Ktchn Lab: storia di una start up che crea brand di cucina

0
12195

Il mondo della ristorazione è cambiato: è innegabile che un anno di emergenza ha comportato una piccola rivoluzione anche per le modalità di consumo dei pasti. Costretti a casa per gran parte del nostro tempo, siamo diventati dei maghi nell’ordinare le nostre cene con lo smartphone! Il settore del  food delivery ha registrato un importante incremento del proprio giro d’affari (secondo uno studio dell’Osservatorio Ecommerce B2c, il comparto ha raggiunto un valore di 706 milioni di euro e segna un +19% rispetto al 2019)  ma soprattutto ha portato molti clienti abituali dei ristoranti a ordinare la propria cena non solo tramite telefono ma anche tramite WhatsApp o attraverso le piattaforme digitali più diffuse come Deliveroo e Just Eat. In corrispondenza di questo periodo di serrate dei locali, hanno preso sempre più piede nuove forme di imprenditoria culinaria, ovvero le dark kitchen, le ghost kitchen e le cloud kitchen. In questo articolo parleremo delle Ghost Kitchen.

Ma di cosa si tratta in realtà? Abbiamo cercato di comprendere queste nuove forme di ristorazione con l’aiuto di Andrea Roberto Bifulco, che nel 2018, insieme all’amico e socio Nicola Ballarini, ha creato Ktchn Lab (cari lettori, non ci siamo dimenticati delle vocali, il marchio si scrive Ktchn Lab ma si legge Kitchen Lab), nome che non vedrete mai su un cartellone pubblicitario! La start up dei due giovani imprenditori parte con il primo laboratorio ghost kitchen a Milano nel marzo 2019. Vi diamo qualche numero per farvi comprendere l’impresa (nel vero senso della parola) che hanno compiuto questi ragazzi in due anni: oggi sono presenti a Torino e Bologna oltre che a Milano (con 3 laboratori); hanno 37 dipendenti; alla fine del 2019 avevano già servito oltre centomila clienti ma soprattutto, avvenimento più unico che raro, la start up milanese chiudeva il primo mese di attività già in positivo. Ora che vi abbiamo presentato il fenomeno Ktchn Lab vi spieghiamo esattamente in cosa consiste questo progetto.

Nei laboratori della ghost kitchen diversi addetti preparano moltissimi piatti, dal poke alle pietanze messicane, dai cavalli di battaglia della tradizione italiana come le lasagne fino alle salutari insalate. La parola ghost sta proprio ad indicare la peculiarità di queste cucine “multitasking”, ossia i piatti preparati non vengono serviti a un tavolo ma solo consegnati attraverso la rete di corrieri delle più celebri piattaforme digitali. Attenzione però, su  Deliveroo, Glovo, Just Eat e Uber Eats non troverete il ristorante Ktchn Lab ma una serie di brand che vendono le proprie specialità on line.  Sul sito di Ktchn Lab  si trova infatti la definizione “una fucina di brand” che ci sembra assai calzante per spiegare il meccanismo ghost kitchen brand.

Andrea Roberto Bifulco entra quindi nel cuore della questione: “Gli chef sono tutti nostri dipendenti e le cucine, spazi polivalenti e modulari, sono di nostra proprietà, non ospitiamo quindi microimprese di ristorazione, ma i nostri piatti fanno parte di diversi marchi, diversi brand presenti sulle piattaforme. Siamo noi stessi che creiamo i brand dall’immagine ai menù e questo ci permette di essere molto flessibili: fino a qualche mese fa non preparavano poke, ad esempio, ma visto l’interesse crescente verso questo piatto hawaiano abbiamo strutturato una nuova parte del laboratorio con nuove attrezzature, come la linea per tagliare il pesce crudo, abbiamo ricercato i fornitori, lanciato il nuovo brand sulle piattaforme e ora consegniamo centinaia di poke al giorno con le piattaforme di delivery. Se fra qualche mese il poke non dovesse più incontrare il favore del pubblico, non andiamo incontro a nessun problema, chiudiamo il marchio e ne studiamo uno nuovo con nuovi piatti, mentre i nostri chef conservano il loro posto di lavoro proprio perché nostri dipendenti non legati al brand specifico bensì a Ktchn Lab. Se un segmento “fallisce” o accusa delle perdite dirette, non andiamo incontro a una chiusura dell’attività con le problematiche che riguardano i licenziamenti di dipendenti, etc. Il pregio e il vantaggio di una ghost kitchen è  proprio questo: l’estrema flessibilità, versatilità e gestibilità che ci consente di garantire stabilità ai dipendenti.”

