Lamole in Chianti Classico: una questione di purezza. Gli interpreti e le nuove annate

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A Lamole è un po’ come tornare alle origini, vincono i sassi. Gli eroici terrazzamenti strappati ai boschi sono i testimoni silenti di una atavica speranza, quella di poter convivere con una natura padrona che qui sembra ancora governare gli equilibri.

C’è qualcosa di arcaico, quassù, che passa alla larga dalla contemporaneità e dal belletto. Non solo il paesaggio, non solo le architetture rurali raggrumate attorno a un pugno di borgate, ma anche le persone. Lamole è un mondo a parte che smuove i pensieri, illudendoci che il retaggio di una antica cultura contadina sia potuto arrivare incorrotto fino a noi. Di quel respiro ti rimarranno addosso tracce indelebili, che non smacchierai con un semplice lavaggio.

Oggi parliamo dei vini e dei produttori di Lamole, un nucleo minuto e “resistente” di vignaioli e di piccole-grandi storie segnate dal rispetto, nel tentativo di plasmare vini autentici e territoriali. Semplicemente.

Nessun vitigno “foresto” e una agricoltura sostenibile a governare il 90% del parco vigneti. Ma non si tratta solo di artigiani, bensì anche di cantine dai numeri importanti che hanno trovato quassù, sulle alture di Lamole, gli stimoli giusti per progettare vini franchi, senza ammiccamenti o inopportune velleità. C’è un incontro virtuoso fra ingenuità e consapevolezza, ecco che c’è. Antiche famiglie del posto che hanno ritrovato la voglia di produrre un vino alla maniera dei loro avi, cantine più strutturate che hanno sepolto l’ascia di guerra del meticciato e dell’interventismo di maniera per piegarsi consensualmente alle ragioni del territorio.

E’ vero, a Lamole il vino si snuda, così come la terra, che si concede acrobatiche geometrie sorretta da una infinità di muretti a secco, srotolandosi su di una enorme terrazza a picco sul fiume Greve ad altitudini importanti, protetta a Nord Est dal Monte San Michele, a Sud Ovest dal Poggio delle Stinche. Un micro ambiente caratterizzato da suoli di arenaria e da decise escursioni termiche, una enclave appartata ma al centro del mondo.

Lamole è una culla privilegiata di vini d’altura. I profumi sono corolla di fiore, le trame sospensioni, i colori una questione di trasparenze. A vincere la rarefazione e una vibrante freschezza acida; non il peso, non il volume. Sono queste le doti che li fanno assomigliare di più agli archetipi chiantigiani di alcuni decenni fa, con la differenza che la scarnificata silhouette di un tempo spesso portava con sé rugosità, squilibri e sensazioni vegetali, oggi non più.

Sulla scia di un clima che cambia Lamole ha preservato la scintilla giusta in grado di illuminare a giorno l’espressività dei propri vini. Perché sono riconoscibili, identitari, checchennedica il tasso di complessità. Il solo fatto di sapere di se stessi li proclama portavoce sinceri della loro terra, e non c’è niente di meglio dell’autenticità per parlarci ancora di lei e farcela bramare.

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FATTORIA DI LAMOLE di PAOLO SOCCI

Fra i vignaioli carismatici di Lamole, discendente da una delle famiglie più radicate dei luoghi, Paolo Socci ha attitudini e vocazione da storico e filologo. Nel puntiglioso lavoro di ricostruzione storica riguardante Lamole e la sua plurisecolare tradizione vitivinicola, nella enorme opera di risistemazione degli antichi terrazzamenti portata avanti negli anni, rintracciamo oggi la testimonianza più eloquente di un affetto infinito.

Nei vini, di schietta matrice artigianale, vi cogli invece tutte le vibrazioni di quella terra, soprattutto la sincerità e la purezza. Si va dal recupero dei cloni figli dell’antico genoma di Lamole prefillossera alla sperimentazione a base di uve a bacca bianca coltivate a 700 metri di altitudine (e da tempi non sospetti, con vigne piantate nel ’91). Oggi il parco vigneti è di tre ettari e mezzo, con un potenziale di sette. Due i brand, anche se la parola brand dalle parti di Lamole potrebbe suonare fuori luogo: Le Stinche e Castello di Lamole.

Sono vini proporzionati, freschi, sfumati, e maturano a lungo in bottiglia prima della commercializzazione. Rispetto alle prime versioni, a volte umorali, le ultime sembrano aver recuperato nitore e controllo formale. Insomma, una migliore messa a fuoco. A Le Viti di Livio 2013 poi, sangiovese in purezza da viti franche di piede, appartiene una insondabile bellezza, e quella proprio non la scordi più.

