Chianti Classico DOCG Riserva 2004 – Villa di Geggiano

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Sotto-zona/cru: Pianella – Castelnuovo Berardenga (SI)

Data assaggi: Settembre 2007

Il commento:

Il rubino qui non ammette forzature, è saldo ma si lascia ben ammirare anche nelle sue trasparenze, senza che per questo il vino nulla perda nella qualità del tratto aromatico. Perché il naso sulle prime è introspettivo, di un rigore quasi austero, con un suo lato affumicato e speziato ad intrigare, ma assai presto vien soccorso dalla genuina volontà di comunicare, e la timbrica via via si fa più colloquiale e diffusa: sono ciliegia, gelatina di fragole, violetta e un soffio mineral-piritico ad inspessire il quadro, mentre l’anima “sangiovesa” la respiri tutta. Ad un giorno dall’apertura, tanto per dire, quel naso si farà elegiaco e raffinato, teso e terso, dolcemente terroso, e la flemmatica ritrosia della prim’ora si sarà trasformata in un componimento lirico e aggraziato. E’ il buon viatico per una evoluzione che intuisci felice.

La bocca nel frattempo non te la manda a dire la sua appartenenza: irresistibile, melodiosa, slanciata, di una freschezza e di una progressione incalzanti, gioca le sue carte sulla sfumatura e sulla raffinatezza del tratto; la trama è ben tessuta e l’intrico tannico, di decisa marca sapida, fa tanto Berardenga. E’ vino questo di squillante spirito chiantigiano, ecco cos’è: accordato, tenero e ispirato, sposa rigore a naturalezza espressiva, evocando rispettoso la sua terra, intimità comprese.

Sugli scaffali d’Italia – finalmente – c’è un Chianti che sa di Chianti a 22 euro o giù di lì.

La chiosa:

Che bello, una volta tanto, non conoscere niente di niente -né volti né modi né gesti- e scoprirsi sorpresi con la fatale ingenuità di un ragazzino! Per una volta, tu e il tuo bicchiere di vino sconosciuto di fronte. Nient’altro. Non il fardello della consapevolezza, non la prosopopea professorale del degustatore fin troppo accorto e illuminato. Quasi un ritorno alle origini, con in più la fortuna di un incontro inatteso.

Il nome Villa di Geggiano d’altronde, aldilà del set chiantigiano utilizzato da Bernardo Bertolucci per un suo celeberrimo film, non mi aveva mai suscitato nessun legame con il vino, fino a quando – un annetto fa – due misconosciuti Chianti Classico (2000 e 2003) non mi offrirono un barlume e un segno. Mi imbatto oggi in questa fantastica Riserva, ed è l’ennesimo segno. Non posso tacerne il passaggio. Perché qui, senza proclami né ostentazioni, un territorio per troppo tempo mortificato da derive stilistiche stranianti ed identità farlocche, pare aver ritrovato d’incanto una ragion d’essere e una strada. E’ vero, nulla so di volti, modi e gesti, però ora conosco la destinazione del prossimo viaggio, ed il “mio” Chianti forse ha una voce in più per raccontarsi.

FERNANDO PARDINI

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