Il programma LIFE dell’Unione Europea: una spinta all’innovazione e alla sostenibilità

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La riduzione delle disparità tra i paesi membri è uno dei caposaldi della politica comunitaria, messo in opera anche tramite il sostegno economico di progetti di ricerca e sviluppo praticamente in ogni settore di rilevanza culturale, sociale ed economica.

In particolare, attraverso il programma LIFE l’Unione Europea co-finanzia progetti che ritiene utili ed innovativi per la tutela dell’ambiente e per contrastare il cambiamento climatico. Imprese, enti pubblici locali, università e centri di ricerca – singolarmente o associati – propongono idee orientate a raggiungere gli obiettivi dello strumento di finanziamento, concorrendo all’assegnazione delle sue risorse.

LIFE ha festeggiato un quarto di secolo nel 2017, e negli anni ha sistematicamente cambiato veste adattandosi alle nuove sfide e ai cambiamenti normativi intervenuti nel frattempo in materia di sostenibilità. La relativa vetustà del programma di finanziamento permette di avere a disposizione un insieme di informazioni piuttosto corposo. Accedendo alla banca dati è possibile estrarre facilmente la lista di tutti i progetti che hanno a che fare con un tema. Se si digita vino o cantina o viticoltura vengono fuori circa 50 risultati. Non sembrerebbero tanti rispetto ai quasi 5.000 progetti co-finanziati dal 1992 ma, considerata la varietà delle materie affrontate dai Life, quello scarso 1% è più che dignitoso. Piuttosto c’è da considerare che di quei 50 progetti solo alcuni sono focalizzati esclusivamente sulla filiera del vino, mentre in molti casi il settore è trattato solo incidentalmente come articolazione dell’argomento “agricoltura”.

Limitandoci ai progetti più specifici e scorrendo la lista riga per riga, notiamo che se i LIFE dedicati al vino sono stati in tutto cinque dal 1992 fino al 2010, lo stesso risultato è stato raggiunto dal 2011 al 2014, mentre dal 2015 a oggi sono già otto i progetti finanziati. Il dato da solo non è certamente sufficiente ad affermare che stiamo assistendo all’esplosione di una sensibilità tutta nuova del settore nei confronti dell’ambiente ma, insieme agli altri segnali che provengono da più parti, ci permette di concludere che finalmente la sostenibilità trova spazio.

Se guardiamo alla nazionalità dei coordinatori dei 18 progetti specificamente dedicati alla viticoltura e all’enologia, prevalgono l’Italia e la Spagna. Non ci sorprende, vista la vocazione produttiva delle due nazioni. Meravigliano, al contrario, la scarsa attività della Francia – che guida solo due gruppi di ricerca al pari della Germania – e l’assenza del Portogallo. L’uso dello strumento LIFE, d’altra parte, non è il solo modo per mirare a una produzione più attenta all’ambiente e sappiamo che, ormai da tempo, in Francia il settore vitivinicolo è coinvolto in azioni di sistema che vanno nella direzione di una maggiore sostenibilità (si pensi in particolare a quanto accade nella regione della Champagne, con l’ambizioso catalogo di buone pratiche messo a disposizione dei viticoltori per la salvaguardia di lavoratori e biodiversità).

Ma quali sono i temi al centro dei progetti LIFE più recenti? Ne abbiamo parlato con Paolo Storchi del CREA, l’ente governativo del Ministero delle politiche agricole, che ringraziamo anche per averci reso disponibili le foto che mostriamo in questo articolo, relative al progetto GREEN GRAPES di cui il CREA è coordinatore.

Diamo un’occhiata da vicino partendo proprio dalle proposte italiane. Sono incentrati sul miglioramento della gestione del suolo SOIL4WINE e VITISOM. Con il primo l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza intende sviluppare uno strumento decisionale innovativo per effettuare una migliore gestione del suolo, in grado di guidare gli agricoltori nella definizione dei problemi specifici, nella selezione delle migliori soluzioni, nella loro successiva attuazione e autovalutazione dei risultati. Tutto allo scopo di incrementare la qualità del suolo in termini di aumento della sostanza organica, miglioramento dell’attività microbica, riduzione della compattazione e dei nitrati nel terreno per limitare l’erosione e il dilavamento.

VITISOM nasce dalla partnership tra l’Università degli Studi di Milano – Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali (il capofila), il Consorzio Italbiotec, l’Università degli Studi di Padova e aziende operanti nel settore vitivinicolo (Guido Berlucchi & C., Castello Bonomi Tenute in Franciacorta, Azienda agraria degli Azzoni Avogadro Carradori) e nell’ingegneria applicata al settore agricolo e ambientale (Casella Macchine Agricole e West Systems). VITISOM vuole sviluppare nuove tecnologie nel vigneto per la concimazione organica a rateo variabile, ossia solo dove serve. Una novità per il settore, in grado di migliorare la qualità, la struttura, il contenuto di materia organica e di biodiversità dei suoli, prevenendo oltretutto i fenomeni dell’erosione, della compattazione e della diminuzione della materia organica nel suolo.

Ha effetti positivi sul suolo e sulla pianta ZEOWINE, prodotto innovativo che dà il nome all’omonimo progetto Life. È destinato alla nutrizione del vigneto e deriva dall’unione degli scarti compostati della filiera vitivinicola (residui di potatura, raspi, vinacce, fecce) con la zeolite, un minerale formato principalmente da alluminio, silicio e ossigeno, che aumenta la fertilità organica del suolo vitato, trattenendo alcuni elementi (azoto e microelementi) e l’acqua. Questo comporta l’aumento della biodiversità e dei microrganismi, un miglioramento della struttura del suolo, un minor contenuto di rame biodisponibile e caratteristiche qualitative delle uve più elevate. Il progetto è coordinato dal CNR e coinvolge DN 360, l’Università degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente, l’azienda Cosimo Maria Masini – Tenuta di Poggio e la cooperativa P.Ri.Ma.Forma.