Le Stinche Bianco 2018 (chardonnay e sauvignon)

Niente di convenzionale qui, a cominciare dai profumi, che regalano ariosità più che puntiglio varietale. Frutta bianca, naturalezza, lindore, cremosità, acidità integrata, e quel gusto saporito che riesce a fare a meno dei lieviti selezionati guadagnandone in schiettezza.

Chianti Classico Castello di Lamole 2014

Nonostante l’annata dialettica, prevalgono il rispetto delle proporzioni e la misura. Profilo affusolato (ma senza magrezze) e una decisa trazione acida a caratterizzare le trame. Su tutto, governa una franchezza consolatrice.

Le Viti di Livio 2013

Dinamico, reattivo, tutto in sottigliezza, dietro un paesaggio aromatico meravigliosamente crepuscolare si cela una preziosa filigrana minerale. E’ vino ricamato a macramé.

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JURIJ FIORE E FIGLIA

E’ su un patrimonio di due ettari diviso in tre appezzamenti distinti che si fonda il recente progetto lamolese di Jurij Fiore, già stimato produttore in quel di Poggio Scalette, nella sottozona chiantigiana di Ruffoli.

Il contesto, le dimensioni di impresa e lo spirito-guida sposano appieno l’attitudine “borgognotta” del personaggio, che ha affrontato la “trasferta” di Lamole con grande rispetto verso il prestigioso pregresso di questa enclave, al punto da non esitare a far rientrare i vini sotto il cappello della Docg, istituzione alla quale non è mai stato troppo affezionato.

Micro-produzioni, politica dei prezzi che non scherza e una perizia tecnica ormai proverbiale vanno caratterizzando etichette in deciso crescendo caratteriale. E se il nuovo PorcacciaMiseria accarezza e sfiora il candore e la purezza, PuntodiVista sciorina un tasso di eleganza così raffinato da apparentarsi ad un Nebbiolo di sponda Barbaresco, pensa te!

Chianti Classico PorcacciaMiseria 2017 (vigne promiscue di 70 anni a Le Masse, 635 metri slm, affinamento in barrique)

Elegante, sinuoso, sfaccettato, si muove bene senza interferenze. Bella delicatezza e flessuosità nonostante l’annata. Con l’aria se ne esce la nota dolce del rovere.

Chianti Classico Puntodivista 2017 ( vigne di 50 anni promiscue, affinamento in barrique)

A fronte di una materia e di una densità più evidenti rispetto a PorcacciaMiseria pari annata, ecco che lo sciorinare dei dettagli, la signorile compostezza, la disinvoltura e la dinamica gustativa disegnano una prestazione a tutto tondo, di pregevole compiutezza e altrettanta luminosità.

Chianti Classico Nonloso 2015 (vigne di 12 anni, sole uve sangiovese, affinamento in barrique)

Prima annata prodotta, possiede materia e dolcezza di frutto, anche se non emerge un carattere ben definito, non ancora perlomeno. Solo il brillio sapido di quel finale ci annuncia di già un probabile protagonista del prossimo futuro.

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PODERE CASTELLINUZZA (Paolo e Serena Coccia)

Tre ettari e mezzo, ceppi di oltre cinquant’anni, alcuni alberelli ultracentenari, esposizioni a nord ovest, bosco e vento: questa è la composita dote da cui Paolo Coccia e la figlia Serena sono soliti trarre vini ricamati tutti giocati in sottrazione, dove l’essenzialità del tratto sposa la sinuosità e la snellezza sotto l’egida di una manifattura artigianale.

E’ il vino nudo per antonomasia, invariabilmente affinato in cemento, nelle versioni migliori in grado di scoperchiare emozioni sopite. Fra le novità da segnalare, proviene da singolo appezzamento il nuovo Riserva, mentre dal 2018 si sta procedendo con vinificazioni differenziate per parcella.

Chianti Classico 2016 (sangiovese con saldo di canaiolo; cemento)

Salato, sottile, dinamico e snello, apparentemente disadorno ma di una ricchezza tutta interiore, possiede la granulosa tattilità portata in dote dall’affinamento in cemento, e una schiettezza senza pari.

Chianti Classico Riserva 2015 (dalla vigna dei Marroni)

Bella materia qui, per un tratto di adeguata densità e ottima scorrevolezza. Chiusura sapida, di razza.

