Recensione/”La pizza per autodidatti”, di Cristiano Cavina. Impastare farina, impastare storie

0
11302

La prima che provai a infornare era quella che nel nostro menù si chiama tricolore: una base appena scottata nel forno con un po’ d’olio, e poi condita con pomodoro fresco, mozzarella e basilico. È una pizza molto semplice, basta soffiarci sotto per farla volare via. La caricai sulla pala con un colpo solo e mi stupii che non opponesse alcuna resistenza. Era davvero leggera come un’ostia. Dopo tre settimane che lavoravo in pizzeria mi venne un sorriso. Era da un po’ che non mi capitava. Avevo perso il sorriso il primo giorno di lavoro. Mi sentii all’improvviso il re del mondo, e provai quella specie di brivido di piacere che senti quando per la prima volta riesci a fare con naturalezza qualcosa che non ti aspettavi di saper fare.

 

Cavinapizza8_©Alessandro LanzoniLa cosa curiosa di uno scrittore come Cristiano Cavina è che… in realtà non è (solo) uno scrittore; prima di tutto è un pizzaiolo. Pizzaiolo e per di più romagnolo, di Casola Valsenio, in pieno appennino emiliano. Ce lo racconta nel suo ultimo libro, uscito da pochi mesi, intitolato La pizza per autodidatti.

Il bello della scrittura di Cavina è la sua capacità di raccontare, di far vivere nelle parole le persone, il colore, le storie di paese con un tocco leggero, a tratti magico, spesso comico – ma certo, magicomico lo potremmo definire! – le piccole avventure che potrebbe aver vissuto chiunque, vestendole con parole lievi, positive, giovanili. Il suo libro più famoso, Alla grande!, si è fatto largo da solo negli scaffali delle librerie grazie a questa levità del raccontare le avventure di ragazzi di paese scritte con la leggerezza con cui le racconterebbe un ragazzo. Un bidone della spazzatura può diventare un sommergibile agli occhi dei ragazzi… Ed ecco che ne nascono storie a non finire.

Ma anche la pizza può trasformarsi in un’occasione per raccontare. Ed ecco che nel suo ultimo libro Cavina racconta del suo apprendistato di pizzaiolo (e di uomo), di come abbia iniziato a lavorare nella pizzeria dello zio (il locale si chiama Il Farro, a Casola Valsenio) e non abbia poi più smesso di sfornare pizze, anche quando ha iniziato a diventar famoso per i suoi libri.

Come se il fuoco del forno lo avesse tenuto vivo, se il ritmo serrato ma preciso di condire-infornare-sfornare gli avesse lavorato dentro come un metronomo, dandogli un ritmo di vita, come se l’umanità degli avventori della pizzeria di paese gli avesse fornito materiale per guarnire nuove storie. E sicuramente come se la farina, che si appiccica dappertutto sul corpo di un pizzaiolo, gli avesse consentito di restare con i piedi per terra anche quando il successo lo portava qua e là per premiazioni, vernissage e concorsi letterari.

ALa-pizza-per-autodidatti-cop_Layout-1 tal proposito è spassosissimo il brano in cui racconta di quando si presentò in mezzo ai finalisti del Premio Strega in jeans e maglietta dei Sex Pistols: il famoso linguista Tullio de Mauro rimase di stucco al vedere come era vestito, e la conduttrice Serena Dandini lo scambiò per un fonico: “Questa spia non funziona”. “Non sono il tecnico audio, sono Cavina. Però sono un perito elettrotecnico, deve essere saltato un fusibile, se ne avete uno te lo cambio…”.

E così il libro si dipana tra aneddoti e ricette, tra ingredienti e dritte per riuscire a fare la pizza in casa senza combinare troppi guai. Di sicuro le ricette sono interessanti e le proposte fantasiose, e dà sollievo il fatto che non sia l’ennesimo libro con la pretesa di insegnare tutto a tutti; nelle massime sulla pizza che l’autore mette all’inizio del libro, vale la pena citarne un paio:

Anche a fissarla molto intensamente, una pizza non cuoce più in fretta.
Se non la fisserete molto intensamente, si brucerà.
Non abbattetevi: nella vita non si smette mai di sbagliare.

Certo, La pizza per autodidatti è anche un libro di ricette, ma se lo ha scritto Cavina non può essere solo questo, e il suo bello è che dappertutto fra le pieghe della scrittura, anche nelle semplici liste degli ingredienti, spuntano fuori personaggi, aneddoti, scene di paese raffigurate con la grazia leggera di chi sa prendere la vita con la giusta dose di ironia.
Pizza e vita, pizza e persone: la ventiquattro stagioni di Dino, la rontatouille di Rontini Mauro, la Pina, la margherita don Pio, il kebab tarocco alla casolana… dietro alle pizze ci sono le persone che le ordinano e le loro piccole storie.

Abbiamo parlato fin qui di leggerezza, ma vale la pena riportare alcuni passi delle pagine finali del libro, più pensose. Perché la farina, e i capricci del lievito, e gli orari e i sacrifici che comportano il mestiere di pizzaiolo, aiutano a restare coi piedi per terra, e a dare uno sguardo concreto anche ai tempi che stiamo vivendo oggi.

 “Io non credo che l’Italia sia in crisi. Sarò nato nel posto sbagliato, ma la mia idea di crisi è qualcosa che ha a che fare con bombardieri che radono al suolo il tuo paese e reggimenti di ss in ritirata che fanno saltare i ponti e razziano ogni cosa. La mia idea di crisi sono intere famiglie sfollate nei fienili al freddo e mamme che cuociono i topi per sfamare i propri figli. […]. Questo per me vuol dire essere in crisi. E l’Italia non è a questo punto. Non più, fortunatamente.
L’Italia ha semplicemente scelto di morire grassa. Non c’è crisi se la maggior parte dei figli ha telefoni da seicento euro. […] E non c’è crisi se per anni cerchi un sostituto pizzaiolo tra i giovani senza lavoro e non trovi nessuno, perché si sentono offesi se gli chiedi di lavorare il sabato e la domenica. […] Ecco, l’Italia ha scelto di morire grassa, mentre è impegnata nell’aperitivo.”

E infatti. Meglio rimboccarsi le maniche, metter da parte le lamentele e iniziare a impastare, sporcarsi le mani di farina, e di contatti umani, e di storie da raccontare.
Perché come dice Cavina, “fare la pizza è come amare qualcuno. E amare qualcuno è come fare la pizza. Ci vogliono impegno e costante attenzione. Ma senza perdere la gioia.”

 

Cristiano Cavina,
La pizza per autodidatti
Marcos Y Marcos 2014
192 pagine 12 euro

http://www.marcosymarcos.com
http://www.ibs.it

Per la foto di Cristiano Cavina: ©Alessandro Lanzoni (si ringrazia l’Ufficio Stampa di Marcos Y Marcos)

 

Paolo Rossi

Paolo Rossi (p.rossi@acquabuona.it), versiliese, laureato in lettere, lavora a Milano nel campo editoriale. Nel vino e nel cibo ricerca il lato emozionale, libertario, creativo. Insegue costantemente la bottiglia perfetta, ben contento che la sua ricerca non sarà mai appagata.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here