Ha sviluppato un nuovo approccio per la difesa sostenibile contro malattie e parassiti in viticoltura grazie all’impiego di biostimolanti, di induttori di resistenza contro attacchi fungini o agenti di biocontrollo GREEN GRAPES, progetto coordinato dal CREA in collaborazione con il Dipartimento di Scienze delle Produzioni agroalimentari e dell’ambiente dell’Università di Firenze, l’Università di Cipro, la cooperativa P.Ri.Ma.Forma, il consorzio vivaisti Vititalia e tre imprese agricole (F.lli Tagliente, Vivai F.lli Moroni e Castello di Gabbiano – Beringer Blass Italia). Tra i risultati attesi del progetto vi sono una maggiore biodiversità nel vigneto, il miglioramento quali-quantitativo delle produzioni finali, l’aumento della percentuale di attecchimento delle barbatelle e l’elaborazione di linee guida di indirizzo normativo per il MIPAAF e le Regioni, per fornire soluzioni innovative per la lotta integrata in linea con le direttive europee.

Dei quattro progetti si è parlato anche al Vinitaly in “Sorsi di ricerca: La sfida della viticoltura sostenibile”, workshop curato proprio dal CREA, mentre i primi risultati di SOIL4WINE saranno illustrati al Congresso Enoforum che si svolgerà a Vicenza dal 21 al 23 maggio.

Ognuno di questi LIFE meriterebbe un approfondimento specifico, e lo stesso varrebbe – naturalmente – anche per i progetti guidati da soggetti non italiani. Pensiamo per esempio a PERFECT (Pesticide Reduction using Friendly and Environmentally Controlled Technologies), portato avanti da un composito partenariato che include l’Università di Torino, guidato da un centro di ricerca catalano. Dallo sviluppo del progetto, che coinvolge diverse filiere agricole, sono nati alcuni strumenti tra cui Dosaviña®, per determinare il volume ottimale di applicazione nei trattamenti fitosanitari delle vigne a spalliera, basato su un adattamento del metodo LWA (Leaf Wall Area). Dosaviña® consente di selezionare i parametri appropriati per una corretta applicazione (velocità di avanzamento, pressione di esercizio, tipo e numero di ugelli) e può essere utilizzato per la regolazione e l’adattamento delle attrezzature anche in altri tipi di colture arboree.

La consapevolezza di viticoltori e consumatori rispetto al rischio di trovare nel vino residui chimici – siano essi antiparassitari o erbicidi – è alta e infatti la riduzione dell’uso di pesticidi è al centro anche di altri progetti, per esempio dello spagnolo FITOVID. Ma sono ancora altre le tematiche legate alla sostenibilità della filiera.

Fa tesoro dell’esperienza di anni di ricerca sull’impatto del cambiamento climatico nei vigneti il progetto ADVICLIM. Le competenze sviluppate nella valutazione della variabilità climatica all’interno delle aree viticole vengono utilizzate, nel progetto ADVICLIM, per monitorare la variabilità climatica in sei siti pilota in diverse condizioni ambientali per la viticoltura: la regione di Bordeaux, la Valle della Loira, Rüdesheim (Rheingau, Germania), Rock Lodge East Sussex (Regno Unito), Cotnari (Romania) e Navarra. Il progetto svilupperà strumenti per misurare sia i contributi ai cambiamenti climatici sia l’impatto dei cambiamenti climatici e per identificare – sulla base dei risultati ottenuti – le migliori risposte per la mitigazione e l’adattamento all’impatto del cambiamento climatico nei vigneti.

Non sfigurerebbero in una ipotetica tavola rotonda dei Fridays for Future neppure INTEGRALCARBON e VIÑAS X CALOR, avendo a cuore rispettivamente la riduzione delle emissioni e dell’impronta di carbonio, quest’ultima attraverso l’uso delle biomasse per il riscaldamento e raffreddamento nelle regioni vinicole ossia in un’ottica squisitamente circolare.

E per rimanere in argomento, poiché Greta Thunberg insegna che la sensibilizzazione è decisiva, il LIFE PRIORAT+MONTSANT intende informare produttori e consumatori sull’impatto ambientale del settore e sulla possibilità di costruire un modello che preservi la qualità del suolo, la biodiversità e persegua un uso più efficiente delle risorse, in primo luogo di quelle idriche. Tiene conto, dunque, di molteplici dinamiche questo progetto, per ora circoscritto alla zona della DOC catalana Priorat, che ha tuttavia l’ambizione di essere replicato in altre zone vinicole.

Se è vero che l’onda verde coinvolge vivai, vigneti e cantine, la filiera non sarebbe completa se si trascurasse l’ultimo atto. Il momento del consumo è al centro del progetto, ancora una volta iberico, ReWINE, che collabora con enoteche, bar, ristoranti e i singoli consumatori per valutare la reale praticabilità del riuso delle bottiglie di vino. Avete mai misurato la vostra impronta ambientale in termini di bottiglie di vino vuote prodotte ogni anno?

Foto: nuovo impianto di barbatelle micorrizate; nuovo vigneto con barbatelle micorrizate e biologiche prodotte dal vivaio F.lli Moroni, presso l’azienda Castello di Gabbiano nel Chianti Classico; panoramica dei vigneti interessati dal progetto Green Grapes nell’azienda Castello di Gabbiano; interfilare gestito con sovescio misto; panoramica del vigneto di uva da tavola, varietà Crimson, presso l’azienda F.lli Tagliente di Ginosa (TA)

Francesca Zuddio

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