Chianti Classico 2014 (sangiovese con saldo di canaiolo, selezione delle migliori uve di quell’annata “dialettica”)

Come un pinonuar, piccolo incantesimo apparentemente fragile in grado di commuovere. Delicato, intimo, struggente.

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CASTELLI DEL GREVEPESA

Forse non è un caso se il simbolo della cantina sociale dei Castelli dei Grevepesa (12o conferitori e alcune vigne in territori di particolare pregio, come Panzano e, appunto, Lamole) sia l’iris, o giaggiolo, per dirla alla grevigiana. Con una icona del genere appare persin logico l’approdo a Lamole per la produzione di un Chianti Classico Gran Selezione ricavato da vecchie vigne coltivate prevalentemente ad alberello e disposte su terrazzamenti di muretti a secco a 500-550 metri slm.

Poco più di 8000 bottiglie per un vino tecnicamente irreprensibile che desidereremmo magari più disinvolto nei suoi “movimenti”, oggi maggiormente inclini ad una placida dimensione morbida e fruttata che non a una sferzante reattività.

Chianti Classico Gran Selezione Lamole 2013

Decisamente fruttato, rilascia una sensazione di pienezza e un sopravanzo di frutto. Morbido, setoso, avvolgente, non possiede il dettaglio atteso ma una confortevole dolcezza di fondo.

Chianti Classico Gran Selezione Lamole 2011

A fronte di una annata impervia e molto calda emerge la dote dell’equilibrio. Ad un frutto un po’ caramelloso e dolce, lascito legittimo di quell’andamento stagionale, risponde un gusto sorprendentemente fresco e reattivo, ciò che ne raddrizza le sorti.

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CASTELLINUZZA E PIUCA (Giuliano e Simone Coccia)

Con tre ettari scarsi in zona Casole, Giuliano Coccia, fratello di Paolo (vedi Podere Castellinuzza), e il figlio Simone sono gli artefici di vini “scarnificati”, schietti, gastronomici, candidamente old fashioned e dalla beva inarginabile.  Sangiovese e canaiolo i vitigni in gioco, cemento e acciaio i materiali per l’affinamento. Ma c’è una novità, la discesa in campo del Chianti Classico Gran Selezione, le cui uve sangiovese vengono ricavate dalla vigna più alta (600 metri). Per questa piccola tiratura la cantina dei Coccia ha ospitato la sua prima botte in legno, mentre il vino mostra di già un superiore tasso di complessità rispetto al mainstream.

Chianti Classico 2017

Il fiore di Lamole nella sua evidenza: succoso, estroverso, dispiegato. Nelle pieghe morbide della trama invece tutta la naturale dolcezza del frutto, il calore temperato retaggio di una annata generosa, la golosa succosità di vino affettuoso.

Chianti Classico Gran Selezione Vigna Piuca 2016

Superiore densità qui, per una trama serrata e importante dove succosità, tensione e progressione risentono positivamente di una annata coi fiocchi.

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LE MASSE DI LAMOLE (Anna Maria Socci e Giuliano Macinai)

Ex produttori di giaggioli, attività che ne ha consentito la permanenza a Lamole in tempi in cui il paese andava spopolandosi, Anna Maria Socci e Giuliano Macinai si sono ricavati il loro spazio di visibilità all’interno della proposta enoica lamolese coltivando quattro ettari di vigneto in una delle zone più elevate del comprensorio. I loro Chianti Classico sono vini gioiosi, pimpanti, freschi e fruttati per i quali non si è fatto mai mistero della pratica del governo all’uso toscano. La manifattura artigianale garantisce spontaneità, e se la complessità non sta di casa qui non importa, la sincerità gira a mille.

Chianti Classico 2017

Bella espressività fruttata/floreale in puro stile Lamole; tratto rigoglioso, succoso, poco profondo ma schiettamente verace.

Chianti Classico Riserva 2015 (solo sangiovese)

Buona materia, anche se espressività ed espansione restano parzialmente ovattate dal timbro del rovere dolce. Un po’ ingenuo, stilisticamente parlando, ma la franchezza non è in discussione.

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I FABBRI

Con una cura e una dedizione encomiabili, Susanna Grassi ha deciso di fare sul serio a partire dal 2000. Lo ha fatto recuperando dal degrado certi storici terrazzamenti secolari magnificamente esposti a sud sud ovest, reimpiantando vitigni radicati ed esplorando con dovizia di particolari le potenzialità delle arenarie di Lamole su cui poggiano oggi 9 ettari di vigna specializzata in località Casole, ad altitudini importanti.

