libertà di culto per i cristiani. Cosa rimane dell’antica Mediolanum? Non molto: la concretezza nordica riuscì a fare meglio che a Roma, e se il Colosseo è rimasto in piedi fino ad oggi… l’Anfiteatro di Milano (che era bello grande, poco meno del Colosseo…) è stato completamente spolpato; in pochi ne sanno qualcosa. Ma provate a fare un giochino con google maps: visualizzate la foto dal satellite, tra Via De Amicis e via Arena, vedrete spuntare 6 costole delle gradinate… tracciate un’ellisse e avrete un’idea di come siano stati efficaci i lavori di “riuso”. Fortuna che esiste il bel Museo Archeologico, che annette l’unica torre delle mura romane rimaste in piedi, e tanti reperti che aiutano laddove la fantasia non riesce a immaginare cosa fosse una capitale d’impero romano.

Curiosità

I fenicotteri in giardino!
fenicotteri
Una chicca per veri appassionati: ci credereste se vi dicessero che in una villa in pieno centro c’è una colonia di fenicotteri rosa? No? Andate quindi nella ricca via Cappuccini al n. 9 (zona Porta Venezia); qui troverete villa Invernizzi. Esatto, proprio l’Invernizzi dello stracchino. Affacciatevi alla cancellata e date un’occhiata. Incredibile, vero? Molti anni fa, quando ancora non c’erano leggi che disciplinassero l’importazione di animali esotici, vennero portati qui dal Sudamerica i fenicotteri, che poi rimasero stanziali, perdendo l’istinto migratorio. Nonostante il clima non proprio da fenicotteri, qua si trovano bene e fanno la felicità dei flaneurs metropolitani.

Una banca da veri sciuri
Siete mai entrati in un caveau di quelli da film americano, con porte in acciaio spesse mezzo metro e le manopoline delle combinazioni? Bene, recatevi in Piazza della Scala, ed entrate nelle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo. Niente paura, è gratuito (offrono i correntisti Intesa, tra cui io). Entrate, e ammirate lo spettacolare salone con gli sportelli in legno e marmo. Immaginate cent’anni fa i sciuri con panciotto e cilindro che si aggiravano qua dentro… Adesso, prima di iniziare la visita dei quadri (Tre Donne di Boccioni da solo vale il viaggio), con la scusa di andare in bagno, scendete i gradini che portano al caveau: eccolo là. Basta vedere quella porta blindata spessa mezzo metro e piena di meccanismi, che si torna bambini.

Milano “a ufo”
Una spigolatura, una chicca: conoscete l’origine dell’espressione “fare una cosa a ufo”, nel senso di “a sbafo”, senza pagare? La cosa è molto saporita. Ai tempi dell’edificazione del Duomo, i blocchi di marmo per la costruzione venivano estratti nelle cave di Candoglia e portati a Milano sulle chiatte lungo il Naviglio Ticinese. All’ingresso della città c’era il pagamento del dazio, ma tutto quello che era destinato alla Fabbrica del Duomo era esentato. Per questo, la Fabbrica faceva scrivere: Ad Usum Fabricae Operis (ad uso della fabbrica dell’Opera del Duomo) sui propri carichi. Che poi veniva abbreviato in Ad U. F. O. Naturalmente, qualcuno non tardò a capire che con un pizzico di creatività se ne poteva trarre vantaggio… Morale della favola, i barconi ad U.F.O si moltiplicarono esponenzialmente, e da lì nacque l’espressione che ancora oggi è usata per intendere di fare una cosa a sbafo.

Architetture

Architetture in bicicletta
BikemiUn consiglio? Fatevi un abbonamento giornaliero alle biciclette Bikemi e sbizzarritevi in un giro morettiano tre le case della periferia nord-est. Qua sorge quello che veniva chiamato il quartiere della Maggiolina. Al suo interno, il Villaggio dei Giornalisti. Nascosto da siepi e cancellate, a chi è curioso di architetture insolite potrà capitare di incontrare un unicum dell’architettura razionalista novecentesca: la Casa Figini, detta anche “casa della palafitta”, del 1934-35 (via E. Perrone di San Martino, 8). Oggi non se la passa benissimo, ma vale la pena farsi una pedalata per vederla, sospesa come su dei sottili trampoli. E per pensare che Figini la progettò nel 1934.
Poco distante (via Lepanto), compaiono delle strane costruzioni a igloo, o a zuccotto, se preferite. Ne vennero costruite 12 nel 1946 dall’architetto Mario Cavallè secondo principi di uso dello spazio che arrivavano dagli Stati Uniti. Oggi ne rimangono 8.
Per gli appassionati di architettura razionalista, la visita alla Maggiolina non può concludersi senza passare ad ammirare le case rosa del quartiere Mirabello (via Vassallo e via Frignani). Costruite nel 1939, sono 12 palazzine in stile razionalista, dall’impatto visivo davvero coinvolgente. Ancora oggi appaiono modernissime.

Portaluppi chi?
Piero Portaluppi, architetto di roboanti costruzioni di regime (sua la progettazione del pesante Arengario in Piazza Duomo, dove ora è il Museo del Novecento) ma anche di splendide costruzioni civili. Merita la visita, proprio vicino ai fenicotteri, la Villa Necchi Campiglio (via Mozart 14). Bellissima villa anni Trenta, oggi tenuta aperta dal FAI, è un vero concentrato di innovazioni tecniche e di raffinatezza progettuale. Da visitare il giardino (gratis) e l’interno (a pagamento, ma vale la pena).
Sempre di Portaluppi, e qui totalmente gratis, la casa-museo Boschi-Di Stefano (via Giorgio Jan, 15). Qui grazie al Comune, proprietario della casa, e al Touring Club che permette l’apertura con i suoi volontari, è possibile visitare questa dimora completamente rivestita in ogni angolo di quadri d’autore. I Boschi-Di Stefano ne vollero fare un vero museo abitato. Tanto per intendersi: vi troverete opere di Boccioni, Birolli, Savinio, Soffici, Sironi, Morandi, Manzù, Fontana, Casorati. Visita gratuita, scusate se è poco.

Il gotico nella pianura
san Bassiano
Per seguire il filone Expo, un percorso dedicato alle grandi abbazie gotiche della pianura attorno a Milano è anche un itinerario nell’agricoltura lombarda: tra canali, risaie, campi di mais e orizzonti sconfinati, si dipana una rete ideale di spiritualità e architettura, di lavoro dei campi e affreschi trecenteschi. Partendo dalla vicina e famosa Chiaravalle, a pochi chilometri si possono incontrare il convento fortificato di Mirasole, poi l’abbazia di Viboldone, nella sua splendida clausura, dove trovare un fenomenale affresco del Giudizio Universale. Poco più a ovest la possente struttura in laterizio dell’abbazia di Morimondo, a guardia della pianura verso il Ticino. Ed infine, a sud, a Lodi Vecchia, immersa in un mare di verde la bellissima chiesa di San Bassiano, mirabile sia all’esterno per la sua struttura slanciata e aerea, e all’interno, per gli affreschi unici che esaltano la committenza trecentesca della corporazione dei carrettieri.

Arte

La sala XXIV o la sindrome di Stendahl
La sala XXIV in questione è quella della Pinacoteca di Brera. Varcate l’ingresso, entrate nell’atrio e non fatevi distrarre dal famoso sedere napoleonico della statua del Canova; salite, salite su e entrate in questo scrigno. Ce ne sono di cose memorabili. Il Cristo Morto del Mantegna, ad esempio o la Pietà del Bellini, o Tintoretto… Ma tra tutte, la stanza XXIV è quella a mio avviso più pericolosa per gli attacchi della sindrome di Stendahl. Tutti insieme, a fronteggiare il visitatore, Cristo alla colonna di Bramante, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, La flagellazione e la Madonna col Bambino di Luca Signorelli e infine la Vergine con Bambino e Santi di Piero della Francesca, detto anche la Madonna dell’uovo. Qui si perdono le parole, non c’è modo di dire niente. Pura bellezza enigmatica. Andateci.

