Certezze bolgheresi

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Per dire che fra le pulsioni (più o meno veicolate) dell’immaginario collettivo portate alla idolatria e all’ammirazione preconcetta di tutto ciò che è Bolgheri, fossero anche stringhe per le scarpe, e le istanze in apparenza più motivate e approfondite di una certa fetta della critica enologica (nostrana) e di una nutrita schiera di appassionati più scafati e smaliziati vòlte a derubricare la Bolgheri del vino nella categoria del “tanto fumo niente arrosto”, forse forse una via di mezzo c’è.

Grattamacco 2005 ad esempio ha conservato un’energia vibratile nient’affatto sopita. E per esprimerla non si è affidato alla prestanza fisica: qui il sorso è affilato, quasi verticale. Da lì ti arrivano però un profluvio di sentori di macchia mediterranea e una salinità salmastra muy caratterizzanti.

L’acidità poi -portante e mai disunita- ringalluzzisce la beva, e tutto questo nonostante il paesaggio aromatico contempli di già qualche tratto crepuscolare, che non ti farebbe supporre una tale confidenza, come in realtà c’è, con il concetto di dinamicità. Eppure, il giorno dopo la stappatura ancora spinge e rifulge.

Sassicaia 2005 si muove invece su un piano di maggiore compiutezza, quantomeno alle prime battute all’aria. Te ne accorgi dall’intensità, dal volume, dal grado di dettaglio, dalla sostanziale gioventù (ché non gli daresti assolutamente l’età che ha), dalla voluttà e dalla straordinaria sensazione tattile: vellutata, setosa, carezzevole, e da quel fiato silvestre profondamente balsamico e sensuale di cui non ti stanchi.

 

FERNANDO PARDINI

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