La produzione, articolata su una serie di etichette stilisticamente ben connotate, offre una chiara “timbrica territoriale” fatta di colori tenui, corpi snelli e delicate suggestioni floreali, con una fragranza fruttata e una purezza nel tratto incontestabili.

Chianti Classico Lamole 2016 (altimetrie 680/580 metri, viti piantate a sangiovese nel 1994, 2006, 2014; solo cemento)

Delizioso, rarefatto, dal gusto scioglievole e sottile. Se ne escono la ciliegia, il lampone, la melagrana, le spezie fini. Il respiro si fa arioso, la trama aerea, “sollevata”.

Chianti Classico Riserva I Fabbri 2015

Bella eleganza per un vino succoso, minerale, fresco, profilato, solo ancora leggermente contratto nel finale, ma è lascito legittimo del millesimo.

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LAMOLE DI LAMOLE

Buona parte del vigneto di Lamole (40 ettari) appartiene a questa cantina, fiore all’occhiello del gruppo Santa Margherita in terra chiantigiana. La cosa bella di tutta questa storia è che in barba ai numeri e alle economie di scala da diversi anni qui si sta valorizzando il territorio attraverso vini assolutamente fedeli alla ortodossia stilistica chiantigiana, disegnati con cura dall’enologo Andrea Daldin e in grado di sfoggiare quel virtuoso melange di frutto e fiore, quella freschezza e quella eleganza che sono poi i tratti distintivi che ne sanciscono un’appartenenza. Questo per dire, ad esempio, che non è così inusuale ritrovare il Chianti Classico Riserva ai vertici dell’intera tipologia.

Chianti Classico 2016 (sangiovese e canaiolo, affinamento in legno grande)

Suadenza fruttata, florealità lamolese (iris), nessun orpello, pura piacevolezza. Quando la forma sposa la sostanza.

Chianti Classico Riserva 2015 (sangiovese e canaiolo da viti di età media 55 anni, principalmente dalla vigna Il Prato, 520 metri slm, e da Campolungo)

Seducente, espressivo, calibrato, piacevole, regge bene le intemperanze caloriche dall’annata senza asciugarsi né contrarsi.

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CASTELLINUZZA PROPRIETA’ CINUZZI

Castellinuzza-Cinuzzi è forse la più piccola fra le aziende vinicole del comprensorio; appena due gli ettari di vigna da cui si ricavano Chianti Classico dal rigoroso imprinting tradizionale a base di uve sangiovese e canaiolo. Nella austera, ma fine, impalcatura tannica rintracciamo forse il segno più tangibile di una vena galestrosa presente nei terreni di proprietà.

Chianti Classico 2015

Bella fibra, austero, dritto, tonico, buon alito di freschezza, compassato, senza moine, molto equilibrato dal punto di vista alcolico. Si lascia ben bere.

Chianti Classico Riserva 2015

Qui c’è un po’ più di legno che da un lato lo fa apparire largo e concessivo, dall’altro gli dona un coté più dolce e vanigliato. Piacevole, certamente, ma il “base” conserva maggiori tensione e droiture, anche in prospettiva.

Chianti Classico Riserva 2014

Nel segno della sobrietà. Sottobosco e spezie, incedere senza flessioni ma anche senza evidenze caratteriali che portino alla distinzione. Serioso, ecco, serioso.

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FILETTA DI LAMOLE

Da un progetto condiviso fra un giovane vignaiolo di Lamole, Lorenzo Pisana Socci, che ha deciso di restare per mantenere in vita il vigneto della vecchia azienda familiare, e la celebre firma Fontodi di Giovanni Manetti (nella foto), che dei vini tratta l’affinamento e la commercializzazione, Filetta di Lamole presenta per adesso una sola etichetta in gioco, che sebbene possa contare su poche vendemmie alle spalle possiede di già una nomea conquistatrice.

Il Chianti Classico Filetta di Lamole 2016 è pura florealità: piena, carnosa, sensuale. E poi c’è un tannino puntiforme che fa tanto arenaria e risolve le trame in scioltezza su classici sentori di pietra focaia. Che buono!

Il Chianti Classico Filetta di Lamole 2014, prima annata prodotta, è leggiadro, snello e “pinotteggiante”, respira freschezza e te la dà, danzando sulle punte.

Lamole ha trovato un nuovo protagonista.

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FERNANDO PARDINI

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