Giro d’Italia a tappe (golose): il Museo dell’Ape in Val di Sole

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La diciassettesima tappa del Giro d’Italia ha traghettato la colorata carovana dei ciclisti dal Trentino all’Alto Adige. Con partenza da Commezzadura in Val di Sole (noto centro per praticare rafting) si scende fino alla Val di Non (splendido itinerario anche per gli amatori) per poi salire fino al Passo Mendola e, raggiungendo Bolzano, proseguire per la Valle Isarco fino ad Anterselva.

Per il nostro Giro Goloso, invece, ci siamo recati a Croviana, in Val di Sole, per la precisione al Mulino Museo dell’ape (MMApe), dove il direttore Alessandro Pasquali ci introdurrà nel magnifico mondo delle api e del miele. Rimarrete basiti dalle tante curiosità che ci svelerà!

“L’apicoltura, soprattutto in montagna, è un’attività di origini antichissime non solo perché fino ad alcuni secoli fa non era disponibile lo zucchero raffinato così come lo conosciamo oggi, cioè il saccarosio, e pertanto per dolcificare si ricorreva al miele, ma anche perché le api offrivano altri due prodotti indispensabili alla vita quotidiana come la propoli, antibiotico naturale, e la cera, per l’illuminazione domestica.”

Quali sono le varietà di miele prodotte in Valle?

” Tra le varietà più richieste vi sono i mieli monoflora, per esempio quello d’acacia, castagno o rododendro, anche se sostengo che i mieli millefiori siano di qualità superiore”, afferma Alessandro Pasquali. Incuriositi chiediamo perché.
” A volte, per ottenere un miele monoflora, l’apicoltore deve compiere una forzatura: è costretto ad estrarre il miele prima che l’ape ne termini la lavorazione, lasciando un grado d’umidità superiore al 18%. Mi spiego meglio: terminata una data fioritura, prima che l’ape vada a nutrirsi con altri fiori, l’apicoltore estrae il miele ottenendo così il monoflora ma l’ape deve, spesso, ancora portare a termine il suo lavoro: essendo dotata di particolari recettori nelle antenne, è in grado di verificare il grado di contenuto idrico e solo quando è ottimale va a tappare la celletta dell’arnia. I mieli con un alto contenuto di umidità sono più deperibili e più esposti a fermentazione. Questo non espone il consumatore a pericoli per la sua salute, questo miele è assolutamente commestibile, però ha un sapore alterato con forti sentori alcolici (risultato della fermentazione) e ha perso gran parte delle sue  virtù nutrizionali.”

Come si fa a capire quando un miele è fermentato?

“Solitamente il tappo è gonfio ed aprendo il barattolo si avverte un suono simile al rilascio del gas quando si apre una bottiglia di acqua frizzante. Inoltre si riconosce al palato, per la trasformazione del glucosio in alcool. Questi tipi di mieli “prematuri” vengono spesso utilizzati nell’industria dolciaria”, conclude Pasquali.

Qui al Museo dell’Ape vengono spiegati nel dettaglio anche altri prodotti che ci regalano le api: la pappa reale e la propoli, la cera, il veleno e il polline.
Alessandro ci illustra brevemente di cosa si tratti: “la pappa reale è paragonabile al latte per le mucche o gli esseri umani: è il nutrimento destinato ai “piccoli d’ape”, ovvero le larve, inoltre è l’alimento esclusivo dell’ape regina. La pappa reale non viene conservata  dalle api, è per il pronto consumo, è estremamente deperibile ed è per questo motivo che una volta estratta ha necessità di essere posta al fresco e occorre mantenere la catena del freddo.

La propoli, invece, viene considerata erroneamente un prodotto dell’ape ma potremmo considerarlo un “trasformato”, proprio come il miele. Il laborioso insetto, infatti, raccoglie i piccoli frammenti di resine che si trovano nei germogli delle piante (queste resine hanno una funzione funghicida e antibiotica e sono una forma di protezione della pianta).
Una volta raccolta, questa resina viene portata all’interno dell’arnia e impastata con la cera per renderla più malleabile. Questo composto serve alle api per due applicazioni: per tenere pulito il favo e come “stucco” tappabuchi.

Laddove il nido presenti dei piccoli fori (facilmente individuabili anche dall’uomo ad occhio nudo, perché di dimensioni inferiori al corpo dell’ape), le piccole operaie vanno a saldare, a rattoppare con la propoli. La propoli viene estratta in due modi , il primo molto semplice che compie ogni apicoltore é la raschiatura di questi piccoli pori e fessure dove l’ape deposita la propoli. In questo caso si ottiene però un prodotto colmo di impurità, che di solito gli apicoltori utilizzano per l’autoconsumo. Se invece si desidera una propoli idonea ad esser commercializzata, allora si inseriscono delle reti a maglie strette nelle arnie in modo che l’ape, credendo che siamo buchi da tappare, depositi lì la sua propoli. All’operatore basterà estrarre la rete e procedere poi alla raschiatura”.

