Presentata a Firenze la guida I ristoranti e i vini d’Italia 2019 de L’Espresso

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img_0088Sono arrivate a 41 le edizioni della guida edita da L’Espresso, e come accade da qualche anno è stata presentata a Firenze, anche se non alla Stazione Leopolda che è passata di mano e in fase di rinnovamento in attesa della kermesse renziana, ma nell’altrettanto vasto ambiente del teatro del Maggio Musicale Fiorentino. E il colpo d’occhio della sala gremita di pubblico è impressionante, segno che questo tipo di pubblicazioni non è morto, ma vivissimo, come ha subito rivendicato orgogliosamente il direttore e curatore Enzo Vizzari.

Tuttavia, mentre fino all’anno scorso abbiamo scritto “guide”, stavolta abbiamo declinato al singolare, perché la presentazione ha riguardato la guida I ristoranti e i vini d’Italia; il volume dedicato ai vini, dopo anni all’insegna del rigore e della competenza e dopo una coda finale piuttosto dimessa, è stato infatti eliminato con la sincera ammissione che il mercato delle “bibbie del vino che riscrivono ogni anno l’enciclopedia enologica nazionale è  autorevolmente coperto da altre pubblicazioni”. D’altronde, pur godendo del pieno appoggio del presidente Carlo De Benedetti (presente assieme al direttore del settimanale Damilano) il gruppo Espresso (o meglio gruppo Gedi) che fa informazione politica ed economica non ha certo l’enogastronomia nel suo “core business, e in queste condizioni è difficile reggere la concorrenza di due editori “specializzati” e che bombardano il mercato con raffiche di pubblicazioni come Gambero Rosso e Slow Food. Quindi meglio concentrarsi su una guida orimg_0093mai storica e gloriosa, che gode di alta reputazione grazie all’impegno dei circa 90 collaboratori che selezionano e giudicano con attenzione circa 2000 sui 20mila luoghi del complesso affresco del mangiare italiano, attenti alle novità, ai progressi come alle flessioni.

Un lavoro complesso e importante e di grande valore testimoniale visto che, dopo le “ubriacature” molecolari e le suggestioni del nord Europa la cucina italiana è, oggi, la migliore del mondo, quello occidentale perlomeno. E questo perché sulla “impalcatura” di una imbattibile varietà e qualità di materie prime una nuova generazione di cuochi geniali (grazie ai precursori Marchesi, e poi Vissani e Pierangelini) sa innovare mantenendo ben chiari i riferimenti culturali della tradizione. Un concetto questo che Enzo Vizzari ha ripetuto spesso negli ultimi anni, anche se stavolta ci è parso con qualche stanchezza in più perché 18 anni non sono pochi e quel “non so ancora per quanto, sinceramente…” pronunciato quasi sottovoce fa quasi sospettare un prossimo cambio della guardia.

dscn7601Veniamo alla guida. Novità principale, le due nuove eccellenze della ristorazione, ossia i “cinque cappelli”, su sette complessivi (e non sei come è scritto nell’introduzione): Lido 84 di Gardone Riviera (BS) e St. Hubertus di San Cassiano (BZ), che l’anno scorso aveva già avuto la terza stella Michelin. Sette sono i nuovi “quattro cappelli”: Antica Corona Reale a Cervere; Berton, Contraste, Lume a Milano; D’O a Cornaredo; Madonnina del Pescatore a Senigallia; Meo Modo-Borgo Santo Pietro a Chiusdino. Poi, via via, il resto del panorama aggiornato e riscritto come ogni anno. C’è la sezione dedicata alle pizzerie di qualità e l’appendice dedicata ai vini, “non una guida ma una selezione severa” curata da Andrea Grignaffini, che rispolvera le “bottiglie” come indice sintetico di valutazione ed elenca, descrivendoli, i cento migliori vini spumanti, bianchi e rossi, oltre a trenta rosati e altrettanti dolci, tracciando poi un breve profilo delle aziende che li hanno prodotti.

Eimg_0104 a proposito di vini, anche se i fasti della Leopolda erano lontani, il banco l’assaggio curato dalla Fisar ha riservato più di una soddisfazione. Il Sauvignon Voglar 2016 di Peter Dipoli è elegantemente agrumato, ma in bocca non appare particolarmente progressivo, pur rimanendo assai piacevole. Agrumi anche nell’olfatto del Terebinto 2017 di Pianeta, da uve grillo, che poi al palato si addolcisce, distendendosi bene e con bella pienezza. Emozionante il Val Venosta Riesling Weingarten Windbichel 2016 di Unterortl- Castel Juval, che colpisce per l’olfatto pieno di idrocarburi e sensazioni piriche, ma ancor di più per una dinamica della beva che travolge grazie a forza e freschezza. A sud, il Fiano di Avellino 2015 di Guido Marsella profuma elegante di fiori gialli e riserva per il finale una grande energia e sensazioni quasi tanniche. In rosso, colpo al cuore dal Barbaresco Asili 2015 di Bruno Giacosa, per il quale  non bastano le parole: stratosferico al naso per ampiezza e intensità, larghissimo e travolgente al palato. Il Bolgheri Sassicaia 2015 di Tenuta San Guido è un tantino chiuso al naso, sfoggiando poi la consueta eleganza in una beva densa con qualche tono boisé nel finale. Lirico il Brunello di Montalcino 2013 di Poggio di Sotto, nel quale la ciliegia fine segna una beva leggera e impalpabile che poi innesta improvvisamente una marcia travolgente nel finale. L’Amarone della Valpolicella Classico 2009 di Quintarelli il cui frutto è suadente e mai ingombrante, seduce al naso e in una beva dinamica e reattiva. Il Taurasi 2014 di Feudi San Gregorio ė profondo, elegante nell’esposione di un frutto frutto fresco e leggiadro, e sfoggia uno tannino di straordinaria qualità. Infine è delizioso l‘Erbaluce di Caluso Alladium 2009 dell’Azienda Agricola Cieck con le sue note intense di cedro candito ed una beva tesa, in cui la dolcezza viene innervata da belle vibrazioni acide.

Nella terza immagine, Massimo Bottura riceve il premio per il “pranzo dell’anno”

video: Massimo Bottura premiato per il miglior pranzo dell’anno

video: i “cinque cappelli” chiamati sul palco

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Riccardo Farchioni

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