I brand presenti sulle piattaforme non riportano alcun riferimento a Ktchn Lab né sul sito di quest’ultima è presente un elenco di brand. Chiediamo quindi perché sia stata scelta la via dell’anonimato. Andrea Roberto Bifulco: ”In realtà si tratta di una domanda che ci siamo posti il giorno 1, visto che tante ghost kitchen si palesano e raccontano la storia della “famiglia di brand”. La nostra strategia prevede la possibilità di testare velocemente nuove tipologie di cibo, sbagliare e ripartire, in piena modalità Silicon Valley. Purtroppo l’idea di una cucina polivalente o di una Food Court non è ancora familiare agli italiani.”

In effetti di ghost kitchen ne sono nate molte nelle grandi città italiane, soprattutto durante il periodo di lockdown, dove la consegna a domicilio era diventata l’unica alternativa per molte attività del settore. Chiediamo  quindi allo startupper milanese se il periodo pandemico è coinciso con un boom degli affari anche per Ktchn Lab.

Andrea Roberto Bifulco: “In realtà per noi che stiamo costruendo un’azienda non è stato semplice lo scorso anno: per quanto ci dedichiamo maniacalmente alla qualità dei nostri pranzi, il nostro prodotto non è esclusivo e il Covid ha portato a un’esplosione della concorrenza. Inoltre abbiamo dovuto ripensare il modello in un’ottica di ‘abbondanza del personale’, dovevamo sempre avere pronte delle risorse che potessero sostituire il nostro staff in caso di quarantena o isolamento. Il delivery poi non è la gallina dalle uova d’oro, è ovvio che ci siano dei costi in meno legati alla location o alla mancata preparazione della sala, però ricordiamoci che esiste il packaging che incide sul 5-6% del costo e il 100% del nostro fatturato viene transato da una piattaforma terza che trattiene fee molto alte (circa il 35%). Noi durante questi primi due anni siamo stati bravi a fare le formichine, risparmiando e tarando gli investimenti senza andare in sofferenza. Non abbiamo mai raccolto capitale, abbiamo assunto tanti talenti e continuiamo a crescere in maniera organica: a breve apriremo a Roma, poi sarà la volta di Firenze e Napoli. Il nostro obiettivo? Le principali città europee partendo dalla Spagna.”

Ktchn Lab ha inoltre studiato accuratamente il packaging dei propri pranzi o cene: “Abbiamo dedicato particolare attenzione ai contenitori proprio per garantire che tutte le pietanze arrivino calde e indenni anche in caso di rovesciamenti accidentali dovuti a consegne maldestre.” conclude Andrea Roberto Bifulco.

Informazioni su www.ktchnlab.com

Elena Pravato

Se fossi un vino fermo sarei un Moscato giallo Castel Beseno. perché adoro i dolci (prepararli e mangiarli ) e resto fedele alla regola non scritta dei sommelier “dolce con dolce” . Inoltre è trentino come la terra che mi ha adottato. Se fossi uno spumante sceglierei un Oltrepò Pavese perché ricorda la mia Lombardia, dove sono nata e cresciuta. Se fossi un bicchiere sarei un bicchierino da shot o cicchetto, data la mia statura tutt’altro che imponente.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here