Quale Novecento?
Certo, il Museo del Novecento (Piazza Duomo) è un po’ pesante da affrontare tutto insieme. Fate così: limitatevi a uno dei dipinti più carichi di significato che ci siano in Italia. Entrate, salite una rampa, voltatevi a sinistra e… avrete davanti il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Se non siete dei cuori di pietra, quel dipinto vi prenderà l’anima e ve la strizzerà come una spugna.

Paesaggi

Tangenziali e risaie, ovvero il riso in città
risaie al Trenno
Volete un’emozione forte? Siete in zona Expo? Perfetto, vi faccio strada. Dalla Metro di Molino Dorino prendete via Cilea, poi a destra per via Balla, quindi via Rizzardi, svoltate a destra in via Beolchi e dietro il campetto dell’oratorio di Trenno vi trovate… in mezzo alle risaie. Spegnete i motori, lasciate la macchina, camminate. In lontananza vedete lo stadio di San Siro, ma qui è il regno delle ranocchie, delle anatre, di qualche airone. Acqua a perdita d’occhio, elettrodotti, filari di pioppi. Qui la città lascia spazio a uno splendido polmone di verdeazzurro. Commossi da tanta magia? Perfetto, vi meritate una introvabile birra italiana o belga alla Ratera, poco distante, nel centro del minuscolo abitato del Trenno.

Le montagne
torre BrancaGiornata limpida dopo un temporale? Non perdete tempo, correte alla Torre Branca, al Parco Sempione, salite su in cima ai suoi 108 metri e godetevi la vista. Oltre la metropoli, oltre l’hinterland, appariranno le montagne. Da ovest nei giorni più fortunati appare il Monviso, poi girando come la lancetta d’orologio vedrete la meraviglia mastodontica del Monte Rosa e i ghiacciai svizzeri, poi ancora un po’ verso est trovate le montagne di Milano: la Grigna, la Grignetta e il Resegone. Quest’ultimo fu la quinta scenica delle avventure di Renzo e Lucia, e si riconosce subito. Ma dei tre, è la Grigna la più amata, la più bella. Un massiccio dolomitico atterrato un po’ più in là del Trentino, una palestra di infinite salite, un gigante di bellezza sublime.

I navigli
Imperdibile una passeggiata nella Darsena appena rimessa a nuovo; un’occasione per vedere Milano sotto un’altro punto di vista. Sembra d’essere quasi in una città d’acqua, e si capisce meglio come i canali un tempo avessero per Milano una funzione vitale di comunicazione. Ma ci sono anche altri scorci che valgono la pena. Come ad esempio il naviglio della naviglio MartesanaMartesana in pausa pranzo, quando i pensionati al passo lento si mescolano coi lavoratori che mangiano la schiscetta sulle panchine davanti all’acqua, dove sfrecciano gli irriducibili del jogging e dove le anatre sguazzano. Scorci da fotografare col ricordo, tra strutture postindustriali e case di campagna, orti strappati alle rive e ponticelli in pietra. Anche qui, il miglior modo per viverne il lento flusso è andando in bici, sicuro.
Questa la Milano che mi piace; quieta, discreta, in cui la vita scorre tra lavoro e riposo, tra bellezza e viadotti ferroviari. Buon Expo a tutti!

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

1 COMMENT

  1. ciao,
    bellissimo articolo ricco di notizie e curiosita` sconosciute anche a chi e` della zona come me.
    Solo una precisazione: il comune di San Colombano al Lambro continua tuttora ad essere in provincia di Milano (una vera e propria enclave dentro la provincia di Lodi). Per conferma controllare wikipedia e il sito ufficiale del comune

    ciao,
    Giuseppe

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here