Al MMape si possono imparare molte cose sulla vita delle api, sul loro lavoro ma anche sui nemici di questo preziosissimo insetto.  Si parla molto spesso di strage di api e di rischio sopravvivenza ma dalle parole del nostro esperto si comprende esattamente le dimensioni di questo allarmante fenomeno:” Dagli anni ottanta si è diffuso dall’Asia  in Italia, così come in Europa, l’acaro Varroa Destructor. Questo acaro è un parassita che si nutre dalla emolinfa delle api (l’equivalente del nostro sangue) e soprattutto delle loro larve, indebolendole fino alla morte. Questo acaro, in realtà, è l’ospite naturale di un’altra specie di ape, l’Apis Cerana, specie asiatica che nella sua evoluzione ha sempre convissuto con l’acaro e ha sviluppato le adeguate difese.

“La nostrana Apis mellifera (europea, ma anche  normadericana) di tipo selvatico è ormai completamente estinta: nelle zone a clima temperato come la nostra non esiste più in natura, salvo le api allevate in apicoltura. Il primo compito dell’apicoltore, al giorno d’oggi, è proprio quello di apprendere i metodi per fronteggiare la Varroa, ad esempio con trattamenti a base di acaricidi biologici, oli essenziali e molecole di sintesi. Noi apicoltori di montagna abbiamo un vantaggio in più: date le temperature rigide l’ovideposizione, ovvero il periodo in cui l’ape regina depone le larve, si blocca per 3/4 mesi e pertanto il periodo di “grandi pasti e abbuffate” per la Varroa è ridotto e così anche i trattamenti da effettuare, al contrario degli allevamenti in zone più calde dove la regina continua la deposizione durante quasi tutto l’anno.”

Da inesperti domandiamo se il freddo può aiutare a sconfiggere l’acaro. Il direttore però ci disillude:” Il freddo avrebbe di sicuro un effetto deleterio per la Varroa però il nido, all’interno è termoregolato proprio dalle stesse api e la temperatura non scende mai sotto i 10 gradi”.

Preoccupati chiediamo quindi: ” quali sono i numeri dell’apicoltura in Italia? Come hanno risposto gli apicoltori a questa emergenza?”

“Attualmente assistiamo a una crescita importante del numero degli apicoltori. Se negli scorsi anni molti apicoltori hanno gettato la spugna, non sapendo fronteggiare il problema emergente della Varroa, negli ultimi anni sempre più giovani allevatori si affacciano a questo splendido mondo, possedendo già il bagaglio necessario per combattere l’acaro distruttore.”

Parliamo ora del Museo dell’Ape : “Che attività svolgete qui in Val di Sole, a Croviana?”

Il direttore: ” Il nostro Museo è aperto da Pasqua sino al Ponte di Ognissanti e il target dei visitatori è davvero eterogeneo: durante la primavera organizziamo diversi percorsi didattici per le scolaresche dalle scuole dell’infanzia fino alle scuole superiori. Più esperienziali le proposte per i piccini e molto più articolate e specifiche quelle per gli Istituti.
Durante l’Estate poi ospitiamo molte famiglie, turisti della Valle, e siamo aperti tutti i giorni. Dalla seconda settimana di settembre, invece, il Museo è aperto solo nei fine settimana ma siamo a disposizione anche nei giorni feriali nel caso di richieste di gruppi composti da più di 6 persone.”

Qual è il suo auspicio per il futuro dell’apicoltura?

” Il nostro Museo si focalizza sul mondo dell’ape quale emblema del mondo naturale, ma non c’è animale o insetto che apprezzi più dell’ape la biodiversità, e pertanto quest’ultima va tutelata in ogni sua forma o specie.” Condividendo le speranze del direttore Pasquali, lo ringraziamo per la disponibilità e  vi lasciamo i riferimenti per visitare il MMape.

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Mulino Museo dell’ape 
via al Molin 3 
38027 Croviana (TN) www.mmape.it

Elena Pravato

Se fossi un vino fermo sarei un Moscato giallo Castel Beseno. perché adoro i dolci (prepararli e mangiarli ) e resto fedele alla regola non scritta dei sommelier “dolce con dolce” . Inoltre è trentino come la terra che mi ha adottato. Se fossi uno spumante sceglierei un Oltrepò Pavese perché ricorda la mia Lombardia, dove sono nata e cresciuta. Se fossi un bicchiere sarei un bicchierino da shot o cicchetto, data la mia statura tutt’altro che